Questo articolo è disponibile anche in:
English
Incipit: nei codici e nelle prime stampe, parola iniziale della formula che si poneva di solito al principio di un’opera, o di parte di essa, con le indicazioni del titolo e del nome dell’autore.
Nell’uso filologico e bibliografico il termine indica la citazione delle parole iniziali di un testo, che da sola o insieme con quella delle parole finali, l’explicit, serve a individuarlo chiaramente.
Massimo Legnani del blog Orearovescio ha condiviso e anche vinto il premio Scripta Ludus a cura di Luz del blog Io, la letteratura e Chaplin.
Scripta Ludus è il gioco degli incipit.
I partecipanti devono scegliere una delle tre foto proposte e inviare il proprio incipit, ossia “l’inizio di un’opera di narrazione” che deve possedere pertanto la caratteristica di “aprire una storia” con l’intento di catturare l’attenzione di chi legge e non può limitarsi a una descrizione di ciò che si vede.
Carino vero?
Cosa rappresenta l’incipit per te?
Nel caso in cui un incipit non sappia destare il tuo interesse:
-
prosegui comunque la lettura nella fiduciosa speranza di appassionarti alla storia raccontata.
-
inizi a distrarti e improvvisamente il libro appare più lungo di quanto non ti sembrasse quando lo hai scelto.
O forse potresti essere tra coloro che gli incipit li leggono prima.
Ci sono incipit diventati famosissimi, ne vuoi citare qualcuno?
Il mio incipit per Scripta Ludus:
Licenziamento per soppressione della posizione.
Una sequenza di vocali e consonanti che non dovrebbero comporre queste parole.
Non dopo tutto l’impegno, dopo tutte le pause saltate, dopo tutte le ore aggiuntive senza retribuzione.
Soppressione della posizione.
Ma se da mesi non c’è un attimo di tregua!
Soppressione della posizione.
Così, senza preavviso?
Soppressione della posizione.
E se mi rifiuto di firmare?
Marcello si è presentato all’appuntamento con il responsabile delle risorse umane sette minuti fa.
Sette minuti fa era quando pensava che avrebbe finalmente ricevuto un aumento.
Sette minuti fa era quando fantasticava di riuscire a portare l’auto dal carrozziere.
Ora invece le ammaccature di cui occuparsi sono improvvisamente ben più gravi del paraurti scassato.
Di colpo tutto diventa confuso, impossibile concentrarsi.
Metabolizzare, reagire, agire, elaborare, tutti verbi che sbiadiscono avvolti nel fumo della rabbia, nascosti dallo sconforto, vanificati dalla paura.
I sette minuti diventano settanta e la tastiera con il piedino rotto, la sedia sbilenca, il caffè annacquato del distributore sembrano già pezzi di vita rapiti.
E quando settanta sono le ore trascorse, ancora il rifiuto di accendere il portatile per scrivere un curriculum è totale.
Quanti invii ci vorranno prima di ricevere la prima risposta negativa?
Quanti invii ci vorranno prima di dover smettere di selezionare gli annunci, perché in fondo un lavoro serve?
Marcello è seduto per terra con la schiena appoggiata al muro freddo forse ancor più del pavimento, da quella posizione guarda le mensole sopra al tavolino che usa come scrivania.
Il tempo ha depositato strati di polvere su quei ripiani che accolgono libri, buste, la sveglia a carica manuale dei tempi della scuola, tre diverse action figures di Batman e la pallina blu.
Istintivamente Marcello sente l’esigenza di prenderla, si alza, allunga una mano, ma il semplice contatto accende nella sua mente il ricordo di quando per lanciare la pallina occorrevano entrambe le sue manine.
E di colpo si ricorda tutto.
Il lago, sua madre, i suoi piedini che restano fermi, i tonfi con il sedere al suolo.
Accetta di camminare solo se la mamma lo tiene per mano diversamente sono capricci, e da parecchio ormai ogni invito a provare a muovere qualche passo da solo riceve per tutta risposta un incaponimento: niente da fare, senza il sostegno di mamma i piedi rimangono ben piantati a terra.
Finché quel giorno, dopo l’ennesima esortazione, per protesta lancia la palla contro i fiori ma il rimbalzo sul bordo del vaso la spinge oltre il giardino e la pendenza la fa rotolare fino all’acqua.
“La palla!”
Andata, persa.
Dopodiché Marcello non sa più se ha pianto, quanto tempo la mamma trascorre in acqua, quante volte la nonna la chiama ripetendo “NO!”
