LA SOTTILE ARTE DI FARE QUELLO CHE C***O TI PARE

LA SOTTILE ARTE DI FARE QUELLO CHE C***O TI PARE

La sottile arte di fare quello che c***o ti pare è il libro scritto da Mark Manson: tre volte autore di bestseller n. 1 del New York Times.

I suoi libri hanno venduto circa 20 milioni di copie, sono stati tradotti in più di 65 lingue e hanno raggiunto il numero uno in più di una dozzina di paesi.

Nel 2023, un lungometraggio sulla sua vita e le sue idee è stato distribuito in tutto il mondo dalla Universal Pictures.

Numeri impressionanti in effetti.

La sottile arte di fare quello che c***o ti pare ha ricevuto anche endorsement da personaggi molto famosi.

Il mio grazie va piuttosto a Elisa Mirko e Diego per avermelo regalato.

Un titolo che definire accattivante è un eufemismo, inutile dire che il mio primo pensiero è stato: io, con tutte la mia moltitudine di paranoie, ho sicuramente molto da imparare.

Tu riesci sempre a fare ciò che vuoi?

In realtà il titolo originale è The Subtle Art of Not Giving a F**k e io lo intepreterei più come fregarsene, piuttosto che fare ciò che si vuole.

Non è esattamente la stessa cosa, o sbaglio?
La differenza è sottile come “l’arte” descritta nel libro.

Nella mia vita me ne sono fregato di tante persone e di tante cose … E quei chissenefrega che non ho detto hanno fatto la differenza. Questa è la frase con la quale l’autore introduce la presentazione del libro sul suo blog.

Sì: blog. Tutto è iniziato da un blog che Mark Manson ha aperto perché desiderava essere un nomade digitale.

Indubbiamente è stato capace di realizzare ampiamente il suo desiderio.

Indubbiamente è stato capace di mantenere un notevole equilibrio, cito le sue parole: perché quando scegliamo di fregarcene di tutto, allora ci sentiamo come se avessimo perennemente il diritto di sentirci a nostro agio e felici in ogni momento, ed è allora che la vita ci fotte.

Ecco, io forse sono troppo squilibrata: non sono stata capace di farmi coinvolgere dalla lettura, devo essere una causa inesorabilmente persa.

E dire che questa frase mi piace molto: fregarsene non significa essere indifferenti, significa sentirsi a proprio agio nell’essere diversi.

Un concetto che racchiude molto più di quanto io abbia saputo trarre dal libro, senza nulla togliere a tutti i giusti concetti che propone.

Raccontami tu quanto si senti a tuo agio nel fare ciò che ti pare, seti tu che dirigi la tua vita o è la tua vita che dirige te?

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

Immagina di sederti e prendere il tuo libro preferito. Guardi l’immagine sulla copertina, fai scorrere le dita sulla superficie liscia e senti l’odore familiare mentre sfogli le pagine. Per te, il libro è composto da una serie di apparizioni sensoriali.

Con un incipit come questo tu a cosa pensi?

Io ne sono subito rimasta attratta ed ho proseguito la lettura:

Ma ti aspetti anche che il libro abbia una sua esistenza indipendente dietro quelle apparenze. Quindi, quando metti il libro sul tavolino e entri in cucina, o esci di casa per andare al lavoro, ti aspetti che il libro abbia ancora l’aspetto, la sensazione e l’odore proprio come quando lo avevi in mano.

Hai mai pensato diversamente?
Dove ci sta portando questa domanda?
Se non avessi “spoilerato” attraverso il titolo, lascerei quasi in sospeso curiosa della tua risposta.

L’articolo, che ti consiglio di proseguire qui si intitola “La realtà è un gioco di specchi quantistici? Una nuova teoria aiuta a spiegare il gatto di Schrödinger.”

Anche grazie ad una citazione dal nuovo libro di Carlo Rovelli si parla di questa teoria utile a capire in maniera molto semplificata il concetto del principio di indeterminazione della meccanica quantistica.

Naturalmente queste informazioni mi arrivano sempre da Massimo, perché io sono piuttosto nel caos già considerando una dimensione soltanto … eppure in questo caso, anche una mente meno geniale come la mia riesce ad afferrare in maniera basilare questo concetto.

Su Nature è stata pubblicata una ricerca dell’Università di Yale a cura principalmente di Zlatko Minev secondo la quale è possibile prevedere il salto quantico e dunque sapere prima di aprire la scatola.

Ma indipendentemente da questo io mi vorrei soffermare sull’idea di due diverse versioni opposte, eppure entrambe vere.

Il gatto è vivo e morto contemporaneamente.

Un po’ come una sorta di estremizzazione delle famigerate Sliding Doors.

Trovandomi in un momento particolare della vita, con l’aggravante di essere una indecisa cronica, dovrò inevitabilmente prendere delle decisioni cruciali.

Tu sei risoluta/o o recrimini?
Attribuisci gli eventi al caso, al destino, oppure pensi mai che qualcosa sarebbe potuto andare diversamente?
La famosa domanda e seper te è soltanto un viaggio mentale?

