RACCONTAMI UNA STORIA

RACCONTAMI UNA STORIA

Raccontami una storia è l’iniziativa a cura di Maria Guidi, La tana di Aloiz e Sandra Giannetto

 

Raccontami una storia è un gioco che consiste nello scrivere un racconto seguendo alcune indicazioni e un tema.

 

Il tema della seconda edizione: “trarre ispirazione da un quadro!”

 

Ti suggerisco di seguire le organizzatrici per scoprire le interviste ai tre vincitori.

 

Se poi ne hai voglia, puoi leggere il mio racconto

Anche questa mattina osservo il sole sorgere oltre lo scheletro del palazzo di fronte: da quando il tenue rosa aranciato ha iniziato a contrastare il grigio illuminando cielo e speranza, non voglio perdermi i colori perché sono la prova che non è ancora finita.

Pensavo che non li avrei più visti, pensavo che la mia punizione per non essere ancora esplosa fosse quella di diventare parte inutile di un unico plumbeo tetro inesorabile scenario.

Mi pento di non essere stata capace di contare con precisione i giorni, di aver ceduto alla confusione, di non essermi presa cura nemmeno della mia memoria.
Se lo avessi fatto, ora potrei sapere quanto tempo è passato.

Ma io non volevo più pensare, volevo solo che tutto finisse. Ogni nuovo giorno era soltanto un altro pasto saltato, un altro interminabile buio disseminato di angoscia, un altra serie di sfinenti quanto fallimentari sforzi alla ricerca di una soluzione impossibile.

Invece la luce ha ricominciato a scandire il tempo e ormai ci credo, non è solo un sogno, né un caso, e neppure la mia illusione: il sole esiste ancora.

Resta un nemico in agguato però: la paura.

Non sono stata colpita, non sono stata schiacciata, non sono stata asfissiata, e sono anche riuscita a nascondermi dalle incursioni degli sciacalli umani, ma ancora non riesco a liberarmi dalla morsa che pressa il cervello e mi paralizza.

Mi ripeto che non ha senso.
Poi rivivo tutto.

La gigantesca palla che incendia il cielo e che di colpo rimbalza verso l’alto, e subito l’onda d’urto.
Un macabro domino accelerato che frantuma ogni cosa.
Senza che i miei occhi avessero tempo di vedere, il calore mi era già addosso.

Il dolore non è cibo.

Ma devo mangiarne ancora, se occorre per trovare del nutrimento vero.
E poi Frances è allo stremo delle forze e io voglio fare tutto il possibile, proprio come ha fatto lei dal momento in cui mi ha trascinata di peso nella cisterna, fino a quando mi ha insegnato come calarmi nel cunicolo per arrivare al magazzino.

Teneva la corda e cantava gli U2 per farmi coraggio
You’r in the mud
In the maze of her imagination
You love this town
Even if that doesn’t ring true

La prima volta volevo che smettesse ma non osavo urlarlo per il terrore che qualcuno dei predoni che piombano addosso come Unni mi sentisse. Eppure se non ci fossero state quelle parole cantate “sky falls, you feel like … it’s a beautiful day …” non sarei riuscita a trovare abbastanza forza per risalire.

Più cose riuscivo a portare, più a lungo avrei potuto riposare di nuovo nascosta.

E pensare che nelle varie occasioni in cui ci avevo più o meno provato, non ero mai riuscita ad arrampicarmi lungo una fune: le mani bruciavano entro qualche minuto e gli inesistenti muscoli delle braccia nemmeno facevano la finta di contrarsi.

Sopravvivenza.
Una immane sfida da superare per restare vivi, anche quando restare vivi sembra la peggiore delle idee.
Adrenalina, istinto, terrore, si miscelano in un circolo chiuso di pulsazioni che rimbalzano tra cuore e cervello a velocità incontrollabile.

Sopravvivenza.
Forza che diventa carne divisa tra due teste: speranza e disperazione. Come un Cerbero le cui zampe poggiano sul respiro con tutto il loro angosciante peso.

