GIOVANNI TOMMASINI

GIOVANNI TOMMASINI

Ad ogni nuovo anno in un modo o nell’altro ci ritroviamo con il pensiero di “inizio.” 

Vorrei citare la frase di Mary Shelley
L’inizio è sempre oggi.

 

All’inizio del percorso KCDC non avrei potuto immaginare di conoscere te, forse non avremmo avuto la possibilità di entrare in contatto senza l’aiuto del web, o forse sì.

La rete di connessioni virtuali mi ha fatta arrivare anche ad una “casa base” molto particolare: il concetto di casa base e di metafora del baseball di Giovanni, che ti consiglio di scoprire direttamente dalle sue parole.

Inizia da questo primo articolo la collaborazione KEEP CALM & DRINK COFFEE.

La cornice perfetta per fare quattro chiacchiere: caffè” questa la presentazione di questo blog in cui vengono raccolti e riproposti pensieri, commenti, suggerimenti, come se ognuno di noi avesse la sua tazzina preferita da mostrare assieme alle sue passioni e racconti di vita.

Mi pare una buona occasione per iniziare da una presentazione dell’inizio del percorso che mi ha portato ad entrare in contatto con questa realtà di che come motto ha “il sito che ti da questa opportunità”.

Non tutti i giorni si sentono queste parole.

Anzi a leggerle quasi non ci credevo di tanta bellezza nella disponibilità a creare reciprocità e collaborazioni.

Ho così inviato un messaggio tramite le pagine social per restituire il mio entusiasmo alla proposta e opportunità di reciprocità.

Per cui dopo alcuni messaggi di prima conoscenza eccomi qui a raccontarvi la mia storia di “scrittore per casa”.

Iniziata con l’acquisto di un computer portatile in offerta speciale nel lontano inverno del 2012.

Tutto iniziò così…

…….

Gian ho comprato un portatile, faccio venire giù tutto”.

Così annunciai la mia volontà di mettere in forma di racconto le mie vicende personali.

Non solo per raccontarle, ma anche per farne una strada da seguire, esperienze da proporre, da condividere, da rivivere assieme, ognuno nel suo mondo, nei suoi ricordi, sul proprio tono emotivo.

Mi misi a scrivere…

Tre pagine sui “piccoli inconsapevoli eroi del baseball”, le inviai a varie case editrici che si occupavano di sport, cultura sportiva, educazione allo sport.

Mi chiamò Fabio Mancini della G. Danna di Firenze, sito Edusport.it.

Tommasini ci è piaciuto molto il suo modo di romanzare la realtà, ci può mandare tutto il racconto vorremmo pubblicarlo sul nostro sito come articolo del mese e avremmo intenzione di fare un Dvd sull’insegnamento del baseball nell’ora di educazione fisica nelle scuole superiori.”

Cosa avevo scritto?

Vado a rivedere la mail, “vi invio le prime tre pagine del mio racconto Piccoli inconsapevoli eroi del baseball, una quindicina di adolescenti che nel 1976 appena festeggiata la propria età entrata in doppia cifra, vengono introdotti all’arte del baseball e niente fu più come prima”.

Dimenticai di scrivere che le pagine erano sì le prime ma anche le uniche…

Il racconto era ancora tutto da scrivere..

Ma per il sito edusport.it era richiesto tutto il racconto.

Mi ritrovai nella stessa condizione nella quale proprio negli anni narrati dovevo fare i compiti per le vacanze.

Mi misi così al lavoro.

Lo pubblicarono sul sito come articolo del mese di luglio, il primo agosto fu segnalato dalla FIBS – Federazione Italiana Baseball e Softball sul sito ufficiale federale.

Iniziarono a contattarmi vari siti, redazioni online, soprattutto baseballmania, come folgorati dal racconto.

Qualcosa rapisce, le parole vanno in profondità, chi le legge non le dimentica, anzi è come se le riscrivesse in relazione al proprio vissuto e stato emotivo”.

