INSEGUENDO FILI DI PERLE

INSEGUENDO FILI DI PERLE

Lela mi ha segnalato la storia di Meri Shervashidze raccontandomi che è stata la prima modella a sfilare sulla passerella con un filo di perle per Chanel e che si è distinta per lo stile sofisticato e il modo di donare bellezza come si può ben vedere qui dove Lela ha aggiunto un tag per me:

Una storia molto bella che va raccontata, dal momento che credo non sia sufficientemente conosciuta.

Le informazioni su di lei purtroppo sono poche: ho provato ad esempio a ricercare tramite siti ufficiali Chanel ma non sono riuscita a trovare nulla.
Tu magari sai essere migliore di me.

Secondo Vogue, Gabrielle “Coco” Chanel stessa è stata fotografata in una conversazione con il Granduca Dmitri Pavlovich di Russia, mentre indossava le sue collane di perle nel 1920.

Dunque un anno prima che Meri arrivasse a Parigi.

Ma facciamo un passo indietro: Meri Shervashidze nasce nel 1888 a Batumi e discende dalla famiglia del principe sovrano di Abcasia.

Abcasia e Ossezia del sud sono altro da Tbilisi e dal resto della Georgia come ci indica l’Osservatorio ma tu Lela correggimi se sbaglio.

Quando è ancora ragazzina, la famiglia si trasferisce a San Pietroburgo dove Meri diventa damigella d’onore dell’imperatrice.

Nel 1918 le nozze con Gigusha Eristavi, qui c’è un piccolo albero genealogico.

Al tramonto dell’indipendenza Georgiana, e poco prima dell’arrivo dei bolscevichi, Meri si imbarca diretta a Parigi facendo tappa a Costantinopoli in Turchia dove partecipa ad un concorso di bellezza, vincendolo.

Giunta nella Ville Lumière, Meri si stabilisce a Rue de la Tour, sedicesimo arrondissement, nei pressi di Bois de Boulogne e pare sia stato proprio il sopra citato Granduca Dmitri Pavlovich a presentarla a Coco.

Parigi in quegli anni incornicia un tipo di bellezza particolare, tanto che lo scrittore Alexander Vasilyev scrive un libro: “Beauty in Exile” ovvero artiste, modelle e nobiltà che sono fuggite dalla rivoluzione russa e hanno influenzato il mondo della moda.

Lo stile e l’eleganza di Meri non passano inosservati: Saveli Sorin dipinge il suo ritratto che si trova nel palazzo del Principe di Monaco.

Meri viene anche fotografata da Man Ray ma emblematico è l’incontro con Galaktion Tabidze nel 1935 perché si ritiene che suoi componimenti in Georgiano siano dedicati a lei nonostante alcune pubblicazioni risultino precedenti.

Qui puoi ascoltare la poesia in lingua originale, personalmente mi colpisce sentire il nome “Meri” che ormai alla luce di questo percorso per ritrovare sue tracce, per me ha assunto l’aura tipica delle donne che hanno saputo lasciare un segno.

E siccome l’eleganza viene da dentro, Meri Shervashidze ha trascorso gli ultimi anni della sua vita in una casa di cura conservando bellezza, nobiltà e maestosità fino all’ultimo giorno della sua vita, a 97 anni.
È sepolta insieme al marito nel cimitero di Saint Genevieve des Bois.

Ricordo il periodo in cui ascoltavo Destini incrociati e trovo la storia di Meri potrebbe essere raccontata in questo modo, anche se poi ho ritrovato che Giacomo Zito e i suoi collaboratori hanno abbinato Coco Chanel a Luchino Visconti

possiamo sempre fare una nuova puntata noi, o no?

E chiedendoci cosa “possiamo fare” … io direi che piuttosto non possiamo parlare di eleganza e fili di perle senza citare lei.
Qui il post con l’iconica scena di Colazione da Tiffany.

E tu, hai altri fili di perle da inseguire?

AL TAVOLO DI AMALIA

AL TAVOLO DI AMALIA

Come promesso torno a prendere il caffè con le tre c di Laura: la penna del gruppo Al tavolo di Amalia

Raccontiamo Ischia tra chiacchiere e caffè.

È lo slogan sotto alla foto di sei splendide donne sorridenti.
Fantastico! Non sei d’accordo?

Io ovviamente non potevo che immergermi all’istante!

Seguendo il blog ho scoperto informazioni, racconti, storie, tradizioni e itinerari assolutamente interessanti che mi hanno indotta ad oltrepassare l’ingresso a me forse più noto delle Terme per scoprire ad esempio inaspettati dettagli sulla agricoltura che sinceramente non avrei immaginato.

Perché Al tavolo di Amalia si parla di Ischia, andando alla ricerca dell’anima che nemmeno gli ischitani conoscono appieno, in un susseguirsi di approfondimenti che spaziano anche geograficamente arrivando fino a Casamicciola, Lacco Ameno, Forio, Serrara Fontana e Barano.
Tu conoscevi già queste località?

