LIKE THE BIRDS OF CINDERELLA’S DRESS

LIKE THE BIRDS OF CINDERELLA’S DRESS

Like the birds of Cinderella’s dress … è il paragone che Sabrina Impacciatore ha utilizzato durante una intervista alla cerimonia per gli Emmy Awards a Los Angeles.

Ascolta tu stessa/o:

Ecco a me piace moltissimo questo suo modo di essere ironicamente squinternata.

Questa attitudine alla risata trascina il buon umore, non trovi?

L’amica perfetta per fare casino …

A proposito di amicizia … hai mai visto “Amiche da morire?”

Direi che la Sicilia risulta un luogo congeniale per Sabrina: la stagione di The White Lotus per la quale Sabrina ha ricevuto una candidatura come miglior attrice non protagonista in una serie drammatica è girata a Taormina.

Nell’intervista Sabrina

oltre a raccontare che il suo abito è stato sistemato durante la notte precedente da sarti like the birds of Cinderella’s dress, dichiara che la sua victoria è essere lì, ma possiamo dire che un altro bel colpo è la partecipazione al prossimo film In the head of Dante con Al Pacino e John Malkovich.

Chissà che non ci sia lo zampino della Fata madrina … 🙂

 

E tu? Hai mai vissuto una favola?

Io più che altro vivo perennemente nei casini, ma non saranno poi proprio quelli la vera fiaba?

Gianni Rodari scrisse:
Le favole dove stanno?
Ce n’è una in ogni cosa:
nel legno del tavolino,
nel bicchiere, nella rosa.

Tu dove riesci a vedere le favole?

 

KCDC su BOLD JOURNEY

KCDC su BOLD JOURNEY

Quando Nina di Bold Journey mi ha contattata inizialmente non credevo potesse essere realmente interessata a me, e le sono grata anche per la pazienza che mi ha riservato.

Bold Journey è un sito che fondamentalmente si occupa di storytelling.

Loro si raccontano così:
ogni problema o dilemma che affrontiamo è stato affrontato da innumerevoli altre persone in passato e quindi volevamo creare un luogo in cui discutere di queste sfide: trovare un modo per prosperare dopo un divorzio, riprendersi dopo un licenziamento, superare la sindrome dell’impostore o sviluppare la capacità di ignorare gli odiatori.

Vivere la vita con coraggio significa esporsi a ogni tipo di rischio: rischio di perdita, rischio di critiche e giudizi, rischio di disagio mentale, emotivo o fisico.

Non c’è da stupirsi che molti di noi siano stati educati a non vivere con coraggio, a non correre rischi, a non spingersi a raggiungere il proprio potenziale più alto.

A nostro avviso, uno dei modi migliori per affrontare queste sfide è imparare dalle storie e dalle esperienze degli altri.

Pensiamo che sia assurdo che, dopo migliaia di anni di civiltà umana, sia ancora così difficile trovare storie legate ai problemi che si possono affrontare in un dato momento.

La nostra missione è creare uno spazio in cui tutti noi possiamo imparare gli uni dagli altri.

Crediamo che le storie, le esperienze e le intuizioni dei nostri vicini, amici e coetanei valgano più di tutta la ricchezza del mondo, perché queste storie sono le fonti di saggezza più rilevanti e autentiche.

Il nostro amore per il formato dello storytelling deriva dalla fondazione di VoyageLA quasi dieci anni fa, dove chiediamo alle persone di condividere la storia della loro vita e di come sono arrivate dove sono oggi.

Man mano che ci siamo espansi nelle città di tutto il Paese, siamo stati colpiti dalla consapevolezza che ci sono così tante lezioni che una persona può imparare da un’altra.

Ora che hai letto, anche tu ti starai chiedendo come sia possibile che abbiano contattato proprio me.

Eppure, qui trovi KCDC.


La prima domanda: “where do you get your resilence from?”

Resilienza.

Resiliènza s. f. [der. di resiliente].

1. Nella tecnologia dei materiali, la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, determinata con apposita prova d’urto: prova di r.; valore di r., il cui inverso è l’indice di fragilità.

2. Nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale.

3. In psicologia, la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.

Per questo mi è piaciuta l’immagine con il Dente di leone: schiacciato in mezzo alle mattonelle ha trovato nella “fuga” il suo spazio vitale.

E tu, da dove hai preso la tua resilienza?

YOU MAKE ME FEEL LIKE IT’S HALLOWEEN

YOU MAKE ME FEEL LIKE IT’S HALLOWEEN

You make me feel like it’s Halloween la prima volta che ho ascoltato questo brano gotico elettronico dei Muse ho pensato a un complimento: mi fai sentire come se fosse Halloween. Forte!

In realtà però il testo della canzone racconta di come ci si sente in trappola.

Pensando a una situazione senza via d’uscita, ti ritrovi a immaginare scenari da film horror?
Sicuramente i Muse hanno giocato con questo concetto.

 

Tributo o parodia?

Il video è stato realizzato a cura di Jesse Lee Stout: Muse Creative Director per Metaform Studio, la regia è di Tom Teller.