Mi chiamo Giovanni Colantuono da Nettuno, redattore del sito online Baseballmania.

Tommasini sei il primo che racconta il baseball così, c’è tutto nel tuo racconto, non solo il battiecorri, ci siamo tutti noi, le nostre passioni, il modo di vivere la vita e lo sport, posso pubblicarlo, parlami di te, voglio sapere di più, ti faccio un articolo di presentazione, scrivine altri, facciamo una rubrica dedicata ai racconti di Giovanni Tommasini sul baseball, sui Piccoli inconsapevoli del Tomato baseball club.”

Pochi giorni dopo il mio esordio come scrittore, per la prima volta fui definito tale.

Che sta succedendo e come mai il mio modo di narrare le mie vicende personali riproposte in una narrazione talmente intima da elicitare reazioni nel lettore anch’esse profondamente personale, che sono nella lettura tradotte in un linguaggio universale, per cui chi legge si rivede, rivive parti di se e del proprio esperito?

Arrivarono i primi commenti dai lettori.

Saranno dello stesso tenore dei commenti della mia prima correttrice di bozze, una volta raccolti tutti i racconti che in tre mesi furono da me scritti quasi compulsivamente e che, a poche settimane dalla pubblicazione sui siti che li richiesero, andranno a dare vita al mio primo libro.

Noto un comune denominatore.

Le mie parole emozionano, la mia descrizione delle realtà restituite toccano il lato emotivo, “il testo possiede la qualità propria delle opere d’arte, emoziona” così viene commentato il mio testo durante l’editing.

Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.

George Bernard Shaw

Inizio a chiedermi come mai questo “effetto” come penso il mio scrivere?

Perché ho iniziato a scrivere, da dove è partita la spinta, la necessità di esprimere un mio vissuto, quale esigenza ha mosso la mia volontà, mi ha portato sulla tastiera febbrilmente, come se non ci fosse altra cosa da fare.

Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe.

Albert Camus

Ne L’ARTE DEL BASEBALL la proposta, l’esigenza, la restituzione di partenza era:

Il racconto dell’esperienza di una quindicina di bambini che partendo dai sotterranei di un parcheggio nel centro della spettacolare Sanremo, in “balia” di due personalità appassionate, visionarie, vivranno un’esperienza “adulta” in un’età ancora tenera.

La necessità di sottolineare la bellezza e profondità di un’avventura che li cambierà per sempre e insegnerà il piacere di fare bene una cosa, con passione, curiosità, senza pensare ai risultati, ma solo per poter esprimere pienamente se stessi, conoscersi meglio, crescere assieme.

L’articolazione del concetto più ampio del crescere avendo la fortuna di essere coinvolti un’avventura sproporzionata alla propria età, e il grande valore della passione, curiosità, amicizia, sana follia che porterà questi bambini a vivere un’esperienza che darà loro una formazione e impronta indelebile per tutta la loro vita.

Il ricordo dei quegli anni, luoghi, sentimenti provati, contesti, umanità, vissuti saranno i sotto concetti che hanno permesso l’articolazione e la restituzione delle storie narrate nei racconti che formano L’ARTE DEL BASEBALL.

Tra i racconti uno in particolare mi ha coinvolto totalmente ed è stato scritto coinvolgendo unicamente il mio essere emotivo.

Era già da qualche tempo che in me ridondava il concetto della “dipendenza”, il ricordo di un nostro compagno di squadra che si “bucava”, il nostro vivere questo dramma, non sapendo che fare, nascondendo la nostra sofferenza e amore nei confronti di un nostro compagno di squadra da tutti amato.

Legato al concetto di dipendenza quello della nostra impotenza, quello del nostro essere troppo piccoli di fronte ad un tema così grande, le nostre emozioni che non riuscivamo ad esprimere, dominare, vivere.

Che esplodevano nei nostri peggiori incubi, fantasie, sofferenze soffocate.

