GIORNI RIBELLI

GIORNI RIBELLI

Giorni Ribelli è l’ultimo libro di Andrea Calugi che ringrazio sentitamente insieme a Manuale di Mari

Andrea Calugi è toscano e dalla sua biografia in breve mi piace citare questa frase: è ancora in cerca del suo futuro, tra un libro da leggere, una pagina da scrivere, una canzone da ascoltare e un bicchiere di buon vino da bere.

È dunque facile empatizzare, e mentre Andrea cerca il suo futuro, ci propone una visione del futuro nel suo libro.

Un futuro senza tempo, un futuro che non possiamo calcolare, un futuro lontano e allo stesso tempo vicino: per tutto il tempo ho avuto la percezione di una sorta di dualismo.

Leggevo di un futuro e pensavo a un passato chiara rappresentazione di come tutto cambia ma di come in realtà tutto rimane immutato.

I giorni scorrono e la storia si ripete.

Una storia dalla quale non impariamo, o non vogliamo imparare.

Una storia di guerre, come quella che caratterizza i Giorni Ribelli che invitano alla riflessione, che spronano alla ricerca della Libertà prima che si estingua.

Ho amato un passaggio del libro nel quale Andrea paragona la terra ad un corpo umano che sanguina per le ferite delle bombe e “librava polvere che lentamente, come lacrime, ricadeva a terra inondando tutto e tutti del proprio pianto.”

Vorrei che tutti avessero la sensibilità per vedere la terra che sanguina, per sentire il dolore della terra, che è dolore per tutti.

E mi ha colpita il pensiero di uno dei personaggi secondo il quale “la vera paura era che con sé morissero anche tutti quegli stupendi ricordi che invece sarebbe stato giusto gli sopravvivessero.”

Constantine viene considerato matto per il suo modo di pensare, qual è per te la vera paura

Ti senti ribelle?

Chi o cosa contrasterebbero i tuoi giorni ribelli?

TOMISLAV TAKAČ

TOMISLAV TAKAČ

Tomislav Takač è uno scrittore che ammiro soprattutto per come dimostra di credere al proprio sogno.

Di sé stesso racconta: mi chiamo Tomislav Takač e sono un operaio di 32 anni e uno scrittore principiante a Subotica. Ho iniziato a scrivere 4 anni fa e da allora scrivo racconti e ho scritto e pubblicato il romanzo Strigorovu Šuma.

Da tempo mi aggiorna sui suoi progressi e all’inizio abbiamo cercato di superare gli ostacoli linguistici perché nonostante il grande aiuto dei traduttori non è sempre semplice e lineare comprendere un testo scritto senza perderne la peculiarità.

Tomislav ha però inizato a tradurre e a scrivere anche in inglese e ho quindi avuto modo di comprendere veramente la natura del suo libro Strigorov’s Forest

Inizialmente nato come Strigorova Šuma, il libro è poi stato tradotto e Tomislav ha anche prodotto una sorta di trailer animato.

Conoscendomi, avrai capito che ho molto apprezzato immediatamente, dalle prime note della “colonna sonora” … hai riconosciuto anche tu, vero?

Rock a parte, mi sono affezionata subito al personaggio di Erena, potrei dire che lei mi ha fatta entrare nel mondo di Tomislav: un mondo Fantasy composto da figure fantastiche ma attraversato da protagonisti del tutto realisticamente d’azione.

The secret of the silver door è il primo racconto che Tomislav mi ha segnalato.

Qui invece puoi trovare il primo capitolo di Yelena, First Blood.

Degli altri racconti mi è piaciuto in particolare Jack che ho trovato anche commovente.

Non solo Fantasy dunque, non solo Azione, non solo Fantascienza, ma la somma di molte sfaccettature diverse che si fondono trasportando il lettore in un percorso incredibile.

E Tomislav ha concretizzato questo percorso in ogni modo possibile, lavorando anche con un artista per trasformare la sua storia anche in fumetto.