Il caffè come punto di incontro.

Che dire? PERFETTO!!

Ed il caffè è stato proprio il primo scambio nell’ambito di questo progetto cresciuto al tavolo di Amalia, che ha dato il via grazie al quale le amiche si sono incontrate, e successivamente maturato tra passeggiate, borghi e personaggi

In particolare io mi sono appassionata alle storie di Zia Mariuccia e Sue: contrapposte in una sorta di visione speculare che ti consiglio di non perdere.

Ma c’è un altro personaggio da scoprire: Laura.
Interprete e traduttrice, ha cambiato la sua vita esplorando sé stessa attraverso una totale immersione nella natura, durante la quale ha ripercorso l’esperienza ischitana dell’autore danese Bergsøe

La pietra cantante è uno dei suoi lavori di traduzione che mi ha affascinata non appena ho scoperto che Laura lo ha tradotto da un testo in caratteri gotici … come ho già detto, io adoro queste cose che considero un po’ come sogni.

In fondo ai sogni non è sempre bello scrivere to be continued?
Dunque non potremo non proseguire presto la scoperta di questa Pietra Cantante, vero?

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

Immagina di sederti e prendere il tuo libro preferito. Guardi l’immagine sulla copertina, fai scorrere le dita sulla superficie liscia e senti l’odore familiare mentre sfogli le pagine. Per te, il libro è composto da una serie di apparizioni sensoriali.

Con un incipit come questo tu a cosa pensi?

Io ne sono subito rimasta attratta ed ho proseguito la lettura:

Ma ti aspetti anche che il libro abbia una sua esistenza indipendente dietro quelle apparenze. Quindi, quando metti il libro sul tavolino e entri in cucina, o esci di casa per andare al lavoro, ti aspetti che il libro abbia ancora l’aspetto, la sensazione e l’odore proprio come quando lo avevi in mano.

Hai mai pensato diversamente?
Dove ci sta portando questa domanda?
Se non avessi “spoilerato” attraverso il titolo, lascerei quasi in sospeso curiosa della tua risposta.

L’articolo, che ti consiglio di proseguire qui si intitola “La realtà è un gioco di specchi quantistici? Una nuova teoria aiuta a spiegare il gatto di Schrödinger.”

Anche grazie ad una citazione dal nuovo libro di Carlo Rovelli si parla di questa teoria utile a capire in maniera molto semplificata il concetto del principio di indeterminazione della meccanica quantistica.

Naturalmente queste informazioni mi arrivano sempre da Massimo, perché io sono piuttosto nel caos già considerando una dimensione soltanto … eppure in questo caso, anche una mente meno geniale come la mia riesce ad afferrare in maniera basilare questo concetto.

Su Nature è stata pubblicata una ricerca dell’Università di Yale a cura principalmente di Zlatko Minev secondo la quale è possibile prevedere il salto quantico e dunque sapere prima di aprire la scatola.

Ma indipendentemente da questo io mi vorrei soffermare sull’idea di due diverse versioni opposte, eppure entrambe vere.

Il gatto è vivo e morto contemporaneamente.

Un po’ come una sorta di estremizzazione delle famigerate Sliding Doors.

Trovandomi in un momento particolare della vita, con l’aggravante di essere una indecisa cronica, dovrò inevitabilmente prendere delle decisioni cruciali.

Tu sei risoluta/o o recrimini?
Attribuisci gli eventi al caso, al destino, oppure pensi mai che qualcosa sarebbe potuto andare diversamente?
La famosa domanda e seper te è soltanto un viaggio mentale?

Sei fatalista o invece vorresti poter richiudere il coperchio della scatola per salvare il gatto?

AVANTI, PARLA

AVANTI, PARLA

Avanti, parla un ordine o un invito perentorio?
Cambiando l’intonazione può essere entrambe le cose.
E se la richiesta arriva da un’amica di vecchia data ed il tono è semplicemente curioso?

Come mi è accaduto leggendo il libro di Giulia Caminito, anche in questo caso ho riscontrato un modo di scrivere del tutto anticonvenzionale anche se non sono stata conquistata allo stesso modo.

All’uscita di Porci con le ali, libro di esordio di Lidia Ravera, io leggevo ancora Topolino ma l’eco dello scalpore generato mi è rimasto impresso, così come l’onda post sessantotto che ha portato con sé un cambio epocale.

Questo libro riporta in quegli anni, in maniera però lenta e alternata, più come una risacca che lambisce pian piano.

E pian piano ci si rende conto che la storia è stata costruita appositamente come impianto su un fondamento ben preciso: la base, il vero fulcro di tutto il racconto.

Se da una parte ero curiosa di approfondire una pagina di storia italiana della quale non ho mai letto, ma che ho vissuto a colpi di racconti di cronaca, dall’altra mi sono ritrovata a mettere in discussione il mio modo di pensare.

