LA RICETTA

LA RICETTA

Con la mia immancabile tazza di caffè caldo in mano, inizio a scorrere le mail ricevute organizzando mentalmente da dove cominciare, quando un mittente sconosciuto attira la mia attenzione.
Oggetto: La Ricetta.
Clicco e apro.

Buongiorno,
in merito alla sua ricerca relativa ai piatti tipici per la ricorrenza di Ognissanti e considerato l’abbinamento che ne ha fatto con le leggende locali, vorrei chiederle se conosce già la vera storia degli Oss di Mort.
In caso contrario avrei piacere di raccontargliela, se le può interessare.
Allegra.

Il mio primo pensiero: “Allegra … che bel nome!”
Un nome non molto comune.
Una mail non molto comune.
Ma anche se fosse uno “scherzetto” vale la pena di “vedere le carte”: finisco l’ultimo sorso di caffè che distraendomi ho lasciato raffreddare, poso la tazza e seleziono la freccia Rispondi.

Il resto della giornata trascorre a colpi dei soliti rimbalzi tra il vorrei fare e il devo fare, ma oggi non è un giorno standard: ognuno condivide zucche intagliate, frasi simpatiche, foto in costume, meravigliosi gatti neri, scheletri, ragnatele, pipistrelli stilizzati, lanterne, e stupende immagini autunnali con colori spettacolari che inevitabilmente inducono a ringraziare per tanta bellezza.

Per cena ho voluto aggiungere qualcosa tanto per distinguerla da un pasto qualunque optando per le mummie di pasta sfoglia, imbalsamando però spicchi di zucca invece dei classici wurstel.
Non un grande successo in effetti, ma io sono contenta comunque.
Il mio piccolo momento di semplice serenità prosegue con la visione della classica replica de Il mistero di Sleepy Hollow durante la quale la più sleepy sono io, finché decido di andare a dormire dopo il solito rituale di gesti che compio più o meno in serie secondo il livello di sonno, che comprende anche la ricarica del cellulare.
La luce in alto a sinistra lampeggia per cui butto l’occhio un po’ più aperto sulla lista di notifiche e noto un nuovo messaggio con oggetto La Ricetta.

Il sonno è come svanito dopo che, aprendo la mail ho trovato soltanto l’icona di un video.
L’assenza di qualsiasi altra indicazione, non fa che corroborare il palese rischio di phishing.
Chiudo tutto e prendo il libro che ho iniziato a leggere da un paio di giorni, le parole però mi sfuggono come il paesaggio dal finestrino durante il viaggio. Non riesco a non pensare alla mail: la curiosità mi si è conficcata nei pensieri come la scheggia di un legno grezzo che non avrei dovuto maneggiare.

No, non è il caso di rischiare, ormai il cellulare ha invaso le nostre vite prendendosi la parte preponderante di tutto lo spazio lasciato dalla nostra svogliatezza, del nostro progressivo abbandono dell’abitudine di registrare dati su carta ad esempio, nonostante, nostro malgrado, siamo spinti nell’imbuto anche per cose che avremmo evitato: banca, spid e quant’altro.

E se provassi con il pc?
È una cattivissima idea eppure eccomi qua, seduta davanti allo schermo e pronta a combinare il danno … l’unica cosa che mi viene in mente è Ellen Ripley con la sua epica battuta “sta lontano da lei, maledetta.”

La riproduzione si è avviata e il computer non è ancora esploso … per cui decido di continuare.
Vedo campagna, alberi e vegetazione fitta, di quella in cui non ti verrebbe mai in mente di infilarti, e invece chi ha effettuato le riprese si sta dirigendo verso un minuscolo varco e a fatica lo attraversa. Sullo schermo foglie in primissimo piano, movimento sussultorio, confusione e poi uno slargo.
Al centro di una serie di alberi disposti a forma ellittica un piccolo stagno, l’acqua sembra veramente poca.
In lontananza si vede una sagoma.
Il punto di ripresa si sposta in quella direzione, sono pietre, no, è un muro.
Una assurda specie di piano sequenza mostra lo scheletro di una casa. Lo so, il gioco di parole è di cattivo gusto, mi sto lasciando suggestionare. In realtà ciò che sto vedendo sono i resti di una casa diroccata da lunghissimo tempo, il tetto non esiste, ma oltrepassando la porta è visibile in un angolo la canna fumaria di un camino, che svetta rispetto alla sommità della muratura.
La ripresa inquadra le pietre annerite in maniera sempre più ravvicinata e poi lo schermo diventa nero.

