E POI SAREMO SALVI

E POI SAREMO SALVI

Con E poi saremo salvi ritorno a ringraziare Monica e a parlare di premio Strega

E poi saremo salvi è il romanzo di esordio di Alessandra Carati, edito da Mondadori, vincitore del premio Opera prima Viareggio Rèpaci e tra i primi sette libri finalisti per il premio Strega 2022.

Andrea Vitali, celebre scrittore di Bellano, ha proposto e presentato il libro.

La salvezza raccontata da Alessandra Carati viene cercata a causa della guerra in Bosnia attraverso una fuga verso l’Italia, ma la caratteristica di questo romanzo è proprio la capacità di rendere bene l’idea di come essere in salvo non significa essere salvi.

E ci si ritrova a riflettere sulle radici, o forse meglio dire sullo sradicamento, e su come non c’è nessun posto al mondo in cui si possa fuggire dal dolore.

Un dolore che si manifesta in modi diversi è che è l’unico vero “arbitro.”

Alessandra ci racconta la storia di Aida per episodi, un po’ come quando noi ricordiamo “quella volta che.”

E tra una volta e l’altra la vita scorre.

E tra una volta e l’altra la famiglia muta, pur rimanendo un punto fermo, a tratti lontano, come la terra di origine.

La riflessione che mi lascia questa lettura riguarda la impossibilità di lasciarsi alle spalle il dolore, di qualsiasi genere sia.

Non possiamo impedire che il dolore sia parte di noi, possiamo solo scegliere come conviverci.

La salvezza, poi, di questo libro, si ricongiunge con un altro Premio Strega: il libro di Daniele Mencarelli Tutto chiede salvezza, non soltanto per affinità di titolo, ma anche per il tema trattato.

Ci sono infatti tanti tipi di salvezza a diversi livelli.

Trovo emblematiche queste parole di Pablo Neruda:
Se niente ci salva dalla morte, che almeno l’amore ci salvi dalla vita.


Però mi colpiscono anche queste due interpretazioni, fondamentalmente simili:

La salvezza umana giace nelle mani dei creativi insoddisfatti.
Martin Luther King

L’unico strumento che può salvarmi la vita è l’immaginazione.
Alejandro Jodorowsky

Tu ti sei sentita/o salva/o quando?

LA BAMBINA DIMENTICATA DAL TEMPO

LA BAMBINA DIMENTICATA DAL TEMPO

Questo libro è stata una scelta di Lorenzo.
Edito da Uovonero
La bambina dimenticata dal tempo è stato scritto da Siobhan Dowd: nata a Londra da genitori irlandesi.

Ed è proprio l’Irlanda, in particolare l’Irlanda del nord, che la lettura ci porta a scoprire e a conoscere.

La storia per così dire “principale” si svolge nel 1981 e si ispira a fatti realmente accaduti a Long Kesh.

In qualche modo ritorno dunque a parlarti di The Troubles ma non solo.

In questo libro si trovano Famiglia, Onestà, Amicizia, Speranza, Sacrificio, ma anche sorpresa perché molto spesso le cose non sono come sembrano.

Siobhan Dowd è stata vincitrice del Premio Andersen nel 2012, finalista al Premio Strega e le è stata conferita la Carnegie Medal postuma.

purtroppo un cancro le ha impedito di continuare a scrivere interrompendo la sua vita a 47 anni.

La sua storia personale mi ha colpita molto e come mi capita spesso, le sensazioni che avverto mi portano a ritrovare dettagli che in qualche modo trovano una ricollocazione nella mia storia e nel mio mondo.

Nel 1984, anno che occupa un posto particolarmente importante tra i miei ricordi, Siobhan entra a far parte del PEN International organizzazione che si occupa di celebrare la letteratura, difendere la libera espressione (e lo sottolineo perché ultimamente sta diventando un concetto molto meno scontato), proteggere gli scrittori a rischio, supportare gli scrittori in esilio, promuovere i diritti linguistici.

Con i guadagni e le royalties per la vendita dei suoi libri Siobhan ha voluto dare ai giovani l’opportunità di leggere e apprezzare la letteratura fondando The Siobhan Dowd Trust a sostegno di progetti meritevoli.

Amore per la scrittura, amore per la libertà, amore per i ragazzi, amore per l’Irlanda = massima stima.

E riguardo a “la bambina dimenticata dal tempo” … cos’altro possono significare queste parole?

L’ACQUA DEL LAGO NON È MAI DOLCE

L’ACQUA DEL LAGO NON È MAI DOLCE

Ed eccoci di nuovo a parlare del Premio Strega, anche se in questo caso mancato, nonostante da più parti si siano moltiplicati pronostici e tifoserie in favore del libro L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito Edizioni Bompiani.

