SPICCANO VIOLA NEL VIOLA DELLE NUVOLE

SPICCANO VIOLA NEL VIOLA DELLE NUVOLE

Spiccano viola nel viola delle nuvole e dei viali

Riconosci a quale poesia appartiene questo verso?

Il glicine di cui ti racconto io però non si trova in un viale, e proprio per quel motivo mi ha colpita molto.

Il glicine del quale ti voglio parlare si è accomodato lungo una stradina di campagna, espandendosi nella sua architettura naturale e selvaggia, senza essere un abbellimento per nessuno.

Mi piace l’idea che si sia trovato bene qui in Lomellina, luogo dalle caratteristiche ben diverse dalla sua terra di origine.

In Cina il glicine si chiama Zǐténg 紫藤cioè vite blu, anche il nome tedesco: Blauregen si ispira al colore.

Glicine invece deriva dal greco glýkis γλύκης che significa dolcezza.

Nome che si ispira al profumo dunque, piuttosto che al colore. Curioso, non trovi?

Cosa ti colpisce maggiormente del glicine?

Personalmente direi il colore. In particolare ho il ricordo della pergola al mulino dove abitavano i miei nonni.
E in generale cosa ti colpisce dei fiori: il profumo?

Qual è il tuo fiore preferito?
A cosa associ il pensiero dei fiori?

Io mi sono ritrovata a pensare che, proprio come questo glicine, vorrei tanto che altri tipi di bellezza si appropriassero di spazio, ne avremmo tanto bisogno, o no?

Forse la mia è stanchezza, ma a volte mi sento schiacciata da tutte le brutture che ci circondano nel quotidiano, in fondo basterebbe poco per migliorarci le vite vicendevolmente e invece il comune trend si dirige esattamente all’opposto.

Si dice che Wisteria, ovvero glicine, per la cultura giapponese rappresenti amore e longevità, chiedo conferma a chi è molto esperto in materia, ma intanto vorrei prenderlo come un augurio, aggiungendo la mia interpretazione personale di questo glicine: libertà.

Spiccano viola nel viola delle nuvole e dei viali.
Assurdo miracolo, per un’anima
per cui contano, gli anni,
che sono stati per lei ogni volta immortali.

A-MICI IN CITTÀ

A-MICI IN CITTÀ

A-mici in città è un focus sui gatti a cura di Legambiente, che ha offerto l’occasione per rilevare alcuni dati.

L’aspetto sul quale mi vorrei soffermare è questo: all’anagrafe felina, il comune che conta il maggior numero di A-mici per numero di abitanti è il comune di Sant’Angelo in Lomellina: più di un gatto ogni due cittadini.

Si vede che da queste parti i gatti si trovano particolarmente bene laughing

In effetti Gravellona vanta addirittura una gatta sindaco.

Io non posso fare a meno di pensare immediatamente ai gatti della famosa “junkyard somewhere in London” … hai già indovinato?!

Parlo dei mitici Jellicle Cats!

Non occorre che io aggiunga altro, vero?

Casomai dovrei aggiungere gratitudine a Andrew Lloyd Webber per averci donato Cats: un musical gioiosamente coinvolgente, ricco di vitalità, e magicamente caleidoscopico.

 

Musiche meravigliose, costumi e trucco strabilianti, coreografie incantevoli.

Fonte di ispirazione: Old Possum’s Book of Practical Cats di T.S. Elliot. 

Ricordo ancora il mio stupore la prima volta: immediatamente rapita dal pensiero dei tre nomi:

The Naming of Cats is a difficult matter,

It isn’t just one of your holiday games;

You may think at first I’m as mad as a hatter

When I tell you, a cat must have THREE DIFFERENT NAMES.

Tu quanti nomi hai?

In effetti abbiamo più nomi anche noi umani, non trovi?

Uno dei nicknames che uso da sempre è proprio il nome di uno dei personaggi di Cats.