Sopravvivenza.
Pensare che non potrà mai esserci niente di peggiore finché l’esistenza non si trasforma in attesa.

Attesa di tregua, attesa di cibo, attesa di pietà. Attesa di un miracolo, di aiuto, di un nuovo giorno.

Come oggi.

 

Il dipinto è Light and Colour (Goethe’s Theory) di William Turner.

 

L’ULTIMA CORSA

L’ULTIMA CORSA

L’ultima corsa è il titolo del mio racconto per il concorso Bisarca 2024 organizzato da Il Perdilibri.

Ti ho già parlato del Concorso Bisarca in occasione delle passate edizioni: ma cito direttamente: che si vince? La soddisfazione della partecipazione e dell’eventuale vittoria.

Colgo dunque l’occasione per ringraziare Il Perdilibri per aver accolto L’ultima corsa.

L’abitudinarietà è considerata come dipendenza, ma anche farsi domande è un’abitudine.

Eleonora però non è solita dubitare dei suoi programmi, a partire dalla sveglia: per la quale sono previste tre ripetizioni prima di alzarsi, ogni giorno, indipendentemente da stanchezza, condizioni atmosferiche, fame, o livello di stress.
Dopodiché è tutto calcolato, incluso il ritardo, un lusso offertole da un anonimo viaggiatore.
Tra i soliti pendolari si crea una sotto-abitudine di gruppo: una sorta di codice non scritto secondo il quale, invasori saltuari a parte, i posti vengono occupati in base a una specie di gerarchia acquisita nel tempo.
Eleonora ricorda il giorno in cui colui con il quale condivide il sedile le ha fatto cenno: “da oggi è libero” sono state le uniche parole diverse da buongiorno e buona giornata, che si sono scambiati in un periodo che può essere di mille giorni ormai.
Eleonora arriva alle sei e quarantatré minuti, certa di trovare il posto riservato dal suo compagno di viaggio, che come sempre appoggia la sua valigetta sul lato finestrino finché lei non lo raggiunge.
Tutto ciò che sa di lui è che si reca quotidianamente a Milano, che ascolta perennemente qualcosa agli auricolari, che predilige abiti classici e di buona qualità nei toni del grigio, e che usa un profumo con Vetiver come nota di fondo.
Ogni mattina si scambiano un singolo buongiorno ciascuno, Eleonora si siede, prende il libro dalla borsa e inizia a leggere.
In questi mille giorni avrà letto un centinaio di libri, tutti in rigoroso silenzio fino all’arrivo a Porta Garibaldi, quando il suo compagno di viaggio le augura buona giornata prima di scendere, lasciandola seduta ai suoi minuti di rito durante i quali lei aspetta che la folla si diradi.

Se vuoi, trovi il resto qui

Ma prima dimmi: per te quale potrebbe essere l’ultima corsa?

In effetti gli esempi sono tanti: libri, film, a livello personale però, il tuo primo istinto ti induce a pensare a ultima in maniera positiva o negativa?

GIOVANNI TOMMASINI

GIOVANNI TOMMASINI

Ad ogni nuovo anno in un modo o nell’altro ci ritroviamo con il pensiero di “inizio.” 

Vorrei citare la frase di Mary Shelley
L’inizio è sempre oggi.

 

All’inizio del percorso KCDC non avrei potuto immaginare di conoscere te, forse non avremmo avuto la possibilità di entrare in contatto senza l’aiuto del web, o forse sì.

La rete di connessioni virtuali mi ha fatta arrivare anche ad una “casa base” molto particolare: il concetto di casa base e di metafora del baseball di Giovanni, che ti consiglio di scoprire direttamente dalle sue parole.

Inizia da questo primo articolo la collaborazione KEEP CALM & DRINK COFFEE.

La cornice perfetta per fare quattro chiacchiere: caffè” questa la presentazione di questo blog in cui vengono raccolti e riproposti pensieri, commenti, suggerimenti, come se ognuno di noi avesse la sua tazzina preferita da mostrare assieme alle sue passioni e racconti di vita.