L’immagine successiva mostra una fantastica stufa di quelle smaltate che hanno scaldato stomaci e cuori di quando il poco che c’era valeva molto più del tanto che abbiamo oggi.
E poi una voce:

Sono Allegra e quella che hai visto era la casa di mia nonna.
Una donna speciale, indipendente e dotata di una intelligenza fuori dal comune.
Ma le persone hanno saputo vedere solo ciò che poteva placare la loro paura.
La diversità appare come una minaccia per coloro che per vivere hanno bisogno di seguire un percorso già deciso.
Che nulla cambi perché tutto si perpetri in maniera identica.
Ciò che è stato nutra ciò che sarà, fosse anche odio.
Non hanno capito che loro stessi nutrivano l’odio che aveva preso le sembianze del perbenismo.
E hanno ucciso mia nonna.

Silenzio.
E nella mia mente rumori di pensieri rimbombanti, l’immagine dello stagno, poi alberi, e foglie.
Quando la voce riprende mi coglie di sorpresa.

In tutti questi anni molti hanno continuato a ripetere che stava cucinando ossa umane, ma è una menzogna.
Ho avuto paura di dirlo mentre la stavano impiccando e ho lasciato che il terrore mi pietrificasse.
È stato difficilissimo tagliare la corda legata al ramo.
Ci ho messo una eternità perché continuavano a tornare a vederla e io correvo a nascondermi. Erano sempre di più. Dicevano “maledetta strega brucia all’inferno” ma nessuno di loro vedeva l’inferno dentro al proprio cuore.

La voce è rotta dalla commozione.
Completamente attonita non so capire come e perché questo video sia arrivato a me eppure non riesco smettere di guardarlo.

La visuale si allarga ed appare un piccolo tavolo sul quale un canovaccio ricopre qualcosa.
Il video prosegue per altri secondi che si dilatano lenti opponendosi allo scorrere del tempo e poi si interrompe.

DIAVAL, STRIA, PANGIALD E OSS DI MORT

DIAVAL, STRIA, PANGIALD E OSS DI MORT

Sono giorni di pensieri pesanti e forse per questo ancor di più avverto un istintivo richiamo verso le tradizioni, come se potessi trovare una specie di rifugio.

Quindi rilancio l’invito a condividere idee o ricette che facciano riferimento ad Halloween piuttosto che ad Ognissanti.

Dopo aver decisamente apprezzato la pumpkin pie, volevo provare a recuperare le ricette della Lomellina.

Ma a quanto pare siamo più predisposti per la tradizione orale senza poi darci la pena di trasferire per iscritto …

Risulta infatti una impresa rintracciare fonti che non siano la stessa frase rimbalzata più o meno a casaccio senza riscontro.

Di questo ha scritto molto bene Annalisa Alberici nel libro Cucina del Pavese della Lomellina e dell’Oltrepo

a pagina 13 c’è una importante domanda:
La cucina pavese esiste?

La risposta è lunga ed articolata, ma in breve:

Devo ammetterlo: nei secoli la cucina pavese non fu mai scritta. O lo fu per caso.

 

A quanto pare la cucina pavese è proprio come il bel tacer … e appena ho letto questa frase non ho potuto far altro che sorridere ripensando al ricordo della frase che mi ripeteva mia nonna

In realtà però ho trovato anche un altro libro che parla di Milano con riferimento al periodo dei Visconti, che quindi si può considerare esteso a Vigevano

e cita anche Pavia:

A tavola la mestizia del giorno dei morti, con le sue tradizionali visite al camposanto, cede di fronte ai piatti della tradizione che impone la biella (marmitta) con la supa coi sisar (zuppa di ceci) arricchita dalle cotiche, e il pangiald o pane dei morti. Ora il pangiald si può comprare nelle panetterie o nelle pasticcerie, ma un tempo veniva cotto nel forno di casa.