Era tutto un misto di questi “temi” e non riuscivo a capire come fare a de-scrivere, restituire tutta quest’umanità, così intensamente sentita da tutti in profondità inaccessibili.

Ero in coda al supermercato e come un lampo che squarcia il cielo e le nuvole mi si presentò il racconto. Tutti i concetti sino allora cresciuti creando solo ordigni inesplosi in me.

Fu sconvolgente e in me iniziò a piovere, tuonare, grandinare.

Arrivato in tutta fretta a casa mi misi alla tastiera piangendo e in venti minuti come travolto da una vera e propria “tempesta” scrissi il racconto….

 

Ormai in gioco.

Mi chiedo, che fare?

Godermi questo primo inaspettato, mai progettato, impensabile sino a pochi mesi prima, libro o provare a scrivere altro, e cosa?

E come?

Tutti mi chiedono una cosa. Scrivi Cesare.

La tua storia con il bambino autistico che hai vissuto per quindici anni.

Decido di andare avanti. Rimanere in gioco.

Nasce il progetto di restituire la mia prima esperienza da educatore domiciliare.

Inizio a pormi delle domande e intravvedere il percorso già inconsapevolmente fatto nello scrivere i racconti de L’ARTE DEL BASEBALL.

La prima risposta da dare.

Nel futuro secondo libro, SONO CESARE ….TUTTO BENE, quale il “vissuto” da restituire?

Ripensando alla fortuna di aver vissuto il rapporto con Cesare, bambino affetto da una grave forma di autismo, nasce in me l’impellente e improrogabile necessità di rappresentare concetti molto radicati da questa esperienza estrema, ben radicati in me, ma da portare alla luce della consapevolezza.

Il primo passo diverso da quello delle prime tre pagine…

Ora inizio a progettare il percorso, sta nascendo un metodo, mettere in chiaro le basi di partenza, le radici del racconto, molto prima di mettermi in contatto con tutto il resto, che ancora non è chiaro in me, ma in questa occasione inizio a “vedere” nella lenta costruzione del libro.

In quest’occasione non vi è più l’occasionalità, ma un vero e proprio “pensiero costruttivo”.

Una consapevolezza.

Essendo un progetto e non una casualità, inizio a capire veramente se sarà possibile propormi come scrittore o lasciar stare considerando una fortunata esperienza, il mio esordio narrativo e niente più.

Appuntare ciò che voglio esprimere a prescindere dalla storia che andrò a restituire.

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.

Paul Klee

Ed eccomi qui alla tastiera a raccontarvi l’inizio del mio percorso e del perché mi definisco uno scrittore per caso.

Nei prossimi articoli i presenterò uno alla volta tutti i libri nati da quelle prime tre pagine.

Perché da quel racconto nato per caso, dieci anni dopo, nell’agosto appena passato è uscito il mio dodicesimo libro…

Qui di seguito vi propongo una presentazione scritta da Antonella Giordano durante un’intervista per l’uscita di uno dei miei libri successivi a quelle prime tre pagine…

Giovanni Tommasini

Ama definirsi come uno “scrittore per caso” Giovanni Tommasini. “Scrittore per caso” dal 2013, per l’esattezza. Sicuramente non è uno scrittore qualunque a giudicare dalla risonanza che hanno ottenuto tutti suoi libri le cui narrazioni seguono indistintamente le orme di tematiche sociali e civili, soprattutto in merito alla “costruzione di una relazione d’aiuto”.

Per Giovanni Tommasini l’impegno sociale è una mission non casuale. Sanremese, classe 1966, dopo la laurea in scienze politiche conseguita all’università di Genova, ha dedicato la sua vita portando aiuto nei contesti più bisognosi della società. Educatore e seminarista iscritto all’albo professionale e inizialmente impegnato come collaboratore nei consultori familiari di quartiere in qualità di assistente domiciliare, dal 1994 è educatore nei centri diurni e nelle case famiglia della Cooperativa Genova Integrazione, a marchio Anffas.