Senza contare che il caffè viene citato spesso.

Riguardo ai caffè, Tomislav mi ha inviato dei video che mostrano Sarajevo.

Lo ringrazio perché mi ha fatto molto piacere: finora la mia conoscenza di Sarajevo era limitata alla lettura di Venuto al mondo di Margaret Mazzantini, per la quale ringrazio sia Monica che Elisa

Tu conosci meglio di me?

Tomislav è stato così gentile da inviarmi questo video che mostra un interessante percorso del caffè a Sarajevo e ci descrive il Bosnian coffee e la loro Java

Mi sono appassionata a questa tradizione del “fortune-telling,” sai bene che avevamo già ricordato la lettura dei fondi del caffè, ma in questo caso la storia che ci viene raccontata e la stella sul fondo della tazzina sono davvero incantevoli.

Ho trovato fantastica anche la coincidenza per la quale la particolare strada mostrata nel video di questo caffè bosniaco fosse una strada dedicata alla produzione di scarpe

Questa invece è una piccola panoramica di Subotica, in Serbia, città natale di Tomislav.

COME SONO ECCITANTI GLI UOMINI CHE CI SPEZZANO IL CUORE

COME SONO ECCITANTI GLI UOMINI CHE CI SPEZZANO IL CUORE

Come sono eccitanti gli uomini che ci spezzano il cuore è il libro scritto da Dianella Bardelli che ringrazio molto.

Inizialmente il contatto che ho avuto con Dianella è stato di tipo vocale: ho ascoltato la sua voce che mi ha colpita ancor prima di scoprire l’aspetto fondamentale del libro, e ancor prima che io potessi rendermi conto di ciò che avrei scoperto leggendo, ovvero quella che io ho ritengo sia una caratteristica in comune tra Dianella e Lenore.

Lenore Kandel.

Dianella Bardelli nel suo libro edito da Compagnia Editoriale Aliberti racconta questo personaggio, con uno stile del tutto personale, immersivo quanto biografico.

Lenore Kandel è una poetessa appartenente alla cultura Hippie. In realtà spesso il movimento Hippy viene definito “controcultura” ma a me non piace pensare in questi termini.

Lenore in particolare si è distinta per l’intensità con la quale ha vissuto e diffuso l’essenza stessa della sua passione.

Passione che trova la sua più emblematica rappresentazione nel libro The love book: un testo ritenuto osceno, sequestrato e bandito a tal punto da portare a processo tre commessi con l’accusa di diffusione tramite le loro librerie.

San Francisco, 1967.

Un anno iniziato con lo Human Be-In al Golden Gate Park preludio all’estate ricordata da tutti come la Summer of love.

Un’epoca che finora non avevo mai approfondito pienamente ma che Lenore e Dianella mi hanno mostrato in tutta la sua filosofia.

Lenore e Dianella, due donne, lontane nello spazio, nel tempo, nei colori, ma vicine nella scrittura come espressione della loro intensa passione.

Il viso di Dianella è incorniciato da capelli color oro.

Il viso di Lenore è sottolineato dalle famose trecce di colore nero.

Dianella scrive romanzi e poesie e oltre a Come sono eccitanti gli uomini che ci spezzano il cuore ha pubblicato Vicini ma lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il bardo psichedelico di Neal, Verso Katmandu alla ricerca della felicità, Vado a caccia di sguardi, 1968.

Lenore, al di là del già citato The love book ci ha lasciato, tra le altre opere, Word Alchemy … un titolo che io trovo poetico già di per sé stesso.

Il destino di Dianella la ha portata a scoprire per caso Lenore e ad essere l’unica donna a raccontarci di lei in Italia.

Il destino di Lenore la ha portata ad essere sul palco dello Human Be-In il 14 gennaio 1967, unica donna a parlare, nel giorno del suo trentacinquesimo compleanno.
Puoi vederla dopo gli auguri qui dal minuto 11.30.

Dianella scrive su tre blog:

Poesia spontanea 

Un blog di scrittura 

Un blog di haiku 

oltre alle innumerevoli collaborazioni sul web.

