STAR WARS DAY

STAR WARS DAY

 

Star Wars day ovvero May the fourth data iconica che rappresenta il mitico motto May the Force be with You.

Lo Star Wars day 2022 a Vigevano si è svolto non il 4 ma il 7 maggiio: cioè il primo sabato successivo, e la forza era presente in tutti coloro che amano la saga di Guerre Stellari.

All’evento organizzato da Diapason per Medium Size in collaborazione con la Bottega dei suoni, io più che la forza ho sentito scorrere in me la felicità quando ho visto questi bambini

Non è meraviglioso vederli giocare così liberi in un prato

Naturalmente mi complimento moltissimo anche con tutti i figuranti dei gruppi internazionali di costuming ufficialmente riconosciuti da LucasFilm: 501st Italica Garrison rappresentanti dell’impero e dei Sith, Rebel Legion Italian Base rappresentanti della Ribellione e dei Jedi, Ori’Cetar Clan rappresentanti dei Mandaloriani, Saber Guild Trento duellanti con spada laser insieme ai piccoli della Galactic Academy Varykino sezione dedicata ai minori di 18 anni.

A differenza di alcuni generi molto caratterizzati, che spesso o si amano o si odiano, credo che Guerre Stellari sia universalmente noto e azzardo anche apprezzato, seppur a livelli diversi.

Come d’abitudine, ormai mi conosci, anche a Star Wars io sono arrivata dopo, con uno dei miei soliti treni in ritardo …

Ricordo benissimo lo stupore di Massimo, che allora non era ancora mio marito, scegliendo un film da guardare insieme: “non hai mai visto Guerre Stellari?!”

Ai tempi esistevano soltanto i primi tre film, usciti a maggio negli anni 1977, 1980 e 1983, che poi in realtà sono diventati il quarto, quinto e sesto, cioè la Trilogia Sequel, dopo che a partire dal 1999 George Lucas è tornato a regalare altri “episodi” che hanno composto la Trilogia Prequel.

Ovviamente è stato un colpo di fulmine, o forse dovrei dire un colpo di spada laser: molto da apprendere ancora io avevo …

E tu?

Inutile dire che la colonna sonora si è immediatamente impressa nella mia mente in modo indelebile. Standing ovation per John Williams

A proposito di impressioni … cosa ne dici di questi cappuccini?
Il lato oscuro del caffè …

La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza …

Nei commenti la foto di un personaggio autoctono particolarmente radicalizzato nella paura: Darth Ansia laughing

ONE MORE CUP OF COFFEE

ONE MORE CUP OF COFFEE

 

One more cup of coffee è la canzone di Bob Dylan che Lorenzo mi ha consigliato.

One more cup of coffee in questo caso per me rappresenta il simbolo di un nuovo piacevole incontro, seppure online.

Prima di parlartene occorre una premessa: quando ho raccontato dell’iniziativa Keep Calm & Go Volunteering nei commenti Olivia ha chiesto:

Non sprecare cibo è un’ottima idea. Non avevo mai sentito parlare di questo progetto prima. Come si può imporre ai giovani di sprecare meno, di condurre uno stile di vita più naturale?

E Laura ha scritto:
Bellissima iniziativa. Ho la sensazione che i giovani siano vittime del consumismo e pertanto poco inclini a riciclare e recuperare. Speriamo che iniziative di questo genere possano fare breccia.

Quindi ho girato la domanda direttamente a loro, che sono stati così gentili e cortesi da invitarmi per una chiacchierata.

Ho potuto così conoscere Ariela, che è la coordinatrice responsabile, Edisona, Sophie, Veronica, Mehdi e Lorenzo.

Il” Lorenzo che mi ha consigliato la canzone di Bob Dylan oltre ad altre dritte interessanti e preziose su cinema, libri e teatro citando Questi fantasmi

come anche Laura ci insegna.

E molto mi hanno insegnato anche questi ragazzi, volontari dell’Area Europa del Comitato di Intesa di Belluno

Come promuovere nei giovani la cultura anti-spreco?

