LUPO BIANCO O LUPO NERO?

LUPO BIANCO O LUPO NERO?

 

Nel periodo in cui stiamo vivendo, tra i numerosi aspetti che hanno preso il posto di quella che era la nostra quotidianità prima, si osservano anche forme di comportamento non esattamente sociali, per non dire per nulla amichevoli.
In effetti l’idea che il vero io di alcune persone affiori soltanto in casi di emergenza o di forzatura, è latente da sempre, ne entriamo in contatto attraverso detti oppure leggende, proprio come quella del lupo bianco che è gioia, amore della pace, speranza di serenità, umiltà, benessere, benevolenza, empatia, generosità, verità, compassione e fede; o del lupo nero che è rabbia, invidia, gelosia, dispiacere, rimpianto, autocommiserazione, avidità, arroganza, colpa, risentimento, inferiorità, bugie, falso orgoglio, superiorità ed ego.
L’origine ufficiale si perde nel tempo: la fonte è stata tramandata oralmente, ma ho trovato questa Tale of the two wolves (Racconto dei due lupi).
Ogni individuo ha dentro di sé entrambi i lupi e dei due vincerà colui che si deciderà di sfamare.
Dunque il libero arbitrio.
Concetto tanto ampio quanto dibattuto.
Tra le innumerevoli discussioni che si perdono nella storia, tra natura e cultura, tra filosofia e scienza, riemerge un esempio: l’esperimento di Stanford.
Nel 1971 un giovane professore di psicologia dell’università di Stanford: Philip Zimbardo ricreò una prigione nel seminterrato dell’ateneo e selezionò 24 studenti tra 70 candidati che si erano offerti, facendo vari test che ne accertassero ad esempio l’assenza di malattie, di dipendenze, e di precedenti penali. Questi studenti vennero suddivisi equamente e in maniera casuale in due gruppi: carcerati e guardie.
Lo scopo era dimostrare l’impatto delle variabili situazionali sul comportamento umano.
L’effetto Lucifero, questa è la definizione data al risultato dell’esperimento, interrotto dopo soli 6 dei 14 giorni previsti, a causa di episodi vessatori e violenti da parte delle guardie nei confronti dei carcerati.
Questo effetto è stato indotto anche dalla de-individualizzazione: le guardie nel ruolo istituzionale, dietro divisa e occhiali a specchio, che conferivano una sorta di anonimato individuale appunto, hanno mostrato di lasciar emergere il loro lato peggiore.
Lo stesso ZImbardo ha dichiarato di essersi fatto prendere dal ruolo di direttore del carcere e proprio l’accusa di aver indotto e pilotato alcune dinamiche, ha portato copiose critiche e tesi a confutare la validità dell’esperimento.
Dunque ora, assistendo a svariate tipologie di sfoghi non solo virtuali, forse possiamo considerare il fatto che alcune persone si sentano “prigioniere” e altre assurgano il ruolo di “guardie”.
Quello che possiamo fare è cercare di rimanere noi stessi e di non sfamare il lupo cattivo … e nemmeno l’effetto Lucifero.

 

 

 