Sei fatalista o invece vorresti poter richiudere il coperchio della scatola per salvare il gatto?

LUPO BIANCO O LUPO NERO?

LUPO BIANCO O LUPO NERO?

 

Nel periodo in cui stiamo vivendo, tra i numerosi aspetti che hanno preso il posto di quella che era la nostra quotidianità prima, si osservano anche forme di comportamento non esattamente sociali, per non dire per nulla amichevoli.
In effetti l’idea che il vero io di alcune persone affiori soltanto in casi di emergenza o di forzatura, è latente da sempre, ne entriamo in contatto attraverso detti oppure leggende, proprio come quella del lupo bianco che è gioia, amore della pace, speranza di serenità, umiltà, benessere, benevolenza, empatia, generosità, verità, compassione e fede; o del lupo nero che è rabbia, invidia, gelosia, dispiacere, rimpianto, autocommiserazione, avidità, arroganza, colpa, risentimento, inferiorità, bugie, falso orgoglio, superiorità ed ego.
L’origine ufficiale si perde nel tempo: la fonte è stata tramandata oralmente, ma ho trovato questa Tale of the two wolves (Racconto dei due lupi).
Ogni individuo ha dentro di sé entrambi i lupi e dei due vincerà colui che si deciderà di sfamare.
Dunque il libero arbitrio.
Concetto tanto ampio quanto dibattuto.
Tra le innumerevoli discussioni che si perdono nella storia, tra natura e cultura, tra filosofia e scienza, riemerge un esempio: l’esperimento di Stanford.
Nel 1971 un giovane professore di psicologia dell’università di Stanford: Philip Zimbardo ricreò una prigione nel seminterrato dell’ateneo e selezionò 24 studenti tra 70 candidati che si erano offerti, facendo vari test che ne accertassero ad esempio l’assenza di malattie, di dipendenze, e di precedenti penali. Questi studenti vennero suddivisi equamente e in maniera casuale in due gruppi: carcerati e guardie.
Lo scopo era dimostrare l’impatto delle variabili situazionali sul comportamento umano.
L’effetto Lucifero, questa è la definizione data al risultato dell’esperimento, interrotto dopo soli 6 dei 14 giorni previsti, a causa di episodi vessatori e violenti da parte delle guardie nei confronti dei carcerati.
Questo effetto è stato indotto anche dalla de-individualizzazione: le guardie nel ruolo istituzionale, dietro divisa e occhiali a specchio, che conferivano una sorta di anonimato individuale appunto, hanno mostrato di lasciar emergere il loro lato peggiore.
Lo stesso ZImbardo ha dichiarato di essersi fatto prendere dal ruolo di direttore del carcere e proprio l’accusa di aver indotto e pilotato alcune dinamiche, ha portato copiose critiche e tesi a confutare la validità dell’esperimento.
Dunque ora, assistendo a svariate tipologie di sfoghi non solo virtuali, forse possiamo considerare il fatto che alcune persone si sentano “prigioniere” e altre assurgano il ruolo di “guardie”.
Quello che possiamo fare è cercare di rimanere noi stessi e di non sfamare il lupo cattivo … e nemmeno l’effetto Lucifero.

 

 

 

LA RANA È BOLLITA?

LA RANA È BOLLITA?

In questi giorni in cui siamo sottoposti a centrifughe di informazioni sparate a velocità accelerata, ci si ritrova a pensare anche a quanti diritti sanciti dalla nostra Costituzione sono stati sospesi dai decreti con quella sigla finora inusuale: DPCM.
La nostra Costituzione in effetti non prevede la dichiarazione dello stato di emergenza, e rimanda semplicemente al Codice della Protezione Civile, a tale Codice infatti si fa riferimento nella ormai famigerata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio.
I nostri padri costituenti non ritennero opportuno inserire clausole di emergenza ritenendo che l’eventuale conferimento di pieni poteri ad un organo specifico, oppure la legittimazione della limitazione, o addirittura della sospensione dei diritti dei cittadini, avrebbero potuto rappresentare un pericolo nel caso di possibili rischi di dittatura.
Emergenza è per definizione una circostanza imprevista, un concetto dunque che di fatto rimanda ad un momento critico, ad una particolare condizione che richiede intervento immediato.
Indubbiamente quella che stiamo vivendo è una serie di eventi del tutto incomparabili e sarebbe opportuno cercare di mantenersi focalizzati sui punti fermi: cioè i dati certi.
Costa solo qualche secondo andare a leggere dalle fonti ufficiali.
Ciò che è reale e corretto aiuta chiunque a fare le proprie riflessioni al riparo della grancassa di alcuni media che alimentano panico e conseguenti comportamenti fuori luogo e, dal verso opposto, contribuisce a rispondere alla domanda del titolo.
La rana bollita è il famigerato principio metaforico di Noam Chomsky secondo il quale se
Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.
Questo pentolone ha una ulteriore caratteristica inquietante: le sue dimensioni. Coinvolge tutto il mondo.
“Essere bolliti” ha però anche un altro senso gergale, almeno a quello possiamo senza dubbio porre rimedio.

 

 

Pin It on Pinterest