QUATTRO TERZI PI GRECO ERRE TRE

QUATTRO TERZI PI GRECO ERRE TRE

 

Ringrazio infinitamente Lucia Amendola Ranesi, insieme a Manuale di Mari, per l’opportunità di scoprire il libro Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre che ho amato moltissimo.

Della sfera il volume qual è? Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre.

Chi si ricorda questa filastrocca?

Non è la prima volta che racconto il mio interesse per i libri sulla matematica, ma in questo caso sono stata colpita immediatamente dall’affinità di pensiero.

Partire da una formula per raccontare una storia

O partire da una storia per raccontare una formula.

In realtà entrambe le cose.

La “formula” alla quale si addiviene però non è un calcolo, ma un viaggio che porta, o meglio: riporta, all’origine.

Non amo svelare troppo, perché vorrei che anche tu provassi la stessa coinvolgente esperienza di lettura che ho avuto io, e vorrei che anche tu arrivassi alla “chiusura del cerchio” con tutto il carico di emozioni che ha accompagnato me.

Io ho considerato Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre come l’equazione di un mondo nel quale entrare attraverso un meraviglioso scambio di lettere, proprio quelle lettere scritte a mano, le lettere a me tanto care.

Una sfera familiare, ma anche una sfera storica.

E attraverso la vita dei personaggi ho compreso innanzitutto la vocazione: la passione per lo studio e per l’insegnamento, insieme, come in una vera e propria unione che dura per tutta la vita.

Ma il libro insegna anche che il destino non sempre è dietro alle cose che ci spaventano maggiormente.

E dimostra come l’amore puro e vero non possa in alcun modo essere sporcato.

Sicuramente non dimenticherò una Nonna speciale, che vorrei poter abbracciare mentre ripete che tutti i soldati sono figli.

E una Donna speciale: Maria Moreno, che spero possa essere ricordata per la sua capacità di unire studi letterari e scientifici, delicatezza e forza d’animo, poesia e quotidianità.

Ovviamente io tendo a focalizzare più i personaggi femminili, ma indubbiamente anche Rodolfo, così come due importanti figure che hanno lasciato un segno nella nostra storia, regalano riflessioni molto interessanti.

Se ti dicessi Renato Caccioppoli?
E se ti dicessi Ettore Majorana?

In un libro così nelle mie corde, poteva mancare il caffè?!
Ovviamente no! Infatti eccolo:

DIARIO DI SCUOLA

DIARIO DI SCUOLA

Devo la lettura di Diario di Scuola di Daniel Pennac a Luciana: GRAZIE Lucy, ti sono davvero grata!

Un diario edito da Feltrinelli, che mi è piaciuto moltissimo e che, a mio parere, dovrebbe essere letto anche a scuola.

Daniel Pennac, o Pennacchioni, è insegnante a Parigi dal 1970 anzi, meglio usare le sue esatte parole:
Si viene a sapere che per un quarto di secolo l’autore ha esercitato la professione di insegnante e che ha scelto questo appartamento affacciato sui cortili di due scuole un po’ come un ferroviere che andasse in pensione sopra una stazione di smistamento.

Anzi, ti dirò di più: senti chi legge queste parole

 

Apro una doverosa parentesi su Bar Sport anche se sicuramente anche tu conosci la Luisona e tutti gli altri personaggi, vero?

Ma torniamo alla lettura e alla frase emblematica della madre di Daniel Pennac: “credi che se la caverà prima o poi?”

Tu andavi bene a scuola? Eri tra gli allievi meritevoli e con la media alta?

Lui decisamente no, eppure è diventato prima insegnante e poi scrittore!

Daniel Pennac ci dice che ciò che ha scritto è la “pura verità” e proprio per questo ho trovato il suo messaggio ancora più importante.

Quale esempio migliore per dare fiducia a tutti coloro che si trovano davanti a percorsi in salita, che si trovano fuori dai comuni “schemi,” che stanno vivendo insuccessi momentanei?

Io sono rimasta entusiasta sia della speranza che infonde questo libro, sia del modo in cui dipinge il vero insegnamento.

Trovo che un’altra sua frase che merita una standing ovation sia questa:
Ho sempre pensato che la scuola fosse fatta prima di tutto dagli insegnanti. In fondo, chi mi ha salvato dalla scuola se non tre o quattro insegnanti?