Mi pare una buona occasione per iniziare da una presentazione dell’inizio del percorso che mi ha portato ad entrare in contatto con questa realtà di che come motto ha “il sito che ti da questa opportunità”.

Non tutti i giorni si sentono queste parole.

Anzi a leggerle quasi non ci credevo di tanta bellezza nella disponibilità a creare reciprocità e collaborazioni.

Ho così inviato un messaggio tramite le pagine social per restituire il mio entusiasmo alla proposta e opportunità di reciprocità.

Per cui dopo alcuni messaggi di prima conoscenza eccomi qui a raccontarvi la mia storia di “scrittore per casa”.

Iniziata con l’acquisto di un computer portatile in offerta speciale nel lontano inverno del 2012.

Tutto iniziò così…

…….

Gian ho comprato un portatile, faccio venire giù tutto”.

Così annunciai la mia volontà di mettere in forma di racconto le mie vicende personali.

Non solo per raccontarle, ma anche per farne una strada da seguire, esperienze da proporre, da condividere, da rivivere assieme, ognuno nel suo mondo, nei suoi ricordi, sul proprio tono emotivo.

Mi misi a scrivere…

Tre pagine sui “piccoli inconsapevoli eroi del baseball”, le inviai a varie case editrici che si occupavano di sport, cultura sportiva, educazione allo sport.

Mi chiamò Fabio Mancini della G. Danna di Firenze, sito Edusport.it.

Tommasini ci è piaciuto molto il suo modo di romanzare la realtà, ci può mandare tutto il racconto vorremmo pubblicarlo sul nostro sito come articolo del mese e avremmo intenzione di fare un Dvd sull’insegnamento del baseball nell’ora di educazione fisica nelle scuole superiori.”

Cosa avevo scritto?

Vado a rivedere la mail, “vi invio le prime tre pagine del mio racconto Piccoli inconsapevoli eroi del baseball, una quindicina di adolescenti che nel 1976 appena festeggiata la propria età entrata in doppia cifra, vengono introdotti all’arte del baseball e niente fu più come prima”.

Dimenticai di scrivere che le pagine erano sì le prime ma anche le uniche…

Il racconto era ancora tutto da scrivere..

Ma per il sito edusport.it era richiesto tutto il racconto.

Mi ritrovai nella stessa condizione nella quale proprio negli anni narrati dovevo fare i compiti per le vacanze.

Mi misi così al lavoro.

Lo pubblicarono sul sito come articolo del mese di luglio, il primo agosto fu segnalato dalla FIBS – Federazione Italiana Baseball e Softball sul sito ufficiale federale.

Iniziarono a contattarmi vari siti, redazioni online, soprattutto baseballmania, come folgorati dal racconto.

Qualcosa rapisce, le parole vanno in profondità, chi le legge non le dimentica, anzi è come se le riscrivesse in relazione al proprio vissuto e stato emotivo”.

Mi chiamo Giovanni Colantuono da Nettuno, redattore del sito online Baseballmania.

Tommasini sei il primo che racconta il baseball così, c’è tutto nel tuo racconto, non solo il battiecorri, ci siamo tutti noi, le nostre passioni, il modo di vivere la vita e lo sport, posso pubblicarlo, parlami di te, voglio sapere di più, ti faccio un articolo di presentazione, scrivine altri, facciamo una rubrica dedicata ai racconti di Giovanni Tommasini sul baseball, sui Piccoli inconsapevoli del Tomato baseball club.”

Pochi giorni dopo il mio esordio come scrittore, per la prima volta fui definito tale.

Che sta succedendo e come mai il mio modo di narrare le mie vicende personali riproposte in una narrazione talmente intima da elicitare reazioni nel lettore anch’esse profondamente personale, che sono nella lettura tradotte in un linguaggio universale, per cui chi legge si rivede, rivive parti di se e del proprio esperito?

Arrivarono i primi commenti dai lettori.