Mio marito mi ha regalato il dvd del musical in tempi in cui non era così semplice avere questo genere di cose, e mi ha regalato anche di più: abbiamo visto Cats agli Arcimboldi! Seduti in poltrona mentre i Jellicle Cats sbucavano intorno a noi, ho ancora gli occhi a cuore laughing

Posso invitarti a rivedere un piccolo estratto insieme?

Ora mi racconti dei gatti che vivono con te o vicino a te?

ALLA ZAMPA DI OGNI UCCELLO CHE VOLA È LEGATO IL FILO DELL’INFINITO

ALLA ZAMPA DI OGNI UCCELLO CHE VOLA È LEGATO IL FILO DELL’INFINITO

Alla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell’infinito
trovo che questa frase di Victor Hugo si adatti in qualche modo ai pensieri che regala questo video di Ugo De Cresi:

Lo capisci perché mi arrabbio quando la Lomellina, questa terra di risaie e bellezza viene avvelenata

Non ti sembra di percepire davvero quel filo di infinito che si specchia, come il cielo, e ti porta a respirare in una dimensione migliore?

Quel volo di Ibis sacri è una melodia di libertà e armonia.

Eppure, gli Ibis non sono a casa loro, anzi, gli ambientalisti li giudicano una specie invasiva perché non autoctona, un po’ come le nutrie.

Ma come sono arrivati qui?
Ce li ha portati l’uomo.

Sempre noi che rompiamo gli equilibri …

Paradossalmente, risultano essere estinti in Egitto, dove venivano raffigurati come la rappresentazione del dio Thot.

Secondo la Treccani, Thot fu venerato come dio della scrittura e delle formule magiche, e ovviamente io non posso non pensare subito alla magia dei libri!

Qual è il libro che per te ha fatto scattare la magia?

Qual è il libro che ti ha fatto sentire a casa come un Ibis in Lomellina?

Qual è il libro che ti ha fatto volare legata/o al filo dell’infinito?

Alla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell’infinito dunque a quale volo ti fa pensare?

RISAIE MA NON RISATE

RISAIE MA NON RISATE

Secondo il rapporto annuale pubblicato dall’Ente Nazionale Risi la Lomellina  e il pavese si confermano l’area con la maggiore estensione di campi coltivati a riso.

“Il mare a quadretti” come diceva mio cugino quando eravamo bambini … già, qui siamo piuttosto lontani dal mare e dunque ci si accontenta di trovare il bello con visioni alternative.

Il mare a quadretti ovvero risaie.

Risaie ma non risate.

Oppure, citando il neorealismo, riso amaro dal momento che le condizioni di vivibilità, o forse dovrei dire mortalità, dovuta all’elevato tasso di tumori, non permettono certo di sorridere.

Non mi stanco di ribadire periodicamente l’alta pericolosità dei veleni con i quali conviviamo, perché i danni che provocano all’organismo sono terribili.

Ma come ci ha insegnato Charlie Chaplin un giorno senza un sorriso è un giorno perso.

Dunque se il sorriso ancora un po’ stenta, direi di partire almeno dal riso.

Le ricette più tipiche della Lomellina, per rimanere in tema di risaie … citano tra i primi il risotto con le rane … 

Ma io “salterei” direttamente a qualcos’altro tipo il semplice ris e lac oppure il risotto con i fagioli dell’occhio

O, meglio ancora: perchè non fare un salto più lungo uscendo dai confini della Lomellina?

The caustic misanthrope ha proposto una tartare con riso Nerone che dire sfiziosa è riduttivo, e poi mi ha parlato anche del riso rosso!
Io sono un impiastro per cui al primo tentativo ho sbagliato il tempo di cottura ma … sbagliando si impara!
Grazie Lu!

Proseguendo sul blog di Paola: Primo non sprecare, che ti consiglio di non perdere, si trova una lunga serie di ricette per cucinare il riso arricchite di preziosi consigli,  e sono una più interessante dell’altra!

Io non so se riesco a scegliere, tu?

Che ne dici: possiamo osare una versione Keep Calm?
Si accettano proposte!

