C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

C’ERO ANCH’IO SU QUEL TRENO

Nel ringraziare ancora una volta Giovanni Rinaldi, sono felice di parlarti del suo nuovo libro C’ero anch’io su quel treno La vera storia dei bambini che unirono l’Italia edito da Solferino.

C’ero anch’io su quel treno viene pubblicato a dodici anni esatti da I treni della felicità, anni durante i quali Giovanni Rinaldi non ha mai interrotto la sua ricerca storica, anzi, con il suo instancabile impegno umano, la ha trasformata in una vera e propria missione per riunire i protagonisti di una catena di meravigliosa solidarietà.

Negli anni del dopoguerra, migliaia di bambini sono stati ospitati da generose famiglie che si sono impegnate a offrire loro ciò del quale per vari motivi erano stati privati, accogliendoli e trattandoli come figli.

Il saggio di Giovanni Rinaldi parte dalle tragiche conseguenze di uno sciopero a San Severo nel 1950 in seguito al quale più di un centinaio di persone furono arrestate in massa: madri, padri, lasciando molti bambini in mezzo a una strada.

Un canto registrato da Giovanni cominicia così

Il venditré di marzo

Succèsse ‘na rruìna

Lo so, lo ho già scritto, ma per me il dialetto, così come la tradizione orale, sono un patrimonio assoluto che, se non fosse per persone come Giovanni, lasceremmo scivolare via.

E invece con il suo perseverante prodigarsi, Giovanni prosegue nella raccolta di testimonianze che si estende a bambini di Napoli costretti a lavorare, a bambini sopravvissuti al bombardamento di Cassino, e a tanti altri casi in cui condizioni di estrema difficoltà hanno reso provvidenziale l’aiuto a genitori impossibilitati al sostentamento dei propri figli.

L’organizzazione, i trasferimenti, le comunicazioni tra famiglie di origine e famiglie ospitanti si sono svolte dietro iniziativa del partito comunista ma in particolare a cura dell’UDI: Unione Donne Italiane.

A questo proposito, io con il mio debole per il Natale, ho letto con particolare emozione la parte in cui Ida racconta del suo impegno per raccogliere presso vari negozianti, il necessario per fare un Albero allestito con caramelle biscotti e doni.

La magia però si spezza al punto in cui Ida ricorda come il segretario, indispettito per questa sua iniziativa, la rimproverò addirittura con uno schiaffo …

Donne.

Donne e Mamme che intrecciano le loro vite in funzione del bene per i bambini, riuscendo a mettersi l’una nei panni dell’altra, comprendendo, adoperandosi, sacrificandosi.

Tengo particolarmente a ricordare con affetto Americo al quale sono grata per il grande insegnamento sull’amore materno che mi ha donato.

Incantevole anche la lettera della mamma di Umberto:

I cuori di noi madri della martoriata Frosinone salutiamo in voi tutte che ci venite incontro, e salutiamo questa bell’opera organizzata dal nostro Partito comunista.

Spero ricevere ancora notizie, e se il Signore mi provvederà prima che Umberto torni verrò a trovarla.

Non ciò parole per ringraziarla per quanto state facendo per mio figlio, ma il Signore vi restituisca tutto il bene che meritate …

Ringrazia il partito e spera nel Signore eppure io non trovo contraddizione, anzi ammiro la meravigliosa coesistenza di pensieri che hanno come denominatore comune il cuore.

Cuore che ho trovato in ogni pagina.

Tra i capitoli di C’ero anch’io su quel treno, dedicati a ciascuno dei bambini che è riuscito a rintracciare, Giovanni Rinaldi ci racconta come sia riuscito a risalire alle famiglie che offrirono generosa ospitalità, partendo da frammenti di ricordi, nomi spesso sprovvisti di riferimenti, fotografie di un tempo lontanissimo.

Un lavoro minuzioso ma soprattutto una forte sensibilità unita al nobile intento di realizzare il desiderio di ricongiungimento di queste persone che la vita ha inevitabilmente portato ad allontanarsi.

Non so se hai potuto seguire l’intervista su Rai Uno, diversamente puoi recuperarla qui a 1 h e 1 minuto circa.