Saranno dello stesso tenore dei commenti della mia prima correttrice di bozze, una volta raccolti tutti i racconti che in tre mesi furono da me scritti quasi compulsivamente e che, a poche settimane dalla pubblicazione sui siti che li richiesero, andranno a dare vita al mio primo libro.

Noto un comune denominatore.

Le mie parole emozionano, la mia descrizione delle realtà restituite toccano il lato emotivo, “il testo possiede la qualità propria delle opere d’arte, emoziona” così viene commentato il mio testo durante l’editing.

Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.

George Bernard Shaw

Inizio a chiedermi come mai questo “effetto” come penso il mio scrivere?

Perché ho iniziato a scrivere, da dove è partita la spinta, la necessità di esprimere un mio vissuto, quale esigenza ha mosso la mia volontà, mi ha portato sulla tastiera febbrilmente, come se non ci fosse altra cosa da fare.

Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe.

Albert Camus

Ne L’ARTE DEL BASEBALL la proposta, l’esigenza, la restituzione di partenza era:

Il racconto dell’esperienza di una quindicina di bambini che partendo dai sotterranei di un parcheggio nel centro della spettacolare Sanremo, in “balia” di due personalità appassionate, visionarie, vivranno un’esperienza “adulta” in un’età ancora tenera.

La necessità di sottolineare la bellezza e profondità di un’avventura che li cambierà per sempre e insegnerà il piacere di fare bene una cosa, con passione, curiosità, senza pensare ai risultati, ma solo per poter esprimere pienamente se stessi, conoscersi meglio, crescere assieme.

L’articolazione del concetto più ampio del crescere avendo la fortuna di essere coinvolti un’avventura sproporzionata alla propria età, e il grande valore della passione, curiosità, amicizia, sana follia che porterà questi bambini a vivere un’esperienza che darà loro una formazione e impronta indelebile per tutta la loro vita.

Il ricordo dei quegli anni, luoghi, sentimenti provati, contesti, umanità, vissuti saranno i sotto concetti che hanno permesso l’articolazione e la restituzione delle storie narrate nei racconti che formano L’ARTE DEL BASEBALL.

Tra i racconti uno in particolare mi ha coinvolto totalmente ed è stato scritto coinvolgendo unicamente il mio essere emotivo.

Era già da qualche tempo che in me ridondava il concetto della “dipendenza”, il ricordo di un nostro compagno di squadra che si “bucava”, il nostro vivere questo dramma, non sapendo che fare, nascondendo la nostra sofferenza e amore nei confronti di un nostro compagno di squadra da tutti amato.

Legato al concetto di dipendenza quello della nostra impotenza, quello del nostro essere troppo piccoli di fronte ad un tema così grande, le nostre emozioni che non riuscivamo ad esprimere, dominare, vivere.

Che esplodevano nei nostri peggiori incubi, fantasie, sofferenze soffocate.

Era tutto un misto di questi “temi” e non riuscivo a capire come fare a de-scrivere, restituire tutta quest’umanità, così intensamente sentita da tutti in profondità inaccessibili.

Ero in coda al supermercato e come un lampo che squarcia il cielo e le nuvole mi si presentò il racconto. Tutti i concetti sino allora cresciuti creando solo ordigni inesplosi in me.

Fu sconvolgente e in me iniziò a piovere, tuonare, grandinare.

Arrivato in tutta fretta a casa mi misi alla tastiera piangendo e in venti minuti come travolto da una vera e propria “tempesta” scrissi il racconto….

 

Ormai in gioco.

Mi chiedo, che fare?

Godermi questo primo inaspettato, mai progettato, impensabile sino a pochi mesi prima, libro o provare a scrivere altro, e cosa?

E come?

Tutti mi chiedono una cosa. Scrivi Cesare.

La tua storia con il bambino autistico che hai vissuto per quindici anni.

Decido di andare avanti. Rimanere in gioco.

Nasce il progetto di restituire la mia prima esperienza da educatore domiciliare.

Inizio a pormi delle domande e intravvedere il percorso già inconsapevolmente fatto nello scrivere i racconti de L’ARTE DEL BASEBALL.