È vero che la mia famiglia è contaminata, ma noi non abbiamo mai mangiato ceci … dunque rimane giusto il pangiald.

Ognissanti, pane … mi viene in mente questa frase:

I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia.
Ardengo Soffici

Qui piove sempre meno, la terra però è bagnata ugualmente: dalla nebbia.

Ecco, piuttosto che per la cucina, è sul lato scary che la Lomellina non ha nulla da invidiare, le nostre atmosfere si prestano tantissimo!

Infatti, al contrario delle ricette, le leggende non mancano.

Al diaval: il diavolo, per esempio, avrebbe scatenato tutta la sua furia sulla chiesa di Santa Maria a Lomello per impedire le seconde nozze tra la regina Teodolinda, cattolica, e Agilulfo invece ariano.

Tra le varie versioni che si tramandano, il sito ufficiale del comune ha pubblicato la più suggestiva.

Sulla stria: strega, come potrai immaginare, esistono molte storie e pare ci siano anche testimonianze dirette … ma si sa, questa parte è “l’anima” di questi racconti … perdona il gioco di parole.

Tra tutte io opterei per quella che ha dato il nome a il ramo delle streghe che in realtà è una meravigliosa diramazione del fiume Ticino

 

Si narra che il ramo delle streghe sia stato chiamato così per la sventura di una donna affetta da strani sintomi che in una notte di luna piena, nell’intento di purificarsi tra le acque con l’aiuto delle amiche, si ritrova a dover fronteggiare il diavolo e finisce trasformata in un alga gigante che trascina a fondo anche tutte le altre donne.

E delle alghe, che sono la caratteristica di quel tratto di fiume, si dice che ricordino i capelli delle streghe.

Qui c’è l’immagine che preferisco

E tu mi racconti una storia?

In cambio non mi limito al pangiald: non potevo non presentare anche il classico “dolcetto.”

Questi sono la versione più simile agli oss di mort che io ricordo di aver mangiato: piuttosto grandi, di forma ovale, e vagamente simili al panforte.

Ma se per la variante Keep Calm abbondassimo con il cioccolato sarebbe grave?

C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

Nel ringraziare ancora una volta Giovanni Rinaldi, sono felice di parlarti del suo nuovo libro C’ero anch’io su quel treno La vera storia dei bambini che unirono l’Italia edito da Solferino.

C’ero anch’io su quel treno viene pubblicato a dodici anni esatti da I treni della felicità, anni durante i quali Giovanni Rinaldi non ha mai interrotto la sua ricerca storica, anzi, con il suo instancabile impegno umano, la ha trasformata in una vera e propria missione per riunire i protagonisti di una catena di meravigliosa solidarietà.

Negli anni del dopoguerra, migliaia di bambini sono stati ospitati da generose famiglie che si sono impegnate a offrire loro ciò del quale per vari motivi erano stati privati, accogliendoli e trattandoli come figli.

Il saggio di Giovanni Rinaldi parte dalle tragiche conseguenze di uno sciopero a San Severo nel 1950 in seguito al quale più di un centinaio di persone furono arrestate in massa: madri, padri, lasciando molti bambini in mezzo a una strada.

Un canto registrato da Giovanni cominicia così

Il venditré di marzo

Succèsse ‘na rruìna

Lo so, lo ho già scritto, ma per me il dialetto, così come la tradizione orale, sono un patrimonio assoluto che, se non fosse per persone come Giovanni, lasceremmo scivolare via.

E invece con il suo perseverante prodigarsi, Giovanni prosegue nella raccolta di testimonianze che si estende a bambini di Napoli costretti a lavorare, a bambini sopravvissuti al bombardamento di Cassino, e a tanti altri casi in cui condizioni di estrema difficoltà hanno reso provvidenziale l’aiuto a genitori impossibilitati al sostentamento dei propri figli.