Andando nelle scuole, come fanno loro, parlando ai bambini e ai ragazzi per diffondere non “lezioni” ma laboratori, e tornando più volte per seguire e constatare che il concetto seminato cresca.

Stimolando ad inventare ricette speciali che abbiano come denominatore comune l’idea di cucinare senza sprecare sulla base del concetto dare, ma anche ricevere consigli.

Progettando di creare un blog dove pubblicare queste ricette per accrescere più possibile l’interscambio.

Organizzando manifestazioni e celebrazioni in occasione delle giornate internazionali.

Proponendo dei tandem linguistici, ovvero delle grandiose opportunità grazie alla loro multiculturalità: conversazioni informali in lingua inglese, francese e spagnola, gratuite, libere e aperte a persone di tutte le età guidate da Edisona , Sophie , Mehdi e Hamudi . con l’obiettivo di incontrare la comunità, socializzare e praticare le lingue.

E ancora diffondere il loro operato attraverso una web radio.

Non so tu, ma io sono davvero entusiasta e una cosa è certa: ci sarà one more cup of coffee.

C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

Nel ringraziare ancora una volta Giovanni Rinaldi, sono felice di parlarti del suo nuovo libro C’ero anch’io su quel treno La vera storia dei bambini che unirono l’Italia edito da Solferino.

C’ero anch’io su quel treno viene pubblicato a dodici anni esatti da I treni della felicità, anni durante i quali Giovanni Rinaldi non ha mai interrotto la sua ricerca storica, anzi, con il suo instancabile impegno umano, la ha trasformata in una vera e propria missione per riunire i protagonisti di una catena di meravigliosa solidarietà.

Negli anni del dopoguerra, migliaia di bambini sono stati ospitati da generose famiglie che si sono impegnate a offrire loro ciò del quale per vari motivi erano stati privati, accogliendoli e trattandoli come figli.

Il saggio di Giovanni Rinaldi parte dalle tragiche conseguenze di uno sciopero a San Severo nel 1950 in seguito al quale più di un centinaio di persone furono arrestate in massa: madri, padri, lasciando molti bambini in mezzo a una strada.

Un canto registrato da Giovanni cominicia così

Il venditré di marzo

Succèsse ‘na rruìna

Lo so, lo ho già scritto, ma per me il dialetto, così come la tradizione orale, sono un patrimonio assoluto che, se non fosse per persone come Giovanni, lasceremmo scivolare via.

E invece con il suo perseverante prodigarsi, Giovanni prosegue nella raccolta di testimonianze che si estende a bambini di Napoli costretti a lavorare, a bambini sopravvissuti al bombardamento di Cassino, e a tanti altri casi in cui condizioni di estrema difficoltà hanno reso provvidenziale l’aiuto a genitori impossibilitati al sostentamento dei propri figli.

L’organizzazione, i trasferimenti, le comunicazioni tra famiglie di origine e famiglie ospitanti si sono svolte dietro iniziativa del partito comunista ma in particolare a cura dell’UDI: Unione Donne Italiane.

A questo proposito, io con il mio debole per il Natale, ho letto con particolare emozione la parte in cui Ida racconta del suo impegno per raccogliere presso vari negozianti, il necessario per fare un Albero allestito con caramelle biscotti e doni.

La magia però si spezza al punto in cui Ida ricorda come il segretario, indispettito per questa sua iniziativa, la rimproverò addirittura con uno schiaffo …

Donne.

Donne e Mamme che intrecciano le loro vite in funzione del bene per i bambini, riuscendo a mettersi l’una nei panni dell’altra, comprendendo, adoperandosi, sacrificandosi.

Tengo particolarmente a ricordare con affetto Americo al quale sono grata per il grande insegnamento sull’amore materno che mi ha donato.

Incantevole anche la lettera della mamma di Umberto:

I cuori di noi madri della martoriata Frosinone salutiamo in voi tutte che ci venite incontro, e salutiamo questa bell’opera organizzata dal nostro Partito comunista.

Spero ricevere ancora notizie, e se il Signore mi provvederà prima che Umberto torni verrò a trovarla.