E ancora:
Invece di raccogliere e pubblicare le perle dei somari che suscitano l’ilarità in tante aule professori, bisognerebbe scrivere un’antologia dei bravi insegnanti. La letteratura non manca di simili testimonianze: Voltaire che rende omaggio ai gesuiti Tournemine e Porée, Rimbaud che sottopone le sue poesie al professor Izimbard, Camus che scrive lettere filiali al signor Martin, suo adorato maestro, Julien Green che ricorda con affetto l’immagine vivida del professor Lesellier, suo insegnante di storia, Simone Weil che fa le lodi del suo maestro Alain, il quale non dimenticherà mai Jules Lagneau che lo introdusse alla filosofia, J.B. Pontalis che celebra Sartre, che “spiccava” così tanto fra gli altri professori …Se, oltre a questi maestri celebri, l’antologia offrisse il ritratto dell’insegnante indimenticabile che quasi tutti abbiamo incontrato a un certo punto del nostro percorso scolastico, forse ne trarremmo qualche lume sulle doti necessarie per la pratica di questo strano mestiere.

A proposito di professori e di diario di scuola giusto recentemente con Eleonora nei commenti, che puoi trovare qui, ricordavamo i gloriosi anni delle superiori raccontando delle decorazioni dei diari.

Tu conservi ancora qualcuno dei tuoi?

Il discorso con Eleonora è poi proseguito anche sui professori, in particolare su quelli che ricordiamo con maggiore stima.

E tu che ricordo hai dei tuoi insegnanti?
Qualcuno di loro è stato particolarmente illuminante o oltremodo ironico?

L’ironia di Daniel Pennac prende vita soprattutto attraverso gli omini stilizzati che disegna che ovviamente mi piacciono moltissimo.

A quanto pare non sono l’unica, tanto che ho scoperto un sito non ufficiale dedicato a Daniel Pennac, e guarda che immagine ha scelto l’autrice! 

Coincidenza?! Io non credo …

 

 

UN MONUMENTO DA RICORDARE

UN MONUMENTO DA RICORDARE

Un monumeto da ricordare ovvero un monumento che deve essere tenuto presente ogni giorno è la frase finale di quello che non potrei mai definire semplicemente “commento” che Nick di Matavitatau ha generosamente scritto in merito alla Repubblica di Weimar

Nel caso in cui tu non lo abbia letto, ti consiglio vivamente di non perderlo: lo trovi qui

Tra l’altro ha anche ridato fiducia a Massimo dato che io dal suo spunto avevo parecchio divagato laughing

Sono assolutamente d’accordo sul concetto di monumento come qualcosa che stia ad indicarci di non dimenticare ciò che è stato, dal momento che troppo spesso non teniamo conto dell’importanza degli insegnamenti che potremmo trarre da quanto è già accaduto.

Invece ricadiamo.

La vita, si direbbe, è fatta di recidive e anche la morte dev’essere una specie di recidiva.
Samuel Beckett

Certo che potremmo lavorare su come arrivare a questa “recidiva finale”… o no?

Eppure perseveriamo nel farci cogliere ingenuamente dalle derive che ci trascinano troppo facilmente nelle risacche dei riflussi storici, che somigliano piuttosto a reflussi, che il male rigurgita dopo essersi cibato impunemente.

Cito ancora: la Repubblica di Weimar rimane lì come monito gigantesco al “come è stato” e al “come è bene che non sia mai più:” studiarla è come vederci allo specchio, oggi che la democrazia è tanto in pericolo proprio per nuove carestie e nuovi razzismi.

Perché dunque non vogliamo guardarci allo specchio con onestà?

Se non altro almeno l’inconscio potrebbe registrare ciò che noi non vogliamo vedere, persino Profondo Rosso ce lo insegna.

 

Si può quindi dire che rifiutiamo consapevolmente di vedere oppure inconsciamente rifuggiamo l’evidenza davanti ai nostri occhi?

Ora divago di nuovo, lo so, ma rimbalzando da uno specchio all’altro mi sono imbattuta in una ricerca del professor Giovanni Battista Caputo dell’Università di Urbino, ribattezzata con il nome di Caputo effect, la conosci già?

Si basa sull’illusione visiva: il professore ha registrato le reazioni di un campione di cinquanta persone alle quali è stato richiesto di osservare la propria immagine riflessa nello specchio per dieci minuti consecutivi.

Lo specchio è stato posto all’interno di una stanza illuminata soltanto dalla luce di una lampada posizionata in modo che la sua luce rimanesse dietro al campo visivo dell’osservatore e che non potesse riflettersi.

I risultati hanno dimostrato visioni distorte e in particolare: la maggior parte ha testimoniato di aver visto distorsioni sul proprio viso.

Alcune persone hanno visto il volto di un genitore, in alcuni casi deceduto.

Altre volti sconosciuti, animali o addirittura esseri mostruosi.

Pensi che potremmo provarci anche noi?

Io più che altro ho preso in considerazione l’idea come metafora.

Secondo te che ruolo ha la lampada?

Come possiamo noi illuminarci meglio per vedere nello specchio?

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