Ancora una volta per questa lettura devo ringraziare Monica che dopo avermi raccontato le sue impressioni mi ha detto “però voglio sapere cosa ne pensi tu.”

In primis ho adorato il modo in cui l’autrice si è liberata della formula dialogo/virgolette inserendo anche i discorsi in forma diretta in un unico flusso ininterrotto di parole.

Più che un lago, in effetti un fiume, uno scorrere serrato, una corrente trascinante dalla quale il lettore si lascia condurre pago di una costante assenza di staticità, che al contrario costituisce una preponderante caratteristica del lago.

L’acqua del lago è anche tipicamente fredda, e se da un lato ho davvero ammirato la scrittura, per quanto mi riguarda non sono riuscita ad immergermi.

Ho letto il libro con quella curiosità che accelera la lettura, e per tutto il tempo ho avuto la sensazione che avrei trovato nelle pagine successive qualcosa di oscuro, come le profondità lacustri che lasciano quel perenne senso di inquietudine, ma non è stato così.

O meglio, Giulia Caminito ha descritto la cattiveria nella sua presenza celata ma latente all’interno dell’animo umano. Eppure è come se insieme alla consapevolezza, andasse ricercata anche l’intenzione.

La narrazione in prima persona non svela mai il nome della protagonista, che apparirà soltanto come firma ad una lettera, e allo stesso modo cela l’io profondo, che tanto quanto il presepe subacqueo, giace sommerso manifestandosi soltanto in alcuni momenti che però rimangono sospesi, tronchi come moli che forniscono solo lo slancio per tuffarsi.

Non ci sono mai conseguenze, tutto scorre, tutto procede nell’indifferenza.

Per cui alla fine io mi paragono ai “limoni abbandonati fuori dal cancello” (citazione dal libro) … chiedendomi se non fosse questo il vero intento.

Ti consiglio anche la valutazione “pro e contro” di Matavitatau che parte dall’analisi delle note finali.

Leggendo le note però il mio pensiero ha deviato un po’ la rotta per focalizzarsi principalmente su un tema che mi sta molto a cuore, e che riconduce al personaggio che in me ha suscitato maggiore empatia: Iris.

Se hai già letto, o leggerai il libro, ne capirai sicuramente il motivo. Aspetto dunque di sapere come trovi tu l’acqua del lago.

Curiosa coincidenza: proprio del lungolago di Anguillara mi aveva parlato Loredana regalandomi anche la foto della sua tazzina di caffè che in caso ritrovi qui

Sentiti pure libera/o di mandarmi la tua tazzina preferita quando vuoi: mi farà piacere condividere altri bei viaggi di tazzina in tazzina …

TUTTO CHIEDE SALVEZZA

TUTTO CHIEDE SALVEZZA

Questo libro, dopo Il colibrì e Febbre chiude la trilogia di Monica sui Premi Strega.

Tutto chiede salvezza: già il titolo stesso racchiude un universo di considerazioni, eppure porta il lettore dove non avrebbe pensato di andare.

Personalmente nella vita ho imparato presto l’intensità della fratellanza che nasce nelle camere d’ospedale, quando persone totalmente sconosciute si ritrovano a stretto contatto e la comune condizione di sofferenza annulla i percorsi di conoscenza standard, facendo sì che nel giro di poche ore ci si ritrovi catapultati nella vita degli altri in maniera forte e in molti casi indelebile.

Tuttavia non avevo mai conosciuto questo tipo di reparti, e sono grata a Daniele Mencarelli per tutto ciò che con il suo libro mi ha insegnato.

Mai volgere lo sguardo da un’altra parte, mai evitare di chiedersi il MOTIVO di comportamenti che non ci sappiamo spiegare, perché un motivo ci deve sempre essere, per quanto, nella cecità del modus vivendi standard, risulti incomprensibile ai più.

Alla base di tutto c’è la sofferenza, e ancor più la sensibilità. Estrema, allo stato più puro e intenso.
Una sensibilità che non trova spiegazioni nel mondo cinico e che, ignorata, si manifesta in forme immobilizzanti, o, all’opposto, violente.

Mi è rimasto il desiderio di sapere cosa succede dopo quei cinque giorni, non solo a Daniele, ma anche a tutti gli altri personaggi, vorrei poter leggere che ognuno di loro riesce a risolvere il più grande dilemma: la vita.

Vorrei che la salvezza chiesta venisse concessa.

Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.
Alda Merini

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