Non ciò parole per ringraziarla per quanto state facendo per mio figlio, ma il Signore vi restituisca tutto il bene che meritate …

Ringrazia il partito e spera nel Signore eppure io non trovo contraddizione, anzi ammiro la meravigliosa coesistenza di pensieri che hanno come denominatore comune il cuore.

Cuore che ho trovato in ogni pagina.

Tra i capitoli di C’ero anch’io su quel treno, dedicati a ciascuno dei bambini che è riuscito a rintracciare, Giovanni Rinaldi ci racconta come sia riuscito a risalire alle famiglie che offrirono generosa ospitalità, partendo da frammenti di ricordi, nomi spesso sprovvisti di riferimenti, fotografie di un tempo lontanissimo.

Un lavoro minuzioso ma soprattutto una forte sensibilità unita al nobile intento di realizzare il desiderio di ricongiungimento di queste persone che la vita ha inevitabilmente portato ad allontanarsi.

Non so se hai potuto seguire l’intervista su Rai Uno, diversamente puoi recuperarla qui a 1 h e 1 minuto circa.

Ti consiglio di vederla per renderti conto di come sia l’atteggiamento di Giovanni nei confronti delle persone che ha incontrato: mentre Severino e Diego raccontano la loro esperienza, li osserva con un sorriso che dice più di qualsiasi parola.

E questo è il sentimento di estremo rispetto che attraversa tutto il libro. Giovanni stesso ci dice che “questi signori anziani, nel momento in cui parlano, sono i bambini di allora che raccontano … ed è anche una terapia: tornare a quei momenti significa far venire fuori sia i traumi sia le gioie.”

In punta di piedi l’ascolto come prima cosa.

E tanto quanto Giovanni si pone come un tramite che concede di far fluire ricordi e racconti che vengono riportati fedelmente, altrettanto poi ci restituisce descrizioni del contesto talmente puntuali da farci sentire trasportati nello stesso luogo, avvolti dalla suggestione che la portata di enormi carichi di emozioni racchiude.

Concludo lasciandoti questa bellissima metafora a proposito di Benedetto:

apre il portone: un fascio di luce rischiara il buio. Fuori e dentro, come su un confine, rimangono tutti fermi, sospesi

AVANTI, PARLA

AVANTI, PARLA

Avanti, parla un ordine o un invito perentorio?
Cambiando l’intonazione può essere entrambe le cose.
E se la richiesta arriva da un’amica di vecchia data ed il tono è semplicemente curioso?

Come mi è accaduto leggendo il libro di Giulia Caminito, anche in questo caso ho riscontrato un modo di scrivere del tutto anticonvenzionale anche se non sono stata conquistata allo stesso modo.

All’uscita di Porci con le ali, libro di esordio di Lidia Ravera, io leggevo ancora Topolino ma l’eco dello scalpore generato mi è rimasto impresso, così come l’onda post sessantotto che ha portato con sé un cambio epocale.

Questo libro riporta in quegli anni, in maniera però lenta e alternata, più come una risacca che lambisce pian piano.

E pian piano ci si rende conto che la storia è stata costruita appositamente come impianto su un fondamento ben preciso: la base, il vero fulcro di tutto il racconto.

Se da una parte ero curiosa di approfondire una pagina di storia italiana della quale non ho mai letto, ma che ho vissuto a colpi di racconti di cronaca, dall’altra mi sono ritrovata a mettere in discussione il mio modo di pensare.

L’impegno costante su me stessa per eliminare giudizi e pregiudizi è davvero efficace?

E ancora: avrei avuto lo stesso punto di vista se non mi fossi trovata di fronte a una “nonna” perfetta?

Quanto spesso abbiamo detto poi che non basta partorire per essere madri, ma se la vita offrisse una seconda occasione?

Io sono fermamente convinta che i bambini e i ragazzi ci insegnino costantemente, e che siano salvifici.

Gli spunti di riflessione inoltre spaziano dalla controversa questione del saper perdonare sé stessi, all’istinto di sopravvivenza.
Dal potere intrinseco del silenzio, ai benefici della musica.
Dalla coerenza all’ipocrisia.

