UN TUFFO NEGLI ANNI 80 CON GLI OCCHI A CUORE

UN TUFFO NEGLI ANNI 80 CON GLI OCCHI A CUORE

Sarò anche di parte, ormai lo sai, ma non ti perdere questa sfilata di Emporio Armani!

Ancora una volta la settimana della moda rimane all’insegna del phygital, ma Re Giorgio ci regala un viaggio nei favolosi anni 80 con tanto di tunnel e percorsi fluo!

Io ho guardato tutto con gli occhi a cuore: i pantaloni ampi a vita alta, le giacchine corte, le bretelle (vi ricordate l’utilizzo anche come martingala?) e poi il velluto nero, i tessuti operati, il viola, le file di bottoncini, le camicie bianche, gli spigati, le spalle imbottite

Immancabile il mio grigio in tante declinazioni una più bella dell’altra! E ho adorato anche la consistenza e il calore dei tessuti: qualcosa che possa dare una sensazione di vestibilità morbida e avvolgente, una coccola, se vogliamo.

Forse persino con un accenno athflow

Dunque eccomi qua per l’ennesima volta grata per lo spettacolo: bellezza da vedere, ma anche bellezza come mezzo per trasportare. Certo, non si può viaggiare nello spazio, ma si può viaggiare nei ricordi.

Tu cosa mi dici degli anni 80? Li hai vissuti? Li hai amati?

TUTTO CHIEDE SALVEZZA

TUTTO CHIEDE SALVEZZA

Questo libro, dopo Il colibrì e Febbre chiude la trilogia di Monica sui Premi Strega.

Tutto chiede salvezza: già il titolo stesso racchiude un universo di considerazioni, eppure porta il lettore dove non avrebbe pensato di andare.

Personalmente nella vita ho imparato presto l’intensità della fratellanza che nasce nelle camere d’ospedale, quando persone totalmente sconosciute si ritrovano a stretto contatto e la comune condizione di sofferenza annulla i percorsi di conoscenza standard, facendo sì che nel giro di poche ore ci si ritrovi catapultati nella vita degli altri in maniera forte e in molti casi indelebile.

Tuttavia non avevo mai conosciuto questo tipo di reparti, e sono grata a Daniele Mencarelli per tutto ciò che con il suo libro mi ha insegnato.

Mai volgere lo sguardo da un’altra parte, mai evitare di chiedersi il MOTIVO di comportamenti che non ci sappiamo spiegare, perché un motivo ci deve sempre essere, per quanto, nella cecità del modus vivendi standard, risulti incomprensibile ai più.

Alla base di tutto c’è la sofferenza, e ancor più la sensibilità. Estrema, allo stato più puro e intenso.
Una sensibilità che non trova spiegazioni nel mondo cinico e che, ignorata, si manifesta in forme immobilizzanti, o, all’opposto, violente.

Mi è rimasto il desiderio di sapere cosa succede dopo quei cinque giorni, non solo a Daniele, ma anche a tutti gli altri personaggi, vorrei poter leggere che ognuno di loro riesce a risolvere il più grande dilemma: la vita.

Vorrei che la salvezza chiesta venisse concessa.

Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza che non è stata colta dagli uomini.
Alda Merini

LA FORMULA DI ERONE

LA FORMULA DI ERONE

Questa volta il compleanno è di Massimo, ma il regalo lo ricevo ancora io.

Dopo avermi incoraggiata per il blog, ha fatto in modo che io continuassi a scrivere.

Quando gli ho un po’ parlato di cosa era nato una parola dietro l’altra, e ho cercato di spiegargli questa formula di Erone, la sua prima reazione è stata “ma stavi bene?” laughing

No, in realtà non stavo bene.
Per questo come avvertenza dovrei indicare: astenersi se non si necessita di fare pratica con l’analisi di una mente contorta.

Detto questo, ringrazio Massimo ora e sempre, e ringrazio tutti TUTTI.

P.S.

