PIEMONTE: TAZZE E … BICERIN!

PIEMONTE: TAZZE E … BICERIN!

 

Sono felicissima di ricevere questa foto per la nuova tappa del viaggio di tazza in tazza!
Ringrazio di cuore Valeria: la sua tazza carinissima arriva dal Piemonte.

Posso farcela, e ce la farò, ma dopo il caffè.

Praticamente un mantra impresso sulla tazza.
Incoraggiamento ad ogni sorso.
Che dire? Perfetto!

In Piemonte c’è un luogo del cuore per me: Novara, città che custodisce momenti importanti della mia vita.

Ma Valeria ha acceso il mio interesse su un altro luogo in particolare.

Un luogo dove una bevanda molto speciale viene servita in bicchieri senza manico … bicerin, appunto.

Sto parlando del mitico Caffè al Bicerin dal 1973 a Torino.

Ecco il Bicerin di Valeria!

Non so tu ma io provo una improvvisa voglia di assaggiarlo laughing

Valeria mi ha raccontato che va bevuto così come viene servito: cioè senza mescolarlo.

Il Bicerin è infatti composto da tre ingredienti base: caffè, crema di latte e cioccolata … ottima compagnia non c’è che dire laughing

Ovviamente però il Bicerin è molto più di questo, ed è innanzitutto storia.

Storia di una bevanda settecentesca composta da tre diversi bicchieri separati, quasi come per una sorta di rituale, che nel tempo si è evoluta nella versione attuale che raggruppa n poc ‘d tut.

Storia raccontata anche nel Museo virtuale di Torino.

Storia di una bevanda che vanta estimatori illustri.

Umberto Eco la racconta ne Il cimitero di Praga:
Mi ero spinto sino a uno dei luoghi leggendari della Torino d’allora. Vestito da gesuita, e godendo con malizia dello stupore che suscitavo, mi recavo al Caffè Al Bicerin, vicino alla Consolata, a prendere quel bicchiere, odoroso di latte, cacao, caffè e altri aromi. Non sapevo ancora che del bicerin avrebbe scritto persino Alexandre Dumas, uno dei miei eroi, qualche anno dopo, ma nel corso di due o tre scorribande in quel luogo magico avevo appreso tutto su quel nettare…

Nettare rende piuttosto bene l’idea, non trovi?

QUATTRO TERZI PI GRECO ERRE TRE

QUATTRO TERZI PI GRECO ERRE TRE

 

Ringrazio infinitamente Lucia Amendola Ranesi, insieme a Manuale di Mari, per l’opportunità di scoprire il libro Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre che ho amato moltissimo.

Della sfera il volume qual è? Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre.

Chi si ricorda questa filastrocca?

Non è la prima volta che racconto il mio interesse per i libri sulla matematica, ma in questo caso sono stata colpita immediatamente dall’affinità di pensiero.

Partire da una formula per raccontare una storia

O partire da una storia per raccontare una formula.

In realtà entrambe le cose.

La “formula” alla quale si addiviene però non è un calcolo, ma un viaggio che porta, o meglio: riporta, all’origine.

Non amo svelare troppo, perché vorrei che anche tu provassi la stessa coinvolgente esperienza di lettura che ho avuto io, e vorrei che anche tu arrivassi alla “chiusura del cerchio” con tutto il carico di emozioni che ha accompagnato me.

Io ho considerato Quattro Terzi Pi Greco Erre Tre come l’equazione di un mondo nel quale entrare attraverso un meraviglioso scambio di lettere, proprio quelle lettere scritte a mano, le lettere a me tanto care.

Una sfera familiare, ma anche una sfera storica.

E attraverso la vita dei personaggi ho compreso innanzitutto la vocazione: la passione per lo studio e per l’insegnamento, insieme, come in una vera e propria unione che dura per tutta la vita.

Ma il libro insegna anche che il destino non sempre è dietro alle cose che ci spaventano maggiormente.

E dimostra come l’amore puro e vero non possa in alcun modo essere sporcato.