Ti consiglio di vederla per renderti conto di come sia l’atteggiamento di Giovanni nei confronti delle persone che ha incontrato: mentre Severino e Diego raccontano la loro esperienza, li osserva con un sorriso che dice più di qualsiasi parola.

E questo è il sentimento di estremo rispetto che attraversa tutto il libro. Giovanni stesso ci dice che “questi signori anziani, nel momento in cui parlano, sono i bambini di allora che raccontano … ed è anche una terapia: tornare a quei momenti significa far venire fuori sia i traumi sia le gioie.”

In punta di piedi l’ascolto come prima cosa.

E tanto quanto Giovanni si pone come un tramite che concede di far fluire ricordi e racconti che vengono riportati fedelmente, altrettanto poi ci restituisce descrizioni del contesto talmente puntuali da farci sentire trasportati nello stesso luogo, avvolti dalla suggestione che la portata di enormi carichi di emozioni racchiude.

Concludo lasciandoti questa bellissima metafora a proposito di Benedetto:

apre il portone: un fascio di luce rischiara il buio. Fuori e dentro, come su un confine, rimangono tutti fermi, sospesi

I TRENI DELLA FELICITÀ

I TRENI DELLA FELICITÀ

Innanzitutto ringrazio moltissimo Giovanni Rinaldi e Americo Marino per i loro grandi gesti di amicizia: ne sono estremamente onorata.

Una volta tanto posso dire davvero che le storie BELLE continuano.

Tutto è cominciato con uno scambio di opinioni, o forse dovrei dire con uno “scambio” che ha deviato il treno giusto su un binario diverso.

E diverso è stato il viaggio che ho fatto leggendo il libro I Treni della Felicità perché se “l’andata” riporta indietro nel tempo, il ritorno è sicuramente diretto al futuro.

Il futuro di bambini che hanno vissuto un momento storico molto doloroso, ma che più di altri ci insegnano la vera essenza della vita.

Ti consiglio di scoprire questa storia che trovo assolutamente essenziale per l’esempio che rappresenta, perché non ci si dimentichi mai che aiutarsi l’un l’altro è il segreto della felicità.

“La miseria che aiuta l’altra miseria è una frase che racchiude esattamente lo spirito che ha animato l’UDI, Donne che si sono adoperate per fare in modo che bambini rimasti soli in seguito ad un arresto di massa come ritorsione ad uno sciopero, potessero trovare l’affetto e le cure che i loro genitori erano impossibilitati a dare.

L’episodio chiave si snoda dalla Puglia ma la rilevante portata ha fatto sì che l’aiuto si estendesse a bambini provenienti anche da altre zone.
Il libro cita anche Pavia, ed in effetti io mi chiedo se tu hai mai sentito magari i tuoi nonni raccontare episodi di ospitalità nei confronti di bambini venuti da altre regioni.
So per certo che “da noi” in tempi più recenti furono ospitati bambini di Chernobyl, quindi chissà.

Infatti io sono rimasta incantata innanzitutto perché si tratta di tradizione orale nel senso più puro. Le descrizioni minuziose trasportano letteralmente ad ascoltare, oltre che a leggere, proprio come io ho sempre ascoltato i racconti delle mie nonne.

C’è tutto un patrimonio di vite contenute nei cuori delle persone che sarebbe meraviglioso conoscere, testimoniare, diffondere, imparando dalla viva voce di chi ha il grande valore della propria esperienza da condividere.

Come Irma: di lei mi sono “innamorata” leggendo la sua idea di piacere catastematico.

O come Americo: il suo racconto di mamme al plurale per me è stato commovente e illuminante allo stesso tempo.

Nel mese di maggio ricorre la festa della mamma e direi proprio che la mia dedica andrà alle sue MAMME.
Resta inteso che qualora Americo volesse raccontare qualcosa di loro o aggiungere qualsiasi altro pensiero, qui è il benvenuto.

Ovviamente lo stesso vale anche per Giovanni.

Questa volta fatico a rimanere nello spazio di un caffè, perché le riflessioni che nascono sono tante: solo il ricordo di Mimì che vede il mare per la prima volta basterebbe per un ulteriore viaggio parallelo.

Allora semplicemente lascio che il treno riparta lento sperando che la prossima destinazione possa essere una piacevole sorpresa, come quella che mi ha portata a conoscere I treni della felicità.

GRAZIE!

 

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