SHADOW

SHADOW

Shadow, qual è la tua prima associazione di pensiero?

Inizio citando persone: Nick

Poi random: motori

Musica

Cinema

Potrei continuare, anzi, vuoi menzionare altri esempi anche tu?

Il mondo è pieno di ombre

Già shadow = ombra … per questo mi chiedo come sia nata la scelta di chiamare Shadow anche un computer al quale è possibile accedere da remoto.

Si tratta di è un potente PC Windows che permette di utilizzare qualsiasi tipo di applicazione senza che si debba acquistare hardware, che come si sa, tende ad essere obsoleto in tempi brevissimi, oltre che oneroso.

Una facoltà che apre ad una specie di nuova e importante rivoluzione rispetto all’utilizzo della tecnologia nel nostro quotidiano.

Oppure tu la consideri più come l’ennesima standardizzazione?

I vantaggi evidenti e immediati si concretizzano nel poter operare al massimo della potenza senza dover sborsare cifre elevate in acquisti di attrezzature.

Anche a livello di ambiente si ridurrebbe senz’altro lo sfruttamento di determinati materiali e soprattutto si ridurrebbe l’esigenza di smaltimento di molti dispositivi, dal momento che ognuno potrebbe operare con ciò che ha a disposizione, semplicemente connettendosi.

Ecco, la connessione può però costituire anche il primo rovescio della medaglia: se dovesse saltare, tutto il lavoro si fermerebbe.

Allo stesso modo ci si troverebbe bloccati in caso di malfunzionamento del “server,” se così lo possiamo chiamare.

E ancora: le condizioni iniziali possono apparire vantaggiose, ma i costi potrebbero aumentare in maniera incontrollata, come purtroppo stiamo constatando.

Esiste dunque il rischio di trovarsi a rimpiangere il vecchio pc, magari lento ma pur sempre funzionante.

Luce, o ombra?

Mentre decidiamo, qualcosa di “oscuro” indubbiamente c’è: il cloud!

Impossibile non citare la famose scena in cui Jason Segel urla a Cameron Diaz: “nessuno sa cos’è il cloud!”

Il famigerato cloud: una sorta di buco nero dove finiscono nostri dati, oppure una valida opportunità?

Ai postUSerS laughing l’ardua sentenza.

FELICITY ACE

FELICITY ACE

 

Quando si dice che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare …

Dagli oceani blu sosteniamo la vita delle persone e garantiamo un futuro prospero.

Questa è la frase centrale che appare sul sito della Mitsui OSK Lines, che risulta la domiciliazione della Snowscape Car Carriers SA, Tokyo, Giappone. 

Eppure la loro Felicity Ace non porta felicità, al contrario, si è rivelata un terribile asso di picche.

Questa nave cargo, battente bandiera panamense, è affondata al largo delle isole Azzorre.

Il sito della Marina Portoghese riporta una sequenza fotografica

La SMIT Salvage Pte Ltd. in data 18 febbraio pubblica il seguente documento:
Un team di sedici esperti della controllata SMIT Salvage è stato mobilitato ieri ed è presente alle Azzorre dove al momento è in fiamme la grande nave con un carico di auto Felicity Ace. La nave era in rotta dalla Germania agli Stati Uniti quando è scoppiato l’incendio. L’intero equipaggio è stato evacuato in sicurezza e grandi attrezzature sono in viaggio dalla Spagna e dai Paesi Bassi per assistere nella lotta antincendio.

Sempre il 18 febbraio, la Mitsui OSK Lines comunica tramite il proprio sito una divulgazione di informazioni sull’incidente FELICITY ACE che riporta:
La nave cargo FELICITY ACE operata da MOL ha subito un incendio durante la navigazione nell’Atlantico il 16 febbraio e tutto l’equipaggio è stato evacuato dalla nave in sicurezza. Le informazioni relative a questo incidente saranno divulgate nel seguente sito web.
MOL si rammarica per il disagio e la preoccupazione causati. MOL farà ogni sforzo per contenere i danni e risolvere la situazione come priorità principali.

Segue un secondo comunicato in data 02 Marzo:
Mentre la nave veniva rimorchiata in un’area sicura dal 25 febbraio, è affondata il 1° marzo dopo aver subito un’inclinazione a dritta.

Sul sito preposto viene elencata una cronologia temporale degli eventi che racconta di un incendio scoppiato a bordo.

La dichiarazione che si susseguono continuano a riportare: si presume ancora in fiamme.

Fino al 25 febbraio: il fumo non è più visibile.

Dal 16 febbraio al 25 febbraio sono 9 giorni.

Il 1° marzo viene dichiarato che la nave è affondata.

Ieri, 7 marzo: la nave è affondata il 1 marzo intorno alle 9:00 ora locale a circa 220 miglia nautiche al largo delle Azzorre dopo aver subito un’inclinazione a dritta.
Il velo d’olio che è stato confermato al momento dell’affondamento della Nave rimane sulla superficie del mare, diffondendosi in modo sottile e scomparendo gradualmente, ma non è stato confermato alcun nuovo velo d’olio.
Dopo aver consultato le autorità competenti, i mezzi di rimorchio e salvataggio hanno lasciato il sito il 5 marzo e continueranno a monitorare l’area con l’osservazione regolare da satellite e aerei.