I riferimenti sono davvero tanti, vuoi citarne qualcuno tu?

Ci sono varie interpretazioni di You make me feel like it’s Halloween, alimentate anche dalla frase finale: but you are the caretaker cioè “ma sei tu il custode.”

In una intervista Matt Bellamy ha scherzosamente dichiarato che c’erano troppe canzoni sul Natale ed era tempo che qualcuno celebrasse qualche altra festa, come Halloween ad esempio. 

Tu cosa ne pensi?

Indubbiamente i Muse nel corso di questi venti anni costellati dai loro successi ci hanno abituati a ben altre emozioni.

Personalmente sono sempre stata colpita in primo luogo dalla carica potente che Matthew Bellamy & Co. Riescono a tramettere, ma anche dall’estro che li contraddistingue unito ad un genere del tutto esclusivo che inizialmente rendeva complicato incasellarli in un genere musicale definito.

Qual è la tua preferita tra le loro canzoni?

Lo so, non è facile scegliere, io non riesco a stilare classifiche, sebbene abbia un legame speciale con alcuni dei loro brani.

Alla luce di questo possiamo forse riconsiderare You make me feel like it’s Halloween più per il messaggio che per le citazioni horror, sei d’accordo?

Il 26 ottobre i Muse saranno all’ Alcatraz di Milano  ottimo modo per sentirsi in Hallooween mood.

E tu? Quando ti senti come se fosse Halloween?

NIENTE PATRIMONIO UNESCO

NIENTE PATRIMONIO UNESCO

Niente patrimonio UNESCO per l’espresso.
La candidatura è stata respinta.
Bocciata.
Non ammessa.
Qual è la dicitura più corretta?

Sicuramente è più cortese dire che la candidatura The Italian Espresso Coffee between culture, ritual, sociality and literature in the emblematic communities from Venice to Naples non è stata ammessa dalla commissione dal Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, che ha preferito l’Opera.

Ovviamente siamo tutti d’accordo sul fatto che l’arte del canto lirico merita.

Ma il caffè proprio “non ci stava?” Peccato.
Rimane comunque un patrimonio per noi.

A questo punto il pensiero corre alle bocciature clamorose.

La prima che mi viene in mente è il famoso provino di Meryl Streep per King Kong.

Qui ce lo racconta lei direttamente

Oppure possiamo citare Fazi Editore e l’intervista a Elido Fazi
Gore Vidal mi aveva segnalato Dan Brown. Ci arrivò il suo libro sei
mesi prima che uscisse in America. Lo leggemmo distrattamente e non ne facemmo niente.

In altre parole possiamo dire che “leggere distrattamente” nuoce.

Ogni volta che penso alle sottovalutazioni mi torna in mente Shirey MacLaine e la battuta ricorrente nel film The Last Word “i Kinks sono la band più sottovalutata di sempre.”

Molti infatti si sono stupiti della scelta di David Gilmour che in una intervista del 2003 alla BBC ha indicato Waterloo Sunset come la prima delle canzoni che sceglierebbe per un’isola deserta.

Vuoi raccontarmi qualche aneddoto anche tu?

O magari hai anche una esperienza personale, di bocciatura o meglio ancora di rivincita?

Anzi, più che di rivincita o di rivalsa, mi piacerebbe parlare di rinascita

Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno.
Pablo Neruda

Che ne dici?

E TRIESTE?

E TRIESTE?

 

Trieste è la capitale non ufficiale del caffè.

Lo leggo su un sito estero però: BBC Travel

Girovagando in cerca di conferme, al di là della storia che riporta all’Impero Austroungarico, parrebbe che illy, più che Trieste, abbia incluso nel 2015 la qualifica di capitale nella presentazione in occasione dell’Expo

Sempre nel 2015, presso il Salone degli Specchi è stata allestita una mostra virtuale collegata ad Expo di cui illy era partner ufficiale, in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia e il Comune e la Camera di Commercio di Trieste, che riporta proprio la dicitura di capitale.

In una intervista a Trieste Prima Franco Bazzarra altro imprenditore della torrefazione dichiara: spesso mi chiedono se Trieste possa davvero essere considerata la capitale italiana del caffè espresso. Rispondo sempre che lo è, senza remore.

Con buona pace di Napoli? Non direi proprio.

Il Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha presentato le candidature a patrimonio culturale immateriale dell’umanità del Rito del caffè espresso italiano tradizionale, che è anche vera e propria arte, e in subordine quella della Cultura del caffè napoletano, realtà tra rito e socialità, ed la approvazione all’unanimità è notizia fresca fresca.

Il caffè napoletano è in subordine per una questione di tempistica relativa alla presentazione delle proposte.

In tutto ciò direi però che dopo le tre c di Napoli, il caffè per i Milanesi, e i dettagli su Dublino, ora è proprio il caso di scoprire che cosa rappresenta il caffè per i triestini.

Una prima risposta forse la fornisce il sito del comune di Trieste che riporta: “Il triestino ‘sente’ il caffè come ‘casa propria’”

Tu hai qualche esperienza più diretta?

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