Con l’occasione voglio anche scusarmi per il pasticcio newsletter: all’inizio qualcosa non ha funzionato per cui purtroppo il sistema non ha registrato le prime iscrizioni.
Luciana me lo ha segnalato, se altre persone invece si sono chieste che fine avessi fatto … ecco, MI SCUSO, e soprattutto sono molto dispiaciuta di non avere la possibilità di recuperare, non avendo alcuna traccia della iscrizione.
Ora c’è un secondo sistema, ma il primo, forse per invidia, ha ripreso a funzionare in maniera latente, dunque successivamente qualcuno avrà ricevuto un doppio benvenuto.
Va beh, two is megl che one … in fondo esprime il fatto che io sia proprio proprio contenta laughing

L’ho già detto GRAZIE?!

FEBBRE

FEBBRE

Febbre dovrebbe essere il segnale positivo che il nostro corpo sta combattendo una infezione, invece è diventato qualcosa che terrorizza.

Però ci sono anche altri tipi di febbre, come la febbriciattola costante che sfinisce chi sta combattendo la sua guerra contro una malattia.

Proseguendo un po’ il discorso sui Premi Strega Monica mi ha detto “lo devi leggere” e io non vedevo l’ora.

In questo libro personalmente ho trovato una ulteriore dimensione della febbre, un livello più occulto, che però si riconosce per affinità: l’ansia.

E ho apprezzato l’assoluta e totale sincerità: un valore in molti casi raro.
Sincerità che si trasforma in un portale di accesso alla vita vissuta a Rozzano, hinterland milanese.

Un mondo sconosciuto per chi come me è nata e cresciuta in provincia, un mondo spietato, un mondo ristretto, fatto di ruoli prestabiliti al di fuori dei quali si diventa bersagli.

L’autore non fa sconti a nessuno, tanto meno a sé stesso.

Tu conoscevi già Jonathan Bazzi?
Ha scritto per un blog e varie testate online prima dell’incontro con Fandango.
È laureato in filosofia e nel libro parla del suo rapporto intenso e indispensabile con lo studio.

Un’altra sorta di “febbre” forse più comune di quanto possiamo immaginare.
Nel suo caso si trasforma in trappola a causa della balbuzie, che naturalmente lui riesce a sconfiggere.

Anche in quello: un vincitore.

ATHFLOW

ATHFLOW

Athflow deriva dalla fusione di ATHLEISURE e FLOW.

Athleisure a sua volta è un termine ibrido composto da athletic, cioè sportivo e leisure, ovvero tempo libero, ed indica appunto uno stile di abbigliamento che sia pratico e indicato per fare sport ma allo stesso tempo alla moda, quindi adattabile anche ad altri contesti meno informali.

E il flow ora cosa aggiunge? Lo stile cozy: comodo, rilassato, apparentemente disinteressato.

L’idea di decontestualizzare gli indumenti, estraendoli dall’uso standard e ancor più la destrutturazione risale all’inizio degli anni 70 grazie a, ormai lo sai: Re Giorgio, ça va sans dire.

In questo ultimo anno però, lo smart working ha creato una nuova esigenza: adattare l’outfit da casa a una connotazione più formale all’occorrenza, nel caso di conference call, webinar, e via discorrendo.

Facendo una ricerca tra le maggiori tendenze, io, che ho un tot di primavere, ho però avuto un déjà vu: già nei gloriosi anni 80 utilizzavamo questo genere. Il mio ricordo si è fissato in particolare su una tuta bianca con la scritta rossa United Workers of Americanino che ho usato tantissimo, molto simile a quella indossata da Chiara Ferragni qui.

Un po’ tutti gli stilisti in effetti avevano presentato in maniera piuttosto universale abiti in maglia, proprio sull’onda del concetto di comodità.

E di nuovo io mi ritrovo a pensare ai maxi pull che imperavano agli inizi degli anni 80 … ad esempio questo dress di Salvatore Ferragamo li rievoca in pieno.

La novità che mi piace sono i pantaloni in maglia, qui direi che tra comfort e calore siamo al top.
Indovina? Ho scelto un colore a caso …

Tu cosa pensi di questa contaminazione?
Il tuo modo di vestire è cambiato?

In generale qual è il tuo outfit preferito?

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