FELICITY ACE

FELICITY ACE

 

Quando si dice che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare …

Dagli oceani blu sosteniamo la vita delle persone e garantiamo un futuro prospero.

Questa è la frase centrale che appare sul sito della Mitsui OSK Lines, che risulta la domiciliazione della Snowscape Car Carriers SA, Tokyo, Giappone. 

Eppure la loro Felicity Ace non porta felicità, al contrario, si è rivelata un terribile asso di picche.

Questa nave cargo, battente bandiera panamense, è affondata al largo delle isole Azzorre.

Il sito della Marina Portoghese riporta una sequenza fotografica

La SMIT Salvage Pte Ltd. in data 18 febbraio pubblica il seguente documento:
Un team di sedici esperti della controllata SMIT Salvage è stato mobilitato ieri ed è presente alle Azzorre dove al momento è in fiamme la grande nave con un carico di auto Felicity Ace. La nave era in rotta dalla Germania agli Stati Uniti quando è scoppiato l’incendio. L’intero equipaggio è stato evacuato in sicurezza e grandi attrezzature sono in viaggio dalla Spagna e dai Paesi Bassi per assistere nella lotta antincendio.

Sempre il 18 febbraio, la Mitsui OSK Lines comunica tramite il proprio sito una divulgazione di informazioni sull’incidente FELICITY ACE che riporta:
La nave cargo FELICITY ACE operata da MOL ha subito un incendio durante la navigazione nell’Atlantico il 16 febbraio e tutto l’equipaggio è stato evacuato dalla nave in sicurezza. Le informazioni relative a questo incidente saranno divulgate nel seguente sito web.
MOL si rammarica per il disagio e la preoccupazione causati. MOL farà ogni sforzo per contenere i danni e risolvere la situazione come priorità principali.

Segue un secondo comunicato in data 02 Marzo:
Mentre la nave veniva rimorchiata in un’area sicura dal 25 febbraio, è affondata il 1° marzo dopo aver subito un’inclinazione a dritta.

Sul sito preposto viene elencata una cronologia temporale degli eventi che racconta di un incendio scoppiato a bordo.

La dichiarazione che si susseguono continuano a riportare: si presume ancora in fiamme.

Fino al 25 febbraio: il fumo non è più visibile.

Dal 16 febbraio al 25 febbraio sono 9 giorni.

Il 1° marzo viene dichiarato che la nave è affondata.

Ieri, 7 marzo: la nave è affondata il 1 marzo intorno alle 9:00 ora locale a circa 220 miglia nautiche al largo delle Azzorre dopo aver subito un’inclinazione a dritta.
Il velo d’olio che è stato confermato al momento dell’affondamento della Nave rimane sulla superficie del mare, diffondendosi in modo sottile e scomparendo gradualmente, ma non è stato confermato alcun nuovo velo d’olio.
Dopo aver consultato le autorità competenti, i mezzi di rimorchio e salvataggio hanno lasciato il sito il 5 marzo e continueranno a monitorare l’area con l’osservazione regolare da satellite e aerei.

Un sottile velo d’olio.

Come se fosse tutto qua.

Sul sito EMSA non compare nulla.

Le auto trasportate erano auto elettriche, una probabile causa scatenante dell’incendio potrebbe essere proprio costituita dalle batterie al litio, che richiedono attrezzature speciali per estinguersi, come ha dichiarato il capitano Joao Mendes Cabecas del porto di Hortas intervistato dalla Reuters

Il Gruppo di Lavoro dei Vigili del fuoco ha stilato un vademecum informativo che spiega in particolare il Thermal Runaway e il rischio di incendio ed esplosione delle batterie agli ioni di litio.

Tu sai come si “smaltisce” una batteria?

Riporto testualmente dal sito Cobat cioè il Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste e i Rifiuti Piombosi che spiega la Pirometallurgia.
L’impianto recupera metalli come nichel, cobalto e rame, liquefacendo i componenti della batteria ad alta temperatura.
Litio e alluminio rimangono nei residui.
Per recuperare il litio, sono necessarie ulteriori (costose) fasi di lavorazione.