La prima risposta da dare.

Nel futuro secondo libro, SONO CESARE ….TUTTO BENE, quale il “vissuto” da restituire?

Ripensando alla fortuna di aver vissuto il rapporto con Cesare, bambino affetto da una grave forma di autismo, nasce in me l’impellente e improrogabile necessità di rappresentare concetti molto radicati da questa esperienza estrema, ben radicati in me, ma da portare alla luce della consapevolezza.

Il primo passo diverso da quello delle prime tre pagine…

Ora inizio a progettare il percorso, sta nascendo un metodo, mettere in chiaro le basi di partenza, le radici del racconto, molto prima di mettermi in contatto con tutto il resto, che ancora non è chiaro in me, ma in questa occasione inizio a “vedere” nella lenta costruzione del libro.

In quest’occasione non vi è più l’occasionalità, ma un vero e proprio “pensiero costruttivo”.

Una consapevolezza.

Essendo un progetto e non una casualità, inizio a capire veramente se sarà possibile propormi come scrittore o lasciar stare considerando una fortunata esperienza, il mio esordio narrativo e niente più.

Appuntare ciò che voglio esprimere a prescindere dalla storia che andrò a restituire.

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.

Paul Klee

Ed eccomi qui alla tastiera a raccontarvi l’inizio del mio percorso e del perché mi definisco uno scrittore per caso.

Nei prossimi articoli i presenterò uno alla volta tutti i libri nati da quelle prime tre pagine.

Perché da quel racconto nato per caso, dieci anni dopo, nell’agosto appena passato è uscito il mio dodicesimo libro…

Qui di seguito vi propongo una presentazione scritta da Antonella Giordano durante un’intervista per l’uscita di uno dei miei libri successivi a quelle prime tre pagine…

Giovanni Tommasini

Ama definirsi come uno “scrittore per caso” Giovanni Tommasini. “Scrittore per caso” dal 2013, per l’esattezza. Sicuramente non è uno scrittore qualunque a giudicare dalla risonanza che hanno ottenuto tutti suoi libri le cui narrazioni seguono indistintamente le orme di tematiche sociali e civili, soprattutto in merito alla “costruzione di una relazione d’aiuto”.

Per Giovanni Tommasini l’impegno sociale è una mission non casuale. Sanremese, classe 1966, dopo la laurea in scienze politiche conseguita all’università di Genova, ha dedicato la sua vita portando aiuto nei contesti più bisognosi della società. Educatore e seminarista iscritto all’albo professionale e inizialmente impegnato come collaboratore nei consultori familiari di quartiere in qualità di assistente domiciliare, dal 1994 è educatore nei centri diurni e nelle case famiglia della Cooperativa Genova Integrazione, a marchio Anffas.

Le sue esperienze professionali maturate sul campo ne fanno una voce autorevole per comprendere il panorama dei mali che affliggono le tante realtà sociali del nostro tempo.

Nei suoi seminari, propone dibattiti e laboratori su autismo, scrittura emotiva, dipendenza da internet, cultura sportiva e nuove generazioni. È autore di diversi libri, tra i quali notevoli sono i saggi “Papà mi connetti?”, “Il virus siamo noi”, “Emozioni e parole. La scrittura emotiva”.

Non meno importanti e intensi i testi di narrativa “Il sogno americano del Tomato Baseball Club” “La musicalità del silenzio. Il nostro autismo e quello del mondo attorno a noi”, “Una vita senza. Una storia di quotidiana resilienza”, “L’ultima lettera alla mia prima fidanzata”, “Terra battuta. Essere vivi e scendere a rete, questa la felicità”.

Nell’estate del 2023 le ultime fatiche editoriali di questo prolifico autore hanno prodotto i libri “Panico ben temperato”, “Cinema e sport, 12 film indimenticabili” e “Mondo contrario”.

Tutte le proposte editoriali di questo prolifico autore sono state dallo stesso prodotte e pubblicate su Amazon.

Antonella Giordano.