Però rammenta nitidamente l’istante in cui le braccia della nonna lo posano sul molo, in fondo c’è la mamma stanca ma sorridente.
E ricorda bene il momento in cui i suoi piedi decidono di portarlo fino alle braccia di mamma pronte ad accoglierlo.
Appoggia la pallina sul tavolo, apre il laptop e inizia a digitare: Lettera di presentazione.
In caso nutrissi curiosità riguardo alle immagini selezionate, le trovi qui.




L’incipit mi deve incuriosire, se no tendo ad annoiarmi, e magari lascio lì il libro. Bello il tuo, è quasi una piccola storia, un racconto breve. Ma fa venire voglia di sapere come andrà a Marcello…
Ti ringrazio di cuore Raffa!
Marcello è di fronte a un inizio, a volte la strada nuova può rivelare sorprese, anche se in salita.
In effetti anche io, se all’inizio di un libro comincio a distarmi, per noia, perché non trovo un filo, perché mi infastidisco, perdo l’interesse e mi accorgo che i momenti che rubo per la lettura finiscono per essere dedicati ad altro, e il libro rimane lì, in attesa.
“Un giorno di primavera, nell’ora di un tramonto straordinariamente caldo, a Mosca, agli stagni Patriaršie, apparvero due signori.”
Il Maestro e Margherita, bellissimo.
Alessandro, innanzitutto BENVENUTO qui.
Mikhail Bulgakov.
Il primo, che indossava un completo estivo sul grigio, era di bassa statura, grasso, calvo, teneva in mano un dignitoso cappello, e sul suo viso ben rasato erano collocati degli occhiali di dimensioni spropositate con la montatura di corno nero. Il secondo, un giovanotto dalle spalle larghe e dai capelli rossicci e arruffati, con un berretto a scacchi appoggiato sulla nuca, portava una camicia da cow-boy, dei pantaloni bianchi spiegazzati e sandali neri.
Niente acqua minerale, niente birra.
Mi domando: se la donna del chiosco avesse servito caffè? 🙂
Bisognerebbe chiederlo a Voland, è lui che decide tutto!
Già … e questo è solo metà del problema …
Per me l’incipit ha mille sfumature: può essere quello di un libro, di una canzone, di un fatto, ecc ecc. Per quanto riguarda gli incipit dei libri li leggo sempre e così posso iniziare a farmi una piccola idea di come sarà la lettura che sto affrontando, 😉.
Sei mai rimasta delusa? O sorpresa in negativo?
A me è capitato che i miei tempi di lettura si dilatassero e che libri con un esiguo numero di pagine durassero mesi, perché non avevo sufficiente curiosità.
A volte sì, è capitato: l’incipit era molto bello ma proseguendo nella lettura ho scoperto che il libro diventava parecchio pesante. Non ho abbandonato la lettura perché le finisco sempre, magari con la speranza che ad un certo punto migliorino, ma in questi casi ho fatto davvero fatica e avrei voluto che il libro finisse il più presto possibile per passare ad una lettura più nelle mie corde. Un libro su tutti che ho trovato parecchio ma parecchio pesante: “Moby Dick”.
Mi ricordo la tua recensione.
Io non lo ho mai letto.
Però mi è capitato di avere alte aspettative con alcuni classici, mentre avrei preferito forse non sapere nulla prima perché la prospettiva è cambiata.
Quali sono i classici su cui puntavi molto e che poi si sono rivelati una delusione?
Ad esempio Uno nessuno centomila.
Cioè: non è che sia stato propriamente una delusione, ma chissà cosa mi aspettavo dopo averne sentito parlare in … centomila modi 🙂
Oppure i libri di Italo Calvino.
Spero che dopo queste delusioni le letture successive ti abbiano ripagato di questi piccoli “inciampi” (potrebbe andare come termine, 😉?) nella bellissima strada dei libri, 😀.
Il termine inciampi è perfetto Eleonora!
E anche la metafora della strada di libri è stupenda!
Sì, per fortuna ci sono libri talmente belli che ti ripagano di tutte le letture deludenti.
anche io… avevo partecipato a Scripta Ludus… il gioco degli incipit…
ho capito che non sono portata per questo… lascio lo spazio a te e a tutti coloro che hanno questo dono…
saper scrivere gli Incipit… è dare vita alle parole…
complimenti per il tuo… si legge tutto di un fiato…
una bellissima buona giornata x te… 🤗☀️🦋 ciao Claudia!