DIAVAL, STRIA, PANGIALD E OSS DI MORT

DIAVAL, STRIA, PANGIALD E OSS DI MORT

Diaval, stria, pangiald e oss di mort

Sono giorni di pensieri pesanti e forse per questo ancor di più avverto un istintivo richiamo verso le tradizioni, come se potessi trovare una specie di rifugio.

Quindi rilancio l’invito a condividere idee o ricette che facciano riferimento ad Halloween piuttosto che ad Ognissanti.

Dopo aver decisamente apprezzato la pumpkin pie, volevo provare a recuperare le ricette della Lomellina.

Ma a quanto pare siamo più predisposti per la tradizione orale senza poi darci la pena di trasferire per iscritto …

Risulta infatti una impresa rintracciare fonti che non siano la stessa frase rimbalzata più o meno a casaccio senza riscontro.

Di questo ha scritto molto bene Annalisa Alberici nel libro Cucina del Pavese della Lomellina e dell’Oltrepo

a pagina 13 c’è una importante domanda:
La cucina pavese esiste?

La risposta è lunga ed articolata, ma in breve:

Devo ammetterlo: nei secoli la cucina pavese non fu mai scritta. O lo fu per caso.

 

A quanto pare la cucina pavese è proprio come il bel tacer … e appena ho letto questa frase non ho potuto far altro che sorridere ripensando al ricordo della frase che mi ripeteva mia nonna

In realtà però ho trovato anche un altro libro che parla di Milano con riferimento al periodo dei Visconti, che quindi si può considerare esteso a Vigevano

e cita anche Pavia:

A tavola la mestizia del giorno dei morti, con le sue tradizionali visite al camposanto, cede di fronte ai piatti della tradizione che impone la biella (marmitta) con la supa coi sisar (zuppa di ceci) arricchita dalle cotiche, e il pangiald o pane dei morti. Ora il pangiald si può comprare nelle panetterie o nelle pasticcerie, ma un tempo veniva cotto nel forno di casa.

È vero che la mia famiglia è contaminata, ma noi non abbiamo mai mangiato ceci … dunque rimane giusto il pangiald.

Ognissanti, pane … mi viene in mente questa frase:

I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia.
Ardengo Soffici

Qui piove sempre meno, la terra però è bagnata ugualmente: dalla nebbia.

Ecco, piuttosto che per la cucina, è sul lato scary che la Lomellina non ha nulla da invidiare, le nostre atmosfere si prestano tantissimo!

Infatti, al contrario delle ricette, le leggende non mancano.

Al diaval: il diavolo, per esempio, avrebbe scatenato tutta la sua furia sulla chiesa di Santa Maria a Lomello per impedire le seconde nozze tra la regina Teodolinda, cattolica, e Agilulfo invece ariano.

Tra le varie versioni che si tramandano, il sito ufficiale del comune ha pubblicato la più suggestiva.

Sulla stria: strega, come potrai immaginare, esistono molte storie e pare ci siano anche testimonianze dirette … ma si sa, questa parte è “l’anima” di questi racconti … perdona il gioco di parole.

Tra tutte io opterei per quella che ha dato il nome a il ramo delle streghe che in realtà è una meravigliosa diramazione del fiume Ticino

 

Si narra che il ramo delle streghe sia stato chiamato così per la sventura di una donna affetta da strani sintomi che in una notte di luna piena, nell’intento di purificarsi tra le acque con l’aiuto delle amiche, si ritrova a dover fronteggiare il diavolo e finisce trasformata in un alga gigante che trascina a fondo anche tutte le altre donne.

E delle alghe, che sono la caratteristica di quel tratto di fiume, si dice che ricordino i capelli delle streghe.

Qui c’è l’immagine che preferisco

E tu mi racconti una storia?

In cambio non mi limito al pangiald: non potevo non presentare anche il classico “dolcetto.”

Questi sono la versione più simile agli oss di mort che io ricordo di aver mangiato: piuttosto grandi, di forma ovale, e vagamente simili al panforte.

Ma se per la variante Keep Calm abbondassimo con il cioccolato sarebbe grave?

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