Lenore ci ha lasciato questa conversazione con Carlos Fresneda, nella quale cita anche Lawrence Ferlinghetti mentre scorrono le foto di Isaac Hernandez.

In sostanza, Come sono eccitanti gli uomini che ci spezzano il cuore a me ha parlato di Donne, e, nella mia chiave di lettura personale, io mi sono ritrovata a pensare a come ci spezza la vita.

Senza aggiungere altro ti lascio questa frase dal libro:
Quello che non è sufficientemente illuminato dalla luce della saggezza non riesce a passare dall’idealizzazione alla realizzazione concreta.

MADRIGALE SENZA SUONO

MADRIGALE SENZA SUONO

Madrigale senza suono è il libro che Monica mi ha consigliato per affrontare un periodo storico che in effetti non è nelle mie corde.

Edito da Bollati Boringhieri, Madrigale senza suono ha vinto il Premio Campiello 2019.

L’autore: Andrea Tarabbia ha un blog WordPress del quale mi ha colpita l’immagine della testata: una fotografia dell’ingresso dell’appartamento n. 50 sulla via Sadovaja, a Mosca, scattata nell’anno 2000.

In realtà, data la costruzione particolare dovrei parlare di autori perché se il Madrigale è senza suono, il libro invece ha più voci.

Tre diverse visioni portano il lettore a guardare l’anima di Carlo Gesualdo, noto come Gesualdo da Venosa, famoso per essere un eccelso madrigalista, ma anche un cruento uxoricida.

Igor Stravinskij, Glenn Watkins e Gioachino Ardytti.

Igor Stravinskij non necessita certo di presentazione.

Glenn Watkins viene definito come il massimo conoscitore di Gesualdo da Venosa.

Infine definirei Gioachino Ardytti come l’incarnazione delle leggende che accompagnano la vita di Carlo Gesualdo.

Lo scambio tra Watkins e Stravinskji è epistolare è tu sai bene quanto io ami le lettere

Ed è il preludio a ciò che accadrà a Venezia nel 1960: Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD annum.

 

A Gioachino invece Andrea Tarabbia attribuisce un manoscritto che narra la vita di Carlo Gesualdo fin nei dettagli oscuri del male riportati in maniera tanto spietata quanto funzionale a dipingere il personaggio forse con lo stesso criterio di pentimento che ha inteso lui estrinsecandolo nella famosa Pala del Perdono.

Anche Franco Battiato ha dedicato una canzone che invita a riflettere sulla morale e sulle azioni degli uomini.

I madrigali di Gesualdo, principe di Venosa
Musicista assassino della sposa
Cosa importa?
Scocca la sua nota
Dolce come rosa

Parole fortissime in effetti.

La sposa di Carlo Gesualdo: Maria D’Avalos, fu trucidata a Palazzo San Severo, dove vivevano e da allora si tramandano varie leggende in proposito.

Sicuramente Maria rimane una presenza costante nel racconto della vita di Gesualdo da Venosa, in una sorta di altalena tra alter ego e commistione tra il bene e il male.

Mi piace piuttosto citarti questa frase dal libro:
Io penso che la musica sia la sposa delle parole, e che ogni parola sia una scatola dove tutto il dolore, e la gioia, e la vita sono contenuti. Con i suoni possiamo far esplodere questa scatola, donarle più dolore, più gioia, più vita di quanta ne abbia già.

Personalmente trovo che sia molto vero: la musica per me può amplificare stati d’animo.

Tu che ne pensi?

FAME D’ARIA

FAME D’ARIA

Fame d’aria è l’ultimo libro di Daniele Mencarelli edito da Mondadori.

Daniele Mencarelli ormai non ha più bisogno di presentazione da un pezzo.

Fame d’aria mi è piaciuto molto per la struttura, per la scrittura e per il modo con il quale in tempo reale il lettore riceve tutto il carico dei diciotto anni di vita con Jacopo.