Sicuramente non dimenticherò una Nonna speciale, che vorrei poter abbracciare mentre ripete che tutti i soldati sono figli.

E una Donna speciale: Maria Moreno, che spero possa essere ricordata per la sua capacità di unire studi letterari e scientifici, delicatezza e forza d’animo, poesia e quotidianità.

Ovviamente io tendo a focalizzare più i personaggi femminili, ma indubbiamente anche Rodolfo, così come due importanti figure che hanno lasciato un segno nella nostra storia, regalano riflessioni molto interessanti.

Se ti dicessi Renato Caccioppoli?
E se ti dicessi Ettore Majorana?

In un libro così nelle mie corde, poteva mancare il caffè?!
Ovviamente no! Infatti eccolo:

BORSE: CONTENUTI IMPROBABILI

BORSE: CONTENUTI IMPROBABILI

Borse: contenuti improbabili.
Ci ho già scherzato perché davvero non puoi immaginare cosa potrebbe uscire dalle mie borse.

Ma questa volta ho trovato qualcuno che mi batte.

Dopo ArtyCapucines, dopo le Bouncing bags e le borse di I sew so I don’t kill, di cui ti ho già raccontato, dopo l’upcycling con le Wicker bags, ti segnalo la Snowman carrier!

E in particolare Matsuzawa Yuko è l’artigiana che per Tsuchiya Kaban ha pensato e realizzato la borsa porta pupazzo di neve!

Il concept di 土屋鞄製造所【TSUCHIYA KABAN:
Nella mente di ogni coscienzioso artigiano di borse in pelle c’è un cassetto immaginario pieno di idee fantasiose per borse che possono essere utilizzate per trasportare cose diverse.
Affinando le loro abilità e attingendo dalle conoscenze che apprendono giorno dopo giorno, i nostri artigiani possono realizzare idee di design nelle loro menti.

Va detto che sono riusciti a concretizzarlo in maniera egregia!

Il porta pupazzo di neve nasce con questo pensiero:
Scaldata dal vapore che sale da una ciotola di zuppa calda in una fredda mattina,una rapida occhiata fuori dalla finestra coglie un fiocco di neve che va alla deriva, bianco come cotone, l’accogliente vista della prima neve è sempre una piacevole sorpresa.
Se solo potessi condividere con qualcuno caro, nel momento in cui cade la prima neve nell’aria...

E tu, cosa vorresti custodire in una borsa?

KEEP CALM AND … PATTINAGGIO!

KEEP CALM AND … PATTINAGGIO!

 

Keep calm and … pattinaggio!
Ebbene sì: questa volta il keep calm è su rotelle!
E non sono quelle arrugginite che mancano a me, per tua fortuna.

Ma nemmeno le rotelle degli esperimenti che recentemente io e Eleonora, per una curiosa coincidenza, ci siamo raccontate in questi commenti

Le rotelle Keep Calm sono spettacolari e appartengono al quartetto di pattinaggio della società Victoria Alba Asd.

Victoria Alba è una associazione di circa 100 tesserati, che vanno da bambini di 5 anni ad adulti appassionati di pattinaggio. Si allenano ad Alba in provincia di Cuneo e partecipano a manifestazioni e gare a livello provinciale, regionale e nazionale.

Io ho avuto modo di conoscere Victoria Alba dopo la partecipazione al campionato regionale Fisr a Novara dove le ragazze Keep Calm hanno ottenuto il quinto posto nella categoria Quartetti Divisione Nazionale con una esibizione ispirata al film “The greatest showman” … tanto per rimanere in tema musical

I loro nomi sono Benedetta, Michela, Sara e Sophie e hanno tra i 14 e i 16 anni.

Ovviamente non potevo non contattarle per chiedere come è nata la scelta del nome Keep Calm.

Ecco la loro risposta:
La scelta di questo nome non è avvenuta per caso, anzi, come sappiamo la traduzione di questo breve costrutto è “stai calmo” o “mantieni la calma.” Noi come squadra abbiamo deciso di renderlo personale, ricordandoci che abbiamo tutte le capacità per affrontare a testa alta le nostre competizioni stagionali, senza farci affannare da incertezza o agitazione interiore. Perché in fondo noi stesse abbiamo deciso di intraprendere questo percorso che in un certo senso ci ha aiutato a maturare e crescere come persone che hanno il controllo di sé.