L’organizzazione, i trasferimenti, le comunicazioni tra famiglie di origine e famiglie ospitanti si sono svolte dietro iniziativa del partito comunista ma in particolare a cura dell’UDI: Unione Donne Italiane.

A questo proposito, io con il mio debole per il Natale, ho letto con particolare emozione la parte in cui Ida racconta del suo impegno per raccogliere presso vari negozianti, il necessario per fare un Albero allestito con caramelle biscotti e doni.

La magia però si spezza al punto in cui Ida ricorda come il segretario, indispettito per questa sua iniziativa, la rimproverò addirittura con uno schiaffo …

Donne.

Donne e Mamme che intrecciano le loro vite in funzione del bene per i bambini, riuscendo a mettersi l’una nei panni dell’altra, comprendendo, adoperandosi, sacrificandosi.

Tengo particolarmente a ricordare con affetto Americo al quale sono grata per il grande insegnamento sull’amore materno che mi ha donato.

Incantevole anche la lettera della mamma di Umberto:

I cuori di noi madri della martoriata Frosinone salutiamo in voi tutte che ci venite incontro, e salutiamo questa bell’opera organizzata dal nostro Partito comunista.

Spero ricevere ancora notizie, e se il Signore mi provvederà prima che Umberto torni verrò a trovarla.

Non ciò parole per ringraziarla per quanto state facendo per mio figlio, ma il Signore vi restituisca tutto il bene che meritate …

Ringrazia il partito e spera nel Signore eppure io non trovo contraddizione, anzi ammiro la meravigliosa coesistenza di pensieri che hanno come denominatore comune il cuore.

Cuore che ho trovato in ogni pagina.

Tra i capitoli di C’ero anch’io su quel treno, dedicati a ciascuno dei bambini che è riuscito a rintracciare, Giovanni Rinaldi ci racconta come sia riuscito a risalire alle famiglie che offrirono generosa ospitalità, partendo da frammenti di ricordi, nomi spesso sprovvisti di riferimenti, fotografie di un tempo lontanissimo.

Un lavoro minuzioso ma soprattutto una forte sensibilità unita al nobile intento di realizzare il desiderio di ricongiungimento di queste persone che la vita ha inevitabilmente portato ad allontanarsi.

Non so se hai potuto seguire l’intervista su Rai Uno, diversamente puoi recuperarla qui a 1 h e 1 minuto circa.

Ti consiglio di vederla per renderti conto di come sia l’atteggiamento di Giovanni nei confronti delle persone che ha incontrato: mentre Severino e Diego raccontano la loro esperienza, li osserva con un sorriso che dice più di qualsiasi parola.

E questo è il sentimento di estremo rispetto che attraversa tutto il libro. Giovanni stesso ci dice che “questi signori anziani, nel momento in cui parlano, sono i bambini di allora che raccontano … ed è anche una terapia: tornare a quei momenti significa far venire fuori sia i traumi sia le gioie.”

In punta di piedi l’ascolto come prima cosa.

E tanto quanto Giovanni si pone come un tramite che concede di far fluire ricordi e racconti che vengono riportati fedelmente, altrettanto poi ci restituisce descrizioni del contesto talmente puntuali da farci sentire trasportati nello stesso luogo, avvolti dalla suggestione che la portata di enormi carichi di emozioni racchiude.

Concludo lasciandoti questa bellissima metafora a proposito di Benedetto:

apre il portone: un fascio di luce rischiara il buio. Fuori e dentro, come su un confine, rimangono tutti fermi, sospesi

TOHorror

TOHorror

Dal 19 al 24 ottobre si svolgerà a Torino il TOHorror Fantastic Film Fest, tu sei amante del genere?

Io ovviamente sono stata catturata dal logo con il profilo del gatto accanto alla Mole Antonelliana, ma il motivo per cui mi sono interessata sono I 12 passi

Ti avevo già parlato di Black Ink a proposito di podcast, consigliandoti di ascoltare le sue storie

Ora Serena è tra i finalisti del concorso Il gatto nero e io posso solo dire CHAPEAU.