Le sue esperienze professionali maturate sul campo ne fanno una voce autorevole per comprendere il panorama dei mali che affliggono le tante realtà sociali del nostro tempo.

Nei suoi seminari, propone dibattiti e laboratori su autismo, scrittura emotiva, dipendenza da internet, cultura sportiva e nuove generazioni. È autore di diversi libri, tra i quali notevoli sono i saggi “Papà mi connetti?”, “Il virus siamo noi”, “Emozioni e parole. La scrittura emotiva”.

Non meno importanti e intensi i testi di narrativa “Il sogno americano del Tomato Baseball Club” “La musicalità del silenzio. Il nostro autismo e quello del mondo attorno a noi”, “Una vita senza. Una storia di quotidiana resilienza”, “L’ultima lettera alla mia prima fidanzata”, “Terra battuta. Essere vivi e scendere a rete, questa la felicità”.

Nell’estate del 2023 le ultime fatiche editoriali di questo prolifico autore hanno prodotto i libri “Panico ben temperato”, “Cinema e sport, 12 film indimenticabili” e “Mondo contrario”.

Tutte le proposte editoriali di questo prolifico autore sono state dallo stesso prodotte e pubblicate su Amazon.

Antonella Giordano.

Giovanni Tommasini Storie di vita vissuta in un mondo dimenticato in cui le uniche piattaforme social erano l’Altro e la realtà. 

Blog: qui

Collana Amazon: link

ChatGPT

ChatGPT

GPT significa Generative Pretrained Transformer cioè Trasformatore Pre-addestrato Generativo.

Termini altisonanti e anche un po’ inquietanti che ci “porgono la mano” presentandosi ingentiliti dal prefisso chat.

Si fa un gran parlare di questa intelligenza artificiale “colloquiale” in grado di chattare e rispondere a domande di approfondimento.

Il sito ufficiale elenca tra le caratteristiche di ChatGPT la capacità di ammettere i propri errori, contestare premesse errate e rifiutare richieste inappropriate.

Tutto ciò avviene attraverso l’apprendimento artificiale tramite un algoritmo addestrato con “dati fenomenologici” cioè con dati rilevati dall’interazione con il linguaggio in un determinato ambiente di riferimento.

Questo algoritmo si identifica con un’altra sigla: NLP abbreviazione di Natural Language Processing, ovvero elaborazione del linguaggio naturale.

Il linguaggio naturale sarebbe il linguaggio “umano” contrapposto a dati di testo che non si basano più su modelli predefiniti ma che si evolvono in maniera flessibile.

L’Intelligenza Artificiale impara da noi.

Non so tu, ma io avrei una immediata considerazione da fare a questo proposito.

OpenAI, creatrice di questo sistema racconta:

Abbiamo lanciato ChatGPT come anteprima di ricerca in modo da poter saperne di più sui punti di forza e di debolezza del sistema e raccogliere il feedback degli utenti per aiutarci a migliorare i suoi limiti. Da allora, milioni di persone ci hanno fornito feedback, abbiamo apportato diversi aggiornamenti importanti e abbiamo visto gli utenti trovare valore in una vasta gamma di casi d’uso professionali, tra cui redazione e modifica di contenuti, idee di brainstorming, aiuto alla programmazione e apprendimento di nuove temi.

Proviamo a soffermarci sulle caratteristiche elencate:

Redazione e modifica contenuti: in effetti questo sistema è in grado di scrivere testi, sicuramente meglio di me che non risulto mai simpatica alla famigerata analisi SEO 🙂

Idee di brainstorming: a livello di manifestazione della creatività mi viene in mente la facoltà di creare immagini inserendo soltanto alcune parole.

Ecco in questo caso in un certo senso la tempesta si può verificare con i risultati come gli stessi creatori spiegano in questo video

Apprendimento di nuovi temi: si strizza l’occhio anche all’istruzione presentando le possibilità come interattive e accessibili agli studenti.