Giovanni Tommasini Storie di vita vissuta in un mondo dimenticato in cui le uniche piattaforme social erano l’Altro e la realtà. 

Blog: qui

Collana Amazon: link

LA RILEGATRICE DI STORIE PERDUTE

LA RILEGATRICE DI STORIE PERDUTE

La rilegatrice di storia perdute è il libro che ho letto ancora una volta grazie a Monica.

A proposito di amicizia, Sas Bellas Mariposas e Mamaglia sono esperte conoscitrici dell’autrice: Cristina Caboni, chissà se magari vorranno raccontarci qualcosa.

Nel frattempo io vorrei chiacchierare più di come mi sono piaciute in particolare le parti che descrivono il procedimento di rilegatura nel primo Ottocento.

Oggi quanto tempo occorre per creare un libro?
Sul web si trovano varie opzioni di consegna in 24 ore.

E ogni volta ci ritroviamo con la solita domanda: abbiamo guadagnato o abbiamo perso?

Recentemente con mio marito ci siamo ritrovati alla ricerca di una figura che svolgesse ancora una professione legata alle tradizioni del passato, ma qui in zona purtroppo abbiamo dovuto constatare l’estinzione di determinati tipi di lavoro.

Trovo molto triste che si sia interrotta quella preziosa catena del tramandare il sapere e dell’insegnare la pazienza e il tempo che occorrono per acquisire abilità.

È quasi come se, interrompendo la tradizione orale, ci priveremo del privilegio di poter conoscere storie perché non ci sarà più nessuno a raccontarle.

Mi piacerebbe quindi moltissimo riprendere il concetto di “rilegatura” di storie perdute per unirle e per continuare a fare in modo che vivano con noi.

Ho trascorso molto tempo ad ascoltare una delle mie nonne che raccontava della sua infanzia in una famiglia contadina, parlarmi di un’epoca apparentemente lontanissima, di uno stile di vita essenziale, di oggetti che noi non useremo mai.

L’altra mia nonna invece ha avuto meno vita a disposizione ma ugualmente i suoi racconti rimangono indelebili, così come le sue ginocchia da mondina

Il mio bisnonno invece faceva il carité, il carrettiere ed è il suo viaggiare per lavoro che ha fatto sì che sposasse la mia bisnonna: tedesca, a dispetto del detto “moglie e buoi dei paesi tuoi …” scherzi a parte, il loro è stato un matrimonio piuttosto anticonformista considerati periodo storico e condizioni sociali.

Ma dimmi tu! Mi piacerebbe moltissimo “ascoltarti.”

Se hai un mestiere da raccontare, se vuoi che una storia non vada persa, se desideri tramandare un racconto, un pensiero, un concetto, un proverbio, una esperienza o anche semplicemente un commento, io te ne sarò grata e lo aggiungerò alle storie perdute da rilegare.

 

CENTOQUARANTADUE

CENTOQUARANTADUE

Tre: centoquarantadue.
Oggi numeri!

Terzo appuntamento con il calendario dell’Avvento  a cura del blog Centoquarantadue

Seguo Centoquarantadue da un po’ e mi sono appassionata alle storie a puntate, in particolare sto leggendo le pubblicazioni de La storia di noi due che è una storia scritta a quattro mani: la Lei 142 scrive la parte relativa al personaggio femminile e viceversa.

Ti consiglio di seguirla proprio di settimana in settimana, perché al termine di ognuna rimarrai in suspense chiedendoti cosa accadrà dopo.

In effetti tutto il blog Centoquarantadue è scritto da due Anime fuse nella scrittura, e proprio per questo offre moltissimi spunti diversi tra i quali io mi appassiono a citazioni ed enigmi

Il racconto di oggi è stato scritto dalla “metà femminile” e si intitola Regalo di Natale:

Quell’anno la neve era arrivata presto, prima del solito. Ne era caduta tanta e il piccolo paese in fondo alla valle assunse in breve l’aspetto magico e fiabesco di una cartolina natalizia continua qui.

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