LA GUERRA DEI MONDI

LA GUERRA DEI MONDI

A che ora è la fine del mondo?”
No, partiamo dall’inizio: La guerra dei mondi è un romanzo scritto da H. G. Wells, tra i precursori del genere fantascientifico, originariamente pubblicato a puntate nel 1897 sul Pearson’s Magazine a Londra.
Primo aneddoto curioso: H. G. Wells prese in parte ispirazione dalle teorie di Giovanni Schiaparelli su Marte  (e se mi leggi sempre ricordiamo il nostro save the date 🙂 )
L’astronomo, nonché direttore dell’Osservatorio Astronomico di Brera a Milano, osservò alcune linee sulla superficie del pianeta rosso, e ipotizzò che potessero essere canali naturali per il trasporto di acqua poiché mutavano da una osservazione all’altra.
A questo punto ci sta un altro bel sorriso perché qual è uno dei tasti dolenti per tutti noi italiani? La conoscenza dell’inglese!
Perché dico questo? Perché i suoi canali naturali vennero tradotti con il termine sbagliato che travisò la teoria trasformandoli in canali artificiali. Da qui il presupposto che fossero stati scavati da … marziani, per l’appunto.
Questi famosi “marziani” che hanno popolato le fantasie di molti, incarnando le più svariate forme e descrizioni, prima di venire soppiantati dai più universali alieni.
Questi famosi “marziani” che hanno ispirato prima Wells e poi anche Welles, Orson Welles.
Curiosa anche questa coincidenza, li separa una e ma soprattutto una invenzione brevettata, altro dato curioso, sempre nel 1897, sempre a Londra, e sempre da un italiano: Guglielmo Marconi.
Perché passo a parlare di radio? Perché nel frattempo arriviamo nel 1938 è la radio è ancora la neonata tra i mass media e, esattamente come funziona oggi per internet, viene vista come una forma di comunicazione potenzialmente pericolosa, in quanto veicolo di mutazione sociale, per la rapidità di diffusione alla facile portata di un numero elevato di persone, e soprattutto dannosa per i colossi dell’editoria, preoccupati di perdere i loro introiti.
E ed è proprio alla CBS che Orson Welles conduce The Mercury Theatre on the Air: un programma costituito dalla narrazione dei grandi classici della letteratura, per la verità mal pagato e non molto seguito.
Ma Orson, allora attore shakesperiano, esprime il suo genio usando il programma anche per assestare un colpo al sistema, decidendo di dare il taglio di un notiziario in tempo reale, e in vista dell’imminente Halloween, struttura l’invasione marziana descritta nel libro come una radiocronaca in tempo reale.
È infatti il 30 ottobre 1938 quando va in onda la lettura dell’incipit de La Guerra dei Mondi, intervallata da trasmissioni musicali, come di consueto, finché un annuncio interrompe la musica e traspone il testo ambientandolo negli Stati Uniti. Con l’aiuto dello sceneggiatore Howard Koch, vengono inserite finte interviste ad esperti, imitazioni di comunicati delle autorità, ed effetti sonori ai quali Orson Welles presta una cura particolare.
All’inizio e nel corso della trasmissione viene chiaramente dichiarato che si tratta della trasposizione del romanzo, ma molti si sintonizzano in momenti diversi e l’effetto illusione creato ad arte riesce perfettamente.
Si narra della telefonata di un uomo al New York Times per chiedere appunto “a che ora è la fine del mondo?” alla quale fa riferimento il famosissimo brano scritto da Michael stipe dei R.E.M.
C’è un coro che sostiene la esagerazione delle stime che contano le persone corse in strada, le scene di panico, o l’isteria, e sinceramente non intendo soffermarmi sui numeri, dal momento che, specialmente in questo periodo, non se ne può più di sentire tragici conteggi.
Di fatto, a Grover’s Mills nel New Jersey, esiste una targa commemorativa con la seguente iscrizione:
La sera del 30 ottobre 1938 Orson Welles e The Mercury Theatre presentarono una drammatizzazione di H.G. Wells La guerra dei mondi adattata da Howard Koch. Questo doveva diventare un punto di riferimento nella storia delle trasmissioni, provocando continui pensieri sulla responsabilità dei media, sulla psicologia sociale e sulla difesa civile. Per un breve periodo, oltre un milione di persone in tutto il paese credevano che i marziani avessero invaso la terra, a partire da Grover’s Mill, nel New Jersey.
La cosa importante che Orson Welles più o meno volontariamente ci ha dimostrato, è che le persone sono portate a credere piuttosto incondizionatamente ciò che viene loro comunicato dai mass media mainstream.
Quante volte ci siamo sentiti dire “lo ha detto la TV?”
Quanti hanno cura di verificare le notizie?
Questa volta mi sono dilungata oltre il tempo del caffè, ma oggi forse possiamo concederci anche il cioccolato, che dici?
Però ora concludo con l’ultima strana coincidenza: ne La Guerra dei Mondi i marziani vengono sconfitti da un virus.