La pagina ufficiale apre con una citazione di Edgar Allan Poe e dunque direi che ci sta soltanto il classico “chettelodicoafare,” ma si chiude con qualcosa di meno universalmente noto: Donald Barthelmelo scopo della letteratura è creare uno strano oggetto peloso che ti spezza il cuore.

Donald Barthelme è stato definito anche “moderno dadaista” e in effetti eccomi qua che cerco di focalizzare quello strano oggetto peloso di cui parla, sperando però di aver salvo il cuore.

Ma torniamo al TOHorror, non so se tu segui questo evento ma direi che l’occasione è ghiotta anche in vista del periodo: Ognissanti o Halloween o Samhain o Nos Galan Gaeaf  che dir si voglia, e direi che gli spunti sono sicuramente interessanti.

Il sito di TOHorror ci racconta che la prima edizione del film festival, datata 1999, ha avuto come padrino nientemeno che Dario Argento, ma non cita un evento a mio avviso epocale che invece ti consiglio di vedere assolutamente:

il regista Tiziano Sossi spiega che la versione originale è di 76 minuti, e dunque, ricercando ho trovato questa preziosissima traduzione di Fucinemute che rappresenta un documento imperdibile!

Soprattutto dopo la parte di intervista che abbiamo ascoltato, della quale citerei questo passaggio che mi ha particolarmente colpita:

“I moved when I was 5 years old to Kentucky, in a boring and very small town in south of United Stated and everything that I learnt about evil, everything that I know about I have learnt in that little town, from people there”.

Mi sono trasferito in Kentucky quando avevo 5 anni, in una cittadina molto piccola e noiosa nel sud degli Stati Uniti e tutto quello che ho imparato sul male, tutto quello che so, l’ho imparato in quella piccola città, dalle persone lì.

Questo secondo me è vero horror! Sbaglio?

Ok, sdrammatizziamo:
my parents gave me enormous gifts, my fahter gave me a movie camera but he gave me music, he was a music professor and he gave me the joy of music, I growth around it, listen to it was the soundtrack of my life.”

I miei genitori mi hanno fatto regali enormi, mio padre mi ha regalato una cinepresa ma mi ha dato la musica, era un professore di musica e mi ha dato la gioia della musica, sono cresciuto con la musica intorno, ascoltarla è stata la colonna sonora della mia vita.

Eh! Che dire? Non ti si scatenano almeno due/tremila domande?

E tu? Ti andrebbe di raccontare com’è la colonna sonora della tua vita?

LA FAMIGLIA FORTUNATA

LA FAMIGLIA FORTUNATA

La famiglia fortunata è la ulteriore traduzione che viene richiesta a Laura da Enzo Migliaccio fondatore della libreria Imagaenaria di Ischia Ponte e dell’omonima casa editrice autrice della collana Opere da tre soldi per quattro gatti che avevo già citato per La Pietra Cantante.

Qui trovi un’altra fantastica foto di Cenerella, che Laura ci ha presentato sul blog Al tavolo di Amalia ,e io non ho potuto fare a meno di pensare immediatamente alla Libreria Acqua Alta

Libri e felini, non è un connubio perfetto?

Tornando alla lettura: sono rimasta immediatamente colpita da un altro aspetto “familiare:” il personaggio che introduce il lettore nella storia si chiama Pisani.

Cognome molto diffuso nel paese in cui sono nata!
Siccome siamo ben lontani da Ischia, mi è sembrata una curiosa connessione come se La famiglia del titolo potesse in qualche modo assumere una connotazione universale.

La famiglia fortunata
Fortuna è ciò che ognuno di noi rappresenta un po’ il sinonimo di desideri realizzati.

Oppure il contrario?
Come ci suggerisce questa citazione del Dalai Lama
Ricorda che non ottenere ciò che vuoi è a volte un meraviglioso colpo di fortuna.

Io ero curiosissima di scoprire in che modo Vilhelm Bergsøe avrebbre rappresentato questa buona sorte.

Ovviamente non racconto la trama, ma vorrei chiedere: come rappresenteresti tu una famiglia fortunata?

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