Jacopo non è il protagonista, Jacopo è il figlio di Pietro, un uomo.

Dico solo un uomo perché è quello che ho pensato conoscendolo una riga dopo l’altra.

Pietro non è un supereroe, non è un paladino, non è neanche un esempio. Pietro è semplicemente una persona, un essere umano come lo sono tutti coloro che cercano di comportarsi nella maniera giusta contro le ondate di quella tempesta che è la vita: un incessante e continuo sferzare che si abbatte inesorabile.

Anche per questa lettura ringrazio Monica, e poi dico grazie anche a Luciana per avermi segnalato l’incontro con lo scrittore organizzato da Il piacere di raccontare

In questo modo ho potuto ascoltare direttamente le parole di Daniele Mencarelli e scoprire come è nata la sua esigenza di raccontare questa storia.

Circa sei anni fa ha incontrato un Pietro e ha iniziato a mettere insieme i tasselli, dettagli che sembrano non avere importanza finché l’accumulo diventa un elemento che si trasforma in scrittura, pensando a come tradurre un ricordo “salvato con nome” come fosse un documento che ha il potere di illuminare il percorso al quale dare vita.

L’immersione dentro una vita non sua è stato brutale per Daniele Mencarelli, non si è permesso nessun fregio che nascondesse lo sfregio che doveva sempre prevalere.

In questo libro l’autore è passato alla terza persona mantenendo però sempre il presente perché ama dare l’impressione che i fatti avvengano mentre vengono letti perché li sente meno distanti.

Devo dire che l’obiettivo è stato pienamente raggiunto perché anche io da lettrice mi sono sentita letteralmente dentro la storia.

Il romanzo ha un antefatto: nel 2000, mentre va a prendere una birra, Pietro incontra Bianca. Si riconoscono ed è colpo di fulmine.

Nel 2023 Pietro è un cinquantenne e la sua macchina si guasta nel Molise, con lui non c’è Bianca ma c’è il figlio Jacopo che ha 18 anni e che purtroppo è autistico a bassissimo funzionamento.

Il paese dove si fermano per cercare un meccanico: Sant’Anna del Sannio non esiste nella realtà anche se assomiglia a tanti posti che ognuno di noi può identificare.

Pietro e Jacopo sono diretti in Puglia dove li aspetta la moglie per festeggiare il ventesimo anniversario di matrimonio.

L’imprevisto dura tre giorni e ruota intorno a tre personaggi: Oliviero il meccanico, Agata la titolare del bar, e Gaia. Grazie a lei si entra nel mondo interiore del padre e si scopre tutto quello che manca alle famiglie come la loro.

Seme fondamentale: la scena come momento di svelamento dell’umano. Esattamente come ti dicevo, il Pietro che è arrivato a me.

Daniele Mencarelli nasce come poeta, la poesia riesce a dare un nome alle cose, coglie la profondità rispetto alla scena. Narrativa invece è architettura di scene che poi assume forma di trama e di arco psicologico dei personaggi.

Infatti la poesia non deve essere “poetichese”, ma deve vivere dentro gli elementi della forma romanzo.

La letteratura è un gesto che vuole essere di testimonianza.

Queste parole di Daniele Mencarelli trovano una particolare concretizzazione nel libro Fame d’aria secondo me.

Ma quello che mi ha maggiormente colpita è stato conoscere la personale “fame d’aria” dell’autore.

Pagine troppo inchiostrate che danno un senso di claustrofobia.

Da questa “fame d’aria” nasce letteralmente l’esigenza di aprire degli spazi verticali nel racconto orizzontale.

La necessità di percepire molta presenza di bianco, cioè bisogno di spezzare la frase e andare a capo come se fosse un bisogno di aria.

Ragionando da poeta in certi momenti dell’umano si arriva con una lingua spezzata. Nei luoghi più alti dell’uomo si arriva solo con la lirica.
Una personale fame d’aria.

E tu? Quando avverti la tua fame d’aria?

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