Un sottile velo d’olio.

Come se fosse tutto qua.

Sul sito EMSA non compare nulla.

Le auto trasportate erano auto elettriche, una probabile causa scatenante dell’incendio potrebbe essere proprio costituita dalle batterie al litio, che richiedono attrezzature speciali per estinguersi, come ha dichiarato il capitano Joao Mendes Cabecas del porto di Hortas intervistato dalla Reuters

Il Gruppo di Lavoro dei Vigili del fuoco ha stilato un vademecum informativo che spiega in particolare il Thermal Runaway e il rischio di incendio ed esplosione delle batterie agli ioni di litio.

Tu sai come si “smaltisce” una batteria?

Riporto testualmente dal sito Cobat cioè il Consorzio Obbligatorio per le Batterie al Piombo Esauste e i Rifiuti Piombosi che spiega la Pirometallurgia.
L’impianto recupera metalli come nichel, cobalto e rame, liquefacendo i componenti della batteria ad alta temperatura.
Litio e alluminio rimangono nei residui.
Per recuperare il litio, sono necessarie ulteriori (costose) fasi di lavorazione.

La stessa Area Ambiente della Comunità Europea dichiara che le batterie Li-ion pongono una speciale minaccia, in quanto contengono un’elevata percentuale di metalli pesanti pericolosi.

Sempre la fonte Reuters parla di un totale di circa 4000 automobili, tutte di lusso: Porche, Audi, Bentley … con una presumibile quantità di accumulatori batteria non certo indifferente.

Non so tu, ma per me quel “velo d’olio” non è copra quello che è finito sul fondo del mare.

È davvero questo l’impatto zero che ci raccontano?

CAFFÈ RADIOATTIVO

CAFFÈ RADIOATTIVO

Che cos’hanno in comune gli incidenti di Chernobyl e Fukushima? Innanzitutto un numero: sono entrambi di livello 7.
L’incidente di Chernobyl si è verificato nel 1986 e secondo il rapporto di Greenpeace trent’anni dopo la catastrofe oltre diecimila chilometri quadrati sono inutilizzabili per l’attività economica, più di centocinquantamila chilometri quadrati sono le aree contaminate della Bielorussia, Russia e Ucraina e cinque milioni di persone vivono in zone ufficialmente considerate contaminate. A causa degli elevati livelli di contaminazione da plutonio nel raggio di 10 chilometri dalla centrale, l’area non potrà essere ripopolata per i prossimi diecimila anni.
La recente serie HBO ci ha dato la possibilità di rivivere attraverso le immagini, quei giorni che hanno cambiato le abitudini di tutti.
A migliaia di chilometri di distanza, abbiamo evitato cibi come verdure e latte, in aggiunta a ulteriori misure particolari per i bambini.
Per quanto riguarda Fukushima, sempre secondo il rapporto di Greenpeace gli interventi di decontaminazione del governo sono stati frammentari, inadeguati e vi è un serio rischio di ri-contaminazione delle aree già decontaminate. Nonostante il massiccio sforzo e le spese sostenute, è probabile che le attività di decontaminazione diventino un processo senza fine. Inoltre, gli sforzi di decontaminazione senza potersi ‘sbarazzare’ della contaminazione radioattiva, cioè semplicemente spostandola in altri luoghi come i siti di stoccaggio temporaneo, continuano a rappresentare un pericolo per le comunità locali e per l’ambiente.
Il rischio è che il Giappone decida di scaricare l’acqua contaminata nell’oceano Pacifico.
Si tratta dell’acqua che dal giorno dell’incidente cioè dall’11 marzo 2011 è stato necessario pompare sul reattore per mantenere bassa la temperatura del nocciolo: più di 220 metri cubi al giorno. Riesci ad immaginare quanto grande può essere la quantità?
Secondo le previsioni della stessa Tepco il limite di stoccaggio sarà raggiunto nel 2022.
È un problema che riguarda il monto intero anche se per ora solo la Corea del Sud sembra preoccuparsene.
Senza contare il rischio perenne che rappresentano questo migliaio di cisterne in una zona sismica.
Nel frattempo alcuni giornali stanno già riportando la notizia che il trizio è “relativamente tossico” e minimizzando l’impatto dello smaltimento in mare dato che avrebbe vita breve, certo, un periodo di dimezzamento di poco più di 12 anni non è nulla in confronto ai diecimila …
Ricordiamo che il trizio veniva impiegato per la fluorescenza negli orologi e che l’utilizzo è stato interrotto.
Ma la domanda è semplice: se davvero così innocuo, perché stoccarlo per nove anni continuando a costruire cisterne?
Direi che quando parliamo delle centrali nucleari ormai anche la frase di Einstein non basta più, non siamo nemmeno come topi che costruiscono una trappola per sé stessi, siamo andati oltre.
La leggerezza con la quale viene consentita la costruzione di queste centrali ben sapendo che in caso di incidenti non esiste nessun modo di porre riparo, è rivoltante tanto quanto l’appellarsi poi alle cause di forza maggiore nascondendosi dietro al fatto che gli effetti reali sulla salute non compaiono nell’immediato.
La gente si ammalerà e morirà, ma qualcuno ci avrà guadagnato. Come accade sempre.

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