Cinzia ti ringrazio di vero CUORE!
Mi piacerebbe molto leggere il tuo incipit, mi aiuti tu con il link se ti fa piacere?
Io non conoscevo Scripta Ludus fino a due sabati fa quindi mi sono persa tutte le edizioni precedenti purtroppo.
Auguro una bellissima conclusione di sabato anche a te! Qui abbiamo avuto una giornata piacevole soleggiata e finora sono riuscita a riempirla con cose che amo fare. Spero sia lo stesso per te.
ecco il link…
http://iolaletteraturaechaplin.blogspot.com/2025/02/scripta-ludus-il-gioco-bimestrale-di.html
l’incipit che avevo scritto… lo trovi nei commenti… devi cercare tra gli anonimi…
GRAZIE Cinzia!!
Amo molto la tua conclusione: la penna da intingere nel calamaio della vita.
E mi piace anche la dualità: l’alternativa tra attendere la luce del giorno o la protezione dall’oscurità.
Complimenti Cinzia!!
Una splendida conferma di quanto tu scriva bene.
L’incipit deve destare la mia attenzione!
Il tuo ò affascinante!!!
Luisa <3 nel ringraziarti, ti abbraccio con affetto!
🙏💞🙏💞🙏
Chi ben comincia è a metà dell’opera… L’incipit è tutto 😊
Hai ragione Ema!
Anche a me capita spesso di ripetere questo proverbio, lo dico a me stessa, oppure a mio figlio, come incoraggiamento.
quanta roba in questo brano, ma, espletati i ringraziamenti per avermi citato e i complimenti per il tuo pezzo, mi concentro sulla domanda che poni e ti rispondo che dipende se l’incipit deludente l’ho letto prima dell’acquisto o solo una volta a casa. nel primo caso non acquisto il libro, ma devo aggiungere che raramente leggo l’incipit in libreria, non mi voglio rovinare uno dei piaceri della lettura e il modo con cui inizia un romanzo lo è, quando è fatto bene. Se invece, come di solito accade, inizio il libro una volta a casa, un brutto incipit mi condiziona, divento diffidente, non abbandono il libro ma l’autore deve operare una non facile rimonta nelle pagine successive perchè io possa cambiare il (pre)giudizio.
ml
Ecco Massimo, hai centrato il punto e descritto quello che è anche il mio pensiero: se si parte male poi la rimonta è mooooolto in salita.
D’altro canto è pur anche vero che non bisogna però mai dire mai … o no?
“Davanti al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si ricordò di quella volta in cui sui padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio”. L’incipit di Cent’anni di solitudine resta per me il più toccante tra i tanti che ricordo (vedo il già citato Maestro e Margherita). Il bello degli incipit più intensi è che, se ti metti a recitarli in mezzo a un gruppo di sconosciuti, qualcuno che ha amato quel libro quanto te ne riprende le parole, e si crea una sintonia. Ma quando comincio a leggere un libro no, non mi fermo alle prime parole, prima di giudicare. Cerco di finirlo. Ciao Claudia 🙂
Oh Paola!
Il tipo di sintonia che hai descritto per me è magia pura!
Scoprire che qualcuno ha amato tanto da memorizzare, ha capito, ha avuto pensieri ed emozioni simili alle tue.
Lunghezze d’onda … non sempre è così facile o scontato trovare chi le percepisce.
Il tuo non fermarti alle prime parole, in un certo senso è un po’ un NON SPRECARE anche rispetto al lavoro che ti trovi a leggere, dunque, anche in questo ci insegni.
GRAZIE!
L’incipit è in pratica la presentazione del libro, se non è interessante, accattivante e coinvolgente stimolando la curiosità del lettore è deleterio per il libro. Bisogna essere davvero bravi per scriverlo, non è da tutti farlo bene.
Buona giornata Claudia 😊
Giusto Silvia, non a caso ci sono degli incipit che sono diventati talmente famosi da entrare nel linguaggio comune.
Nel mezzo del cammin di nostra vita …
oppure
Quel ramo del lago di Como …
GRAZIE! Buona notte di Halloween e buon inizio di Novembre!
non sono un grande fan degli incipit, non me ne accorgo, tutto qui
anche come ‘autore’ di racconti, per me l’incipit non è così fondamentale; sarà che come sceneggiatore guardo all’insieme
GRAZIE Antonio!
Tu mi regali sempre prospettive diverse.
Davvero molto interessante il punto di vista dello sceneggiatore, e soprattutto importante saper guardare l’insieme.