Tutto ciò è una porzione di quanto scaturito dai discorsi con Monica: anche questa volta devo a lei questa lettura, così come devo a lei l’arricchimento a livello umano che ne ho potuto trarre.

Tu che ne pensi?
Preferisci che un libro sveli una storia o una riflessione?
Avanti, parla …

LA MEMORIA DELL’ACQUA

LA MEMORIA DELL’ACQUA

Se la vibrazione è energia, allora la risonanza è il modo in cui essa si propaga, perciò la risonanza è in grado di trasmettere energia.”

Queste parole di Masaru Emoto racchiudono l’essenza dei suoi studi sulla memoria dell’acqua.

Conoscevi già questa teoria?
Quando Massimo me ne ha parlato, io sono rimasta letteralmente incantata.

La musica, come ho già scritto, per me è energia e costituisce una componente essenziale.

Anche l’acqua è un elemento molto importante che nel mio caso si concretizza nel legame con il mare.

Ma come si combinano?
Masaru Emoto ha intrapreso ricerche approfondite sull’acqua in tutto il pianeta, non tanto come ricercatore scientifico, ma più dal punto di vista di un pensatore originale. Riuscendo a dimostrare che è nella forma di cristallo ghiacciato che l’acqua ci mostra la sua vera natura.

Come?
Congelando campioni di acqua precedentemente esposti a musiche di vario genere ed osservandone successivamente i cristalli.

Sembra persino una fiaba vero?
Colpisce con tutta la delicatezza dell’universo giapponese e della loro attitudine, che sinceramente io invidio.

Ascoltando questa intervista mi sono rimasti impressi alcuni passaggi, ad esempio quando dichiara: “mi sento di avere molto in comune con Don Chisciotte.”

Oppure quando parla di tradizione spirituale giapponese e di HADO: letteralmente cresta dell’onda, che rappresenta proprio la vibrazione energetica che si trasforma in memoria dell’acqua.

Meraviglioso.

Devo però anche dire che personalmente, considerando Giappone e acqua, i miei pensieri non possono fare a meno di correre sulla drammatica situazione di Fukushima e dell’imminente scadere del tempo rimasto per i serbatoi.

Anche per questo risulta ancor più prezioso l’intento del Dottor Emoto di dedicarsi ai bambini, che non hanno l’imprinting negativo degli adulti, attraverso il suo Peace Project

Come dargli torto?
E pare non si possa dare torto nemmeno riguardo ai suoi studi sui quali è stato svolto un test in doppio cieco a riconferma.

Tu cosa ne pensi?

Sull’onda emotiva di questo modo della musica di materializzarsi in cristalli, mi sono poi ritrovata a riflettere su un altro stupendo frangente in cui la musica impressiona la memoria: la gravidanza.

A questo proposito mi farebbe TANTO piacere se qualcuno volesse raccontarmi la propria esperienza.

Io ho sempre fatto ascoltare musica a nostro figlio: prima che nascesse e anche dopo. Sul tipo di musica forse non sono stata granché ortodossa …

A questo proposito ho trovato la tesi della Dottoressa Alexandra Lamont: docente senior di psicologia della musica presso la Keele University, secondo la quale i bambini possono ricordare le cose dall’utero molto più a lungo di quanto pensassimo.

Lo studio di ricerca dell’Università di Leicester riportato da NewScientist ci spiega che:
La psicologa Alexandra Lamont ha scoperto che i bambini di un anno ancora riconoscevano e preferivano i brani musicali che venivano suonati loro prima di nascere. Studi precedenti hanno mostrato che i bambini avevano familiarità con le esperienze prenatali solo quando avevano pochi giorni.
Lamont aveva pensato che i bambini potessero sviluppare un gusto per lo stile musicale suonato dalle loro madri, ma non era vero. Invece, è stata sorpresa di scoprire che i bambini potevano discriminare e ricordare le singole canzoni.

Sempre a cura della dottoressa Lamont ho anche trovato una World Café participatory discussion “coincidenze? Io non credo …”

Scherzi a parte, tu che musica vorresti cristallizzare nella memoria?

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