L’impegno costante su me stessa per eliminare giudizi e pregiudizi è davvero efficace?

E ancora: avrei avuto lo stesso punto di vista se non mi fossi trovata di fronte a una “nonna” perfetta?

Quanto spesso abbiamo detto poi che non basta partorire per essere madri, ma se la vita offrisse una seconda occasione?

Io sono fermamente convinta che i bambini e i ragazzi ci insegnino costantemente, e che siano salvifici.

Gli spunti di riflessione inoltre spaziano dalla controversa questione del saper perdonare sé stessi, all’istinto di sopravvivenza.
Dal potere intrinseco del silenzio, ai benefici della musica.
Dalla coerenza all’ipocrisia.

Tutto ciò è una porzione di quanto scaturito dai discorsi con Monica: anche questa volta devo a lei questa lettura, così come devo a lei l’arricchimento a livello umano che ne ho potuto trarre.

Tu che ne pensi?
Preferisci che un libro sveli una storia o una riflessione?
Avanti, parla …

LA MEMORIA DELL’ACQUA

LA MEMORIA DELL’ACQUA

Se la vibrazione è energia, allora la risonanza è il modo in cui essa si propaga, perciò la risonanza è in grado di trasmettere energia.”

Queste parole di Masaru Emoto racchiudono l’essenza dei suoi studi sulla memoria dell’acqua.

Conoscevi già questa teoria?
Quando Massimo me ne ha parlato, io sono rimasta letteralmente incantata.

La musica, come ho già scritto, per me è energia e costituisce una componente essenziale.

Anche l’acqua è un elemento molto importante che nel mio caso si concretizza nel legame con il mare.

Ma come si combinano?
Masaru Emoto ha intrapreso ricerche approfondite sull’acqua in tutto il pianeta, non tanto come ricercatore scientifico, ma più dal punto di vista di un pensatore originale. Riuscendo a dimostrare che è nella forma di cristallo ghiacciato che l’acqua ci mostra la sua vera natura.

Come?
Congelando campioni di acqua precedentemente esposti a musiche di vario genere ed osservandone successivamente i cristalli.

Sembra persino una fiaba vero?
Colpisce con tutta la delicatezza dell’universo giapponese e della loro attitudine, che sinceramente io invidio.

Ascoltando questa intervista mi sono rimasti impressi alcuni passaggi, ad esempio quando dichiara: “mi sento di avere molto in comune con Don Chisciotte.”

Oppure quando parla di tradizione spirituale giapponese e di HADO: letteralmente cresta dell’onda, che rappresenta proprio la vibrazione energetica che si trasforma in memoria dell’acqua.

Meraviglioso.

Devo però anche dire che personalmente, considerando Giappone e acqua, i miei pensieri non possono fare a meno di correre sulla drammatica situazione di Fukushima e dell’imminente scadere del tempo rimasto per i serbatoi.

Anche per questo risulta ancor più prezioso l’intento del Dottor Emoto di dedicarsi ai bambini, che non hanno l’imprinting negativo degli adulti, attraverso il suo Peace Project

Come dargli torto?
E pare non si possa dare torto nemmeno riguardo ai suoi studi sui quali è stato svolto un test in doppio cieco a riconferma.

Tu cosa ne pensi?

Sull’onda emotiva di questo modo della musica di materializzarsi in cristalli, mi sono poi ritrovata a riflettere su un altro stupendo frangente in cui la musica impressiona la memoria: la gravidanza.

A questo proposito mi farebbe TANTO piacere se qualcuno volesse raccontarmi la propria esperienza.

Io ho sempre fatto ascoltare musica a nostro figlio: prima che nascesse e anche dopo. Sul tipo di musica forse non sono stata granché ortodossa …

A questo proposito ho trovato la tesi della Dottoressa Alexandra Lamont: docente senior di psicologia della musica presso la Keele University, secondo la quale i bambini possono ricordare le cose dall’utero molto più a lungo di quanto pensassimo.

Lo studio di ricerca dell’Università di Leicester riportato da NewScientist ci spiega che:
La psicologa Alexandra Lamont ha scoperto che i bambini di un anno ancora riconoscevano e preferivano i brani musicali che venivano suonati loro prima di nascere. Studi precedenti hanno mostrato che i bambini avevano familiarità con le esperienze prenatali solo quando avevano pochi giorni.
Lamont aveva pensato che i bambini potessero sviluppare un gusto per lo stile musicale suonato dalle loro madri, ma non era vero. Invece, è stata sorpresa di scoprire che i bambini potevano discriminare e ricordare le singole canzoni.

Sempre a cura della dottoressa Lamont ho anche trovato una World Café participatory discussion “coincidenze? Io non credo …”

Scherzi a parte, tu che musica vorresti cristallizzare nella memoria?

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