PILLOLA ROSSA O PILLOLA BLU?

PILLOLA ROSSA O PILLOLA BLU?

Pillola rossa o pillola blu?
Si usa molto suddividere le generazioni: Millennials, Generazione X, Boomers e così via; nonostante il cammino in comune, ognuna ha una visione particolare su diversi archi di tempo contraddistinti ovviamente dagli accadimenti che li hanno caratterizzati.
Molti di noi forse non avevano mai avuto una esperienza concreta su determinati tipi di emergenze, e la prova generale di panico alla quale stiamo assistendo in questi giorni sicuramente apre vari scenari inediti o perlomeno mai presi in considerazione seriamente.
Si sente e si legge tutto e il contrario di tutto e le domande scoppiano come una incontenibile quantità di chicchi di mais esposta al calore.
Eppure osservo, tu come sempre correggimi se sbaglio, che la maggior parte delle persone continua a rinchiudere le faccende tra i quattro angoli del proprio orticello. Comportamento dal quale ad esempio deriva la corsa a pasta farina e zucchero nei supermercati. Come se avere un tot di scorta nella propria dispensa potesse bastare a chiudere fuori dalla porta tutto il resto.
Domanda: quale può essere il motivo?
Basta davvero lavarsene le mani?
Ma, al di là dello specifico, anche in un contesto di normale routine, non ti sembra che in generale le persone preferiscano non affrontare riflessioni che potrebbero portare a conclusioni scomode o indesiderate?
Inevitabile ricordare la celeberrima esemplificazione del libero arbitrio formato Matrix:

 “Pillola azzurra: fine della storia. Domani ti sveglierai in camera tua e crederai a quello che vorrai.
Pillola rossa: resti nel paese delle meraviglie e vedrai quanto è profonda la tana del Bianconiglio.
Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più.”

Tra le innumerevoli interpretazione e dissertazioni c’è anche l’ipotesi che la blu sia la scelta del dogmatico, ma io vorrei rimanere al concetto più basico: quanti sceglierebbero la pillola rossa?

 

VERITÀ O SURROGATO?

VERITÀ O SURROGATO?

Verità o surrogato?

Come ti rapporti tu con i sostituti del caffè?
Caffè di orzo, caffè decaffeinato: sono valide alternative per chi per vari motivi deve rinunciare al caffè vero, oppure se non caffè, meglio lasciar perdere e bere altro?
Mi sono ritrovata in testa questo pensiero sui surrogati, mentre ascoltavo le notizie.
La verità secondo te esiste ancora? Sempre più spesso io ho l’impressione di dovermi bere una lunga serie di sostitutivi, o peggio ancora, mi sembra di dover ingoiare l’ormai famigerato Parmesan, come se fosse scontato che tanto va bene anche se non è quello vero, perché in fondo ciò che costa meno conviene.
Dunque sentire che un soldato si confonde e abbatte un aereo di linea in fase di decollo scambiandolo per un caccia americano, per me è un boccone di Parmesan, ma tutti lo mangiano, va bene così, proseguiamo pure le nostre cose, non importa se comunque la si guardi, è paradossale.
Senza voler fare geopolitica da bar, non ti inquieta pensare che sia considerato plausibile che un soldato, da solo, nell’era in cui controlliamo persino la lavatrice con una semplice applicazione sul cellulare, possa lanciare un missile senza autorizzazione, senza verifiche, senza certezze, senza senso?
Non lo chiameresti Lee Harvey Oswald?
O forse sono io che, reiteratamente delusa, vedo sempre più la verità come una Tigre Siberiana: magnifica, ma ormai quasi estinta.

 

 

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