Direi che hanno le idee ben chiare e che si meritano i miei più sinceri applausi.
Forza ragazze! Il mio tifo è tutto per voi!

Nel caso tu voglia seguire il quartetto Keep Calm, così come gli altri atleti, puoi trovarli sia sulla pagina Facebook che sul profilo Instagram.

Hai mai provato a pattinare?

Sono certa che mi racconterai fantastiche performance.

I pattini a rotelle con le quali mi sono completamente “grattuggiata” un avambraccio in seconda elementare erano più o meno come quelli in questa foto.

Non ridere troppo però!

WEST SIDE STORY

WEST SIDE STORY

 

West Side Story è storia, permettimi il gioco di parole.
Storia del cinema anche per chi non è amante dei musical.

A te piacciono i musical?
Sono forse il genere più controverso in assoluto: o lo odi, o lo ami.

Io lo amo.

Nel caso in cui tu invece nutra qualche dubbio, ti consiglio di leggere questo post sul blog Come cerchi sull’acqua

West Side Story nasce come spettacolo teatrale a Broadway e Jack Gottlieb ci racconta di come fosse stato pensato traendo ispirazione da Romeo e Giulietta di Shakespeare e di come Jerome Robbins avesse inizialmente immaginato Giulietta come una ragazza ebrea e Romeo come un cattolico italiano. L’azione, ambientata durante la stagione Pasqua / Pasqua ebraica, avrebbe dovuto svolgersi nel Lower East Side di New York City. Quindi il titolo avrebbe potuto essere EAST Side Story oppure Gangway.

Trovo assolutamente comprensibile che Steven Spielberg abbia dichiarato che è stato il film più arduo della sua carriera. 

Ho iniziato a guardarlo insieme a tutti i presupposti positivi, e con tutta la curiosità di scoprire come l’ardua sfida fosse stata risolta.

L’inizio mostra l’imminente demolizione del quartiere e, personalmente l’ho interpretata come la metafora di una wrecking ball di rottura ma non sul passato.

Il tempo è da demolire.
Perché nonostante tutti gli anni trascorsi, costellati da accadimenti drammatici, è come se la storia fosse stata scritta oggi.

E Rita Moreno diventa come un fulcro di umana sofferenza, attorno al quale si manifesta il reiterato dolore ciclicamente ricorrente nonostante il tempo trascorra.

In questo video riceve l’Oscar per l’interpretazione del personaggio di Anita nel 1962

 

Questo invece è il post con il quale si complimenta con Ariana DeBose per la recente vittoria per avere interpretato Anita, diversamente eppure con altrettanta efficacia.

Per Rita Moreno nel film di Spielberg è stato creato il ruolo di Valentina: la vedova di Doc, che aiuta e sostiene Tony dopo le sue disavventure con la giustizia, ma in varie interviste è stata definita la “mamma” di West Side Story per come ha consigliato, assistito, supervisionato instancabilmente.

E ovviamente tutto questo mi è entrato nel cuore.

Senza contare la sua battuta per me iconica: Tony le chiede di tradurre “per sempre” perché vuole dichiararsi a Maria in spagnolo e lei, spaventata da quell’idea di assoluto tragicamente irreale, risponde qualcosa come “perché non dire semplicemente vorrei prendere un caffè con te?”

Eh!

Indubbiamente è una dichiarazione comunque importante, vero!?

E mentre bevi il caffè, ti consiglio ancora una volta l’analisi dettagliata e professionale di Matavitatau

C’è un brano in particolare che preferisci dalla colonna sonora di West Side Story?

Sono tutte canzoni destinate a rimanerti nella mente una volta ascoltate, ma, tanto per citarne tre clamorosamente strafamose, sei più per Tonight, Maria, oppure America?

Pin It on Pinterest