La stessa Area Ambiente della Comunità Europea dichiara che le batterie Li-ion pongono una speciale minaccia, in quanto contengono un’elevata percentuale di metalli pesanti pericolosi.

Sempre la fonte Reuters parla di un totale di circa 4000 automobili, tutte di lusso: Porche, Audi, Bentley … con una presumibile quantità di accumulatori batteria non certo indifferente.

Non so tu, ma per me quel “velo d’olio” non è copra quello che è finito sul fondo del mare.

È davvero questo l’impatto zero che ci raccontano?

COLTAN

COLTAN

La Treccani ci dice che Coltan è un termine con cui, per contrazione, si identifica la columbo-tantalite, minerale nero metallico composto da columbite e tantalite. È una delle combinazioni in cui è possibile rintracciare il tantalio, metallo con cui si realizzano condensatori di piccole dimensioni ma molto efficienti (essenziali quindi in dispositivi portatili quali telefoni cellulari e computer, nonché nell’elettronica per l’automobile), ragione per la quale il coltan è diventato una materia assai ricercata.

In Congo, e in particolare nella zona di confine con Ruanda e Uganda, ci sono le miniere Luwow tristemente note per lo sfruttamento dei lavoratori e per l’orrenda piaga del lavoro minorile.

Amnesty International riferisce una stima Unicef del 2014 ma possiamo presumere che il numero sia sottostimato, dato il continuo esponenziale aumento di devices elettronici in circolazione.

Abbiamo ancora tutti impresso nella mente il nome Congo belga, che ci riporta direttamente al controllo dei territori cessato in tempi recenti come testimonia anche questo video dell’Istituto Luce datato 1960:

Un ricordo che per me si colloca sui banchi delle scuole elementari è: Zaire, il nuovo nome a partire dal 1971.
La decisione viene presa da Mobutu che in una sorta di girandola politica tra avvicendamenti di Repubbliche e dittatura di fatto, è rimasto fino al 1997 figura ambigua in contrasto tra: il ruolo di padre della patria che intendeva ricoprire, e un profilo autoritario e corrotto.

La neonata Repubblica Democratica del Congo però non vede profilarsi la pace, e la corsa all’accaparramento del coltan aggrava sia il già duro conflitto interno su basi etniche, che quello con i confinanti Ruanda, Uganda e Burundi.

Con la dichiarazione del suo Presidente del 2 giugno 2000, il Consiglio di Sicurezza chiede al Segretario Generale di istituire un gruppo di esperti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali e di altre forme di ricchezza della Repubblica Democratica di il Congo, per un periodo di sei mesi, con il seguente mandato:
– Dare seguito alle segnalazioni e raccogliere informazioni su tutte le attività di sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza della Repubblica Democratica del Congo, anche in violazione della sovranità di quel paese;
– Ricercare e analizzare i legami tra lo sfruttamento delle risorse naturali e altre forme di ricchezza nella Repubblica Democratica del Congo e la continuazione del conflitto;
– Per tornare al Consiglio con raccomandazioni.

Con questa lettera datata aprile 2001 Kofi Annan presenta il suo Rapporto del gruppo di esperti sullo sfruttamento illegale delle risorse naturali e altre forme di ricchezza della Repubblica Democratica del Congo.

Un rapporto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 2003 denuncia che i proventi dello sfruttamento del coltan da parte degli stati avversari sono serviti a finanziare i propri eserciti contro il Congo stesso.
Oltre al fatto che le operazioni di ricerca ed estrazione del coltan da parte di forze ribelli, hanno provocato in Congo gravi danni ambientali all’interno di riserve e parchi nazionali.

Le principali multinazionali fondamentalmente dichiarano di non essere connesse allo sfruttamento, ma in fondo basterebbe risalire la corrente di società in società per arrivare alla fonte.

Afrewatch cita una causa:
Lo scorso dicembre, un avvocato statunitense ha intentato un’azione legale collettiva per conto di 13 famiglie congolesi in un tribunale di Washington. In particolare, critica Apple, Alphabet, Dell, Microsoft e Tesla per l’utilizzo del cobalto nonostante sappia che è stato estratto con la forza dai bambini. Questa causa potrebbe spingere i minatori di materie prime e le società tecnologiche che hanno bisogno di cobalto a rinunciare a procurarselo da minatori artigianali. Glencore, che domina il mercato, sta seguendo questa strategia per non essere più associata al lavoro minorile.