Il primo febbraio però viene pubblicato un “piano di abbonamento pilota” con questa premessa:

Amiamo i nostri utenti gratuiti e continueremo a offrire l’accesso gratuito a ChatGPT. Offrendo questo prezzo di abbonamento, saremo in grado di aiutare a supportare la disponibilità dell’accesso gratuito a quante più persone possibile.

Ma non sono gli utenti a insegnare?

Mi ha colpita anche un’altra precisazione pubblicata sulla pagina ufficiale ChatGPT Ottimizzazione Modelli linguistici per Dialogo, un link conduce a “allineare i modelli linguistici” e specifica quanto segue:

Abbiamo addestrato modelli linguistici che sono molto più bravi a seguire le intenzioni dell’utente rispetto a GPT-3, rendendoli anche più veritieri e meno tossici, utilizzando tecniche sviluppate attraverso la nostra ricerca sull’allineamento. Questi modelli InstructGPT, che vengono addestrati con gli esseri umani nel ciclo, sono ora distribuiti come modelli linguistici predefiniti sulla nostra API.

Meno tossici … suppongo che la tossicità si riferisca a come esperimenti precedenti hanno appreso anche elementi diciamo non politicamente corretti.

La differenza tra uomo e macchina è proprio questa: la imperfezione.

O sbaglio?

Tu pensi che arriveremo anche al punto in cui saremo noi ad apprendere dall’Intelligenza Artificiale e non viceversa?

NON CHIAMATELE PATATINE

NON CHIAMATELE PATATINE

Non chiamatele patatine perché non contengono patate, e questa non è nemmeno una novità: il termine patatine è entrato a far parte del nostro linguaggio per sottintendere fettina di patata, generalmente fritta: un pacchetto di patatine come indicato alla voce 2 del Garzanti.

L’Accademia dei Georgofili ne attribuisce l’invenzione a George Speck, conosciuto anche come George Crum in base alla leggenda secondo la quale un giorno il facoltoso finanziere Cornelius Vanderbilt manda indietro ben tre volte un piatto di patatine fritte insoddisfatto della cottura. Allora Crum taglia le patate in fette sottilissime e le frigge fino a renderle talmente croccanti da non poterle mangiare con la forchetta e le condisce con molto sale.

In seguito George Crum apre un ristorante tutto suo e inizia a commercializzare le patatine fritte che, nel 1920 saranno poi confezionate in buste.

Da bambini le abbiamo conosciute nei classici sacchetti Pai e poi in gergo abbiamo continuato a chiamare patatine altri tipi di snack in busta sebbene fossero composti da mais, formaggio o altri ingredienti.

Allo stesso modo, quando eravamo bambini, dire farina corrispondeva ad indicare il prodotto della macinazione del grano

Ormai invece si parla maggiormente di pseudo cereali e siamo arrivati alle “nuove” farine proteiche, se così possiamo definirle.

Si trovano vari siti che in alternativa alle farine ad alto contenuto proteico come ad esempio la farina di legumi, commercializzano farine ottenute con larve essiccate.

Non si tratta di leggende metropolitane, e nemmeno di generalizzazione, è bene specificarlo, ma di ingredienti che vengono dichiarati specificatamente nelle etichettature.

Con una di queste farine, sono state prodotte delle “patatine” che però forse andrebbero chiamate in un altro modo, non chiamatele patatine.

Quale potrebbe essere un nome adatto secondo te?

Tu pensi che mangerai qualche tipo di alimento con queste farine?

La sensazione di fastidio che personalmente io avverto è solo una questione psicologica?

Secondo una indagine di Coldiretti di maggio 2021 a seguito dell’approvazione da parte dell’Europa alla commercializzazione di alimenti a base di insetti, il 54% degli Italiani considera gli insetti estranei alla propria cultura alimentare.

Tu sei favorevole?
Per te si tratta semplicemente di una proteina come un’altra?

 

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