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Tecnicamente la definizione di shout songs rimanda al genere Gospel: canto religioso fortemente ritmico della tradizione popolare afroamericana, caratterizzato da canti o grida di risposta tra il leader e la congregazione.

Grida dunque: shout.

Grida di invocazione, possiamo dire di tipo gioioso.

Se però penso a shout songs immediatamente si materializzano nella mia mente canzoni completamente diverse.

Canzoni per me irresistibili, nel senso che quando le ascolto mi sento fortemente coinvolta e mi ritrovo a cantare con una enfasi tesa ad una espressione di tipo inequivocabilmente liberatorio.

Grida che trascinano fuori un carico di emozioni.

Qual è la shout song per antonomasia secondo te?

Vagando per il web in cerca di risposte, il pezzo citato maggiormente mi ha lasciata in un certo qual modo perplessa.

In realtà è una delle canzoni nell’indice della mia Formula di Erone, quindi ha un significato particolare per me, ma per la mia visione non corrisponde esattamente all’idea di shout song: Won’t Get Fooled Again – Roger Daltrey – The Who.

Che ne pensi?

Proseguendo in una sorta di statistica dei brani più citati, mi sono resa conto che un’alta percentuale tra questi è nel mio indice

Un caso? Sicuramente no: ovviamente tutto si riconduce alla mia visione della musica.

Tu invece cosa preferisci cantare?
Lo so, dovrei usare il verbo ascoltare, ma shout songs prevede un ulteriore livello di coinvolgimento.

A proposito di coinvolgimento, colgo l’occasione anche per parlare di Emily Armstrong.

 

shout songs


Il suo canto ha urlato una responsabilità enorme: salire sul palco insieme ai Linkin Park.

Sicuramente nessuno ha preso in considerazione il pensiero di una sostituzione: impossibile, ma rimaneva comunque una enorme perplessità.

Per questo ho apprezzato la frase di Mike Shinoda: la voce di Chester Bennington siete voi.

Siamo noi la voce di chi ci ha lasciato.

All’opposto delle urla, c’è chi ha scelto il silenzio, nientemeno che mille artisti: 1,000 UK Artists

 

shout songs

Questi mille artisti inglesi hanno pubblicato un album composto da 12 tracce dal titolo Is that what we want?

Ecco i titoli:

  1. The

  2. British

  3. Government

  4. Must

  5. Not

  6. Legalise

  7. Music

  8. Theft

  9. To

  10. Benefit

  11. AI

  12. Companies


Questi “brani” non contengono nessuna delle mille voci tra le quali possiamo citare Annie Lennox e Kate Bush e rappresentano la protesta degli artisti contro la proposta di cambiare la legge sul copyright.

La modifica consentirebbe alle aziende di intelligenza artificiale di creare i propri prodotti utilizzando il lavoro protetto da diritti: musica, testi e altro, senza licenza, favorendo di fatto il cosiddetto addestramento degli algoritmi senza prevedere alcun compenso per gli autori.

Silenzio per comunicare.

Aggiungiamo anche la nostra voce?
O forse dovrei dire aggiungiamo anche il nostro grido …

 

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