Il sito Glencore infatti ci parla soltanto di Australia o Canada presentando nella home sostenibilità, giornata internazionale di donne e ragazze, giornata internazionale dell’educazione e diritti umani.

Lo stesso dicasi per Trasfigura che si presenta con un programma e una catena di approvigionamento responsabile.

Ma allora, dove finisce il coltan congolese, che viene stimato rappresentare la maggior quota in percentuale rispetto alla produzione totale?

Questo grafico de Il sole 24 ore è piuttosto esaustivo.

Allo stesso modo Reuters dettaglia i profili di alcune società cinesi: China Molybdenum Luoyang Co Ltd e Zhejiang Huayou Cobalt Co Ltd, e anche in questo caso in calce appare la diciturala cinese Huayou Cobalt non acquisterà cobalto artigianale da due miniere nella Repubblica Democratica del Congo fino a quando non sarà sicura che il materiale che producono è esente da violazioni dei diritti umani secondo standard che saranno decisi dall’industria.”

Chissà se possiamo sperare che alla teoria segua la pratica.

Ho già citato enti, associazioni, consigli di sicurezza, società e quant’altro, eppure nelle miniere di Luwow si continuano a sfruttare oltre ogni limite persone, e addirittura bambini, sotto gli occhi di tutti. O forse dovrei dire sotto gli schermi di tutti, compreso il mio, dal quale ti sto scrivendo.

Sul caso cobalto RDC International rights Advocates scrive: a nome dei bambini minatori, la causa richiede che le aziende paghino risarcimenti e finanzino programmi di riabilitazione ed educazione per le famiglie dei bambini minatori uccisi o mutilati dalle terribili condizioni nelle miniere di cobalto. Apple, Alphabet (Google), Dell, Microsoft e Tesla sono tra le aziende più ricche e potenti del mondo.

Queste aziende pretendono di essere verdi e futuristiche, ma i loro prodotti sono Powered by Blood Cobalt. I consumatori che acquistano questi prodotti dovrebbero chiedere alle aziende di aggiustare la loro catena di fornitura piuttosto che passare anni a combattere in tribunale per evitare la responsabilità per il Blood Cobalt che i loro prodotti attualmente utilizzano per funzionare.

I consumatori siamo noi.

Concludo con la citazione che mi ha mandato Massimo:
Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che la felicità
non sia sempre
così divertente
se non t’importa un po’ d’inferno
di tanto in tanto
proprio quando tutto va bene
perché perfino in paradiso
non si canta tutto il tempo
Il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa che qualcuno muoia sempre
o forse solo muoia di fame
ogni tanto
cosa che poi non è così terribile
se a morire non sei tu
Oh il mondo è un posto bellissimo
in cui nascere
se non t’importa troppo
di alcune teste perse
nei posti di comando
e a una o due bombe
di tanto in tanto
sul tuo viso alzato
o ad altre simili scorrettezze
a cui questa nostra società “di marca”
si dedica
e con i suoi uomini che vogliono distinguersi
e con quelli destinati ad estinguersi
e i suoi preti
e altri poliziotti
e le sue svariate segregazioni
e indagini parlamentari
e altre costipazioni
di cui la nostra povera carne è erede
Sì il mondo è il posto migliore di tutti
per un sacco di motivi come
far una scena da ridere
e far una scena d’amore
far una scena di tristezza
e cantare canzoni con toni bassi
e avere l’ispirazione
e andare in giro
a guardare tutto
e odorare i fiori
e dare una pacca sul sedere alle statue
e perfino pensare
e baciare la gente e
fare bambini e indossare pantaloni
e agitare capelli e
ballare
e andare a nuotare nei fiumi
o durante un picnic
nel pieno dell’estate
e così in generale
“viversela”

ma proprio sul più bello
arriva ridendo
l’impresario delle pompe funebri.
Lawrence Ferlinghetti

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