PRIMAVERA? CAMICIA BIANCA!

PRIMAVERA? CAMICIA BIANCA!

Primavera? Camicia bianca!
Non lo pensi anche tu?

Io ho un vero e proprio debole per le camicie bianche e credo di potermi definire “addicted.”

Il mio armadio ne accoglie un certo numero che è cresciuto negli anni.

La camicia bianca mi piace sempre, in ogni versione, che sia classica o di Sangallo.

Trovo la camicia bianca un capo trasversale, adatto in ogni stagione, ma quando arriva la primavera diventa un passepartout per la leggerezza di abiti e pensieri.

Dal taglio più tipico alle versioni rese particolari da un dettaglio, la camicia bianca sa essere un tocco di eleganza e semplicità.

Tu come ti senti quando indossi la tua camicia bianca?
Che modello preferisci?

Ti va di ripercorrere insieme alcuni outfit che sono diventati indimenticabili?

Ad esempio io direi che la versione Mia Wallace è la più iconica.

Uma Thurman danza perfettamente a suo agio con la camicia dal taglio asimmetrico: sciancrata, punte lunghe sul davanti e polsini con gemelli.

Miranda Priestly ovviamente top fashion, la versione incrociata è sempre molto raffinata.

Julia Roberts incornicia l’immagine della bellezza con la camicia annodata in Pretty Woman

Meg Ryan distrattamente americana in versione “French.”

Audrey Hepburn accuratamente glamour in Colazione da Tiffany.

Dolores O’Riordan profondamente essenziale.

Vivienne Westwood stravagante e geniale.

Hermione Granger collegiale magica e Debbie Harry schoolgirl rock.

Vuoi aggiungere altri esempi di look famosi anche tu?

Harper’s Bazaar cita Marylin Monroe e per il 2024 sceglie la proposta Peserico. 

Che dici invece dello stile retrò?

Sempre impeccabile Giorgio Armani, questo è uno dei suoi capi presentati alla Fashion week

Vogue pubblica una carrellata tratta dalle sfilate.

A questo punto è doveroso citare Franca Sozzani e la sua celebre frase:

Tutte le donne aspirano ad essere eleganti e, senza capire il vero senso di questo termine, comprano, in una vita, tonnellate di abiti, borse, scarpe. Poi arriva a una cena una donna con un pantalone nero da smoking e una camicia di seta bianca, un classico perfetto, e la noti.

Non a caso Franca scelse proprio una camica bianca per la sua prima copertina nel 1988.

E tu che camicia bianca scegli per questa primavera?

THE DADA BARONESS

THE DADA BARONESS

 

In tutta la mia smisurata ignoranza io non conoscevo la Baronessa Dadaista finché non me ne ha parlato BurnazziFeltrinaArchitetti in merito a quanto avevo scritto sull’anello tatuato di Chester Bennington, facendomi notare che la sua fede nuziale, invece, era un bullone raccolto dalla strada.

Arte “da indossare”, arte corporale al punto da rendere tridimensionale il concetto di trasformazione, che si concretizza anche nella continua e costante evoluzione di Elsa Hildegard Plotz, poi Elsa Endell e infine Elsa von Freytag-Loringhoven.

Impossibile concepire di vederla con una banale tazzina.
Lei stravolge l’utilizzo degli oggetti più comuni, adornandosene.
Dunque i cucchiai arricchiscono un copricapo tanto quanto una gabbia per uccellini il collo.

Per tentare di descriverla vorrei bypassare la famosa frase che ricorre nei vari riferimenti che la riguardano, pronunciata da colui che si è appropriato dell’idea per l’opera Fontana.

Citerei piuttosto le parole di Djuna Barnes, secondo l’analisi di Michelle Feda

nel villaggio si può persino vedere la baronessa saltare con leggerezza da uno di quei nuovi taxi bianchi con settanta cavigliere nere e viola che tintinnano sui suoi piedi secolari, un francobollo straniero – annullato – appollaiato sulla sua guancia; un’ala di porpora e oro catturata maliziosamente con i fili di un cavo usato un tempo per attraccare le importazioni dal lontano Catai; e cogliere il profumo sottile e polveroso che lascia dietro di sé – un antico taccuino umano su cui sono state scritte tutte le follie di una generazione passata.

Parole che ben illustrano la corporalità.
Parole che offrono aspetti a tutto tondo: colori, suoni, profumi.
Le follie di una generazione passata” in aperta contrapposizione con il presente di una artista che è già futuro, anche per il Dadaismo.

Ma come spesso accade per i personaggi così controversi e fuori dagli schemi, la vita è una corsa su montagne russe ancora più ripide del consueto. Tanto per la salita, che arriva a toccare il dorato mondo, quanto per la repentina discesa, che vede i momenti difficili rincorrersi inesorabilmente.

Il villaggio è dove nasce l’amicizia tra Elsa e Djuna: il Greenwich Village. Una amicizia che non si interrompe mai nemmeno di fronte alle avversità che cancellano la ascesa: è proprio Djuna che aiuta in vari modi Elsa fino alla sua morte a Parigi, “il suo ultimo scherzo”.

Ma rimane il loro intenso scambio di lettere.

 

 

 

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