IL GATTO DI SCHRÖDINGER

IL GATTO DI SCHRÖDINGER

Immagina di sederti e prendere il tuo libro preferito. Guardi l’immagine sulla copertina, fai scorrere le dita sulla superficie liscia e senti l’odore familiare mentre sfogli le pagine. Per te, il libro è composto da una serie di apparizioni sensoriali.

Con un incipit come questo tu a cosa pensi?

Io ne sono subito rimasta attratta ed ho proseguito la lettura:

Ma ti aspetti anche che il libro abbia una sua esistenza indipendente dietro quelle apparenze. Quindi, quando metti il libro sul tavolino e entri in cucina, o esci di casa per andare al lavoro, ti aspetti che il libro abbia ancora l’aspetto, la sensazione e l’odore proprio come quando lo avevi in mano.

Hai mai pensato diversamente?
Dove ci sta portando questa domanda?
Se non avessi “spoilerato” attraverso il titolo, lascerei quasi in sospeso curiosa della tua risposta.

L’articolo, che ti consiglio di proseguire qui si intitola “La realtà è un gioco di specchi quantistici? Una nuova teoria aiuta a spiegare il gatto di Schrödinger.”

Anche grazie ad una citazione dal nuovo libro di Carlo Rovelli si parla di questa teoria utile a capire in maniera molto semplificata il concetto del principio di indeterminazione della meccanica quantistica.

Naturalmente queste informazioni mi arrivano sempre da Massimo, perché io sono piuttosto nel caos già considerando una dimensione soltanto … eppure in questo caso, anche una mente meno geniale come la mia riesce ad afferrare in maniera basilare questo concetto.

Su Nature è stata pubblicata una ricerca dell’Università di Yale a cura principalmente di Zlatko Minev secondo la quale è possibile prevedere il salto quantico e dunque sapere prima di aprire la scatola.

Ma indipendentemente da questo io mi vorrei soffermare sull’idea di due diverse versioni opposte, eppure entrambe vere.

Il gatto è vivo e morto contemporaneamente.

Un po’ come una sorta di estremizzazione delle famigerate Sliding Doors.

Trovandomi in un momento particolare della vita, con l’aggravante di essere una indecisa cronica, dovrò inevitabilmente prendere delle decisioni cruciali.

Tu sei risoluta/o o recrimini?
Attribuisci gli eventi al caso, al destino, oppure pensi mai che qualcosa sarebbe potuto andare diversamente?
La famosa domanda e seper te è soltanto un viaggio mentale?

Sei fatalista o invece vorresti poter richiudere il coperchio della scatola per salvare il gatto?

LA MEMORIA DELL’ACQUA

LA MEMORIA DELL’ACQUA

Se la vibrazione è energia, allora la risonanza è il modo in cui essa si propaga, perciò la risonanza è in grado di trasmettere energia.”

Queste parole di Masaru Emoto racchiudono l’essenza dei suoi studi sulla memoria dell’acqua.

Conoscevi già questa teoria?
Quando Massimo me ne ha parlato, io sono rimasta letteralmente incantata.

La musica, come ho già scritto, per me è energia e costituisce una componente essenziale.

Anche l’acqua è un elemento molto importante che nel mio caso si concretizza nel legame con il mare.

Ma come si combinano?
Masaru Emoto ha intrapreso ricerche approfondite sull’acqua in tutto il pianeta, non tanto come ricercatore scientifico, ma più dal punto di vista di un pensatore originale. Riuscendo a dimostrare che è nella forma di cristallo ghiacciato che l’acqua ci mostra la sua vera natura.

Come?
Congelando campioni di acqua precedentemente esposti a musiche di vario genere ed osservandone successivamente i cristalli.

Sembra persino una fiaba vero?
Colpisce con tutta la delicatezza dell’universo giapponese e della loro attitudine, che sinceramente io invidio.

Ascoltando questa intervista mi sono rimasti impressi alcuni passaggi, ad esempio quando dichiara: “mi sento di avere molto in comune con Don Chisciotte.”

Oppure quando parla di tradizione spirituale giapponese e di HADO: letteralmente cresta dell’onda, che rappresenta proprio la vibrazione energetica che si trasforma in memoria dell’acqua.

Meraviglioso.

Devo però anche dire che personalmente, considerando Giappone e acqua, i miei pensieri non possono fare a meno di correre sulla drammatica situazione di Fukushima e dell’imminente scadere del tempo rimasto per i serbatoi.

Anche per questo risulta ancor più prezioso l’intento del Dottor Emoto di dedicarsi ai bambini, che non hanno l’imprinting negativo degli adulti, attraverso il suo Peace Project

Come dargli torto?
E pare non si possa dare torto nemmeno riguardo ai suoi studi sui quali è stato svolto un test in doppio cieco a riconferma.

Tu cosa ne pensi?

Sull’onda emotiva di questo modo della musica di materializzarsi in cristalli, mi sono poi ritrovata a riflettere su un altro stupendo frangente in cui la musica impressiona la memoria: la gravidanza.

A questo proposito mi farebbe TANTO piacere se qualcuno volesse raccontarmi la propria esperienza.

Io ho sempre fatto ascoltare musica a nostro figlio: prima che nascesse e anche dopo. Sul tipo di musica forse non sono stata granché ortodossa …

A questo proposito ho trovato la tesi della Dottoressa Alexandra Lamont: docente senior di psicologia della musica presso la Keele University, secondo la quale i bambini possono ricordare le cose dall’utero molto più a lungo di quanto pensassimo.

Lo studio di ricerca dell’Università di Leicester riportato da NewScientist ci spiega che:
La psicologa Alexandra Lamont ha scoperto che i bambini di un anno ancora riconoscevano e preferivano i brani musicali che venivano suonati loro prima di nascere. Studi precedenti hanno mostrato che i bambini avevano familiarità con le esperienze prenatali solo quando avevano pochi giorni.
Lamont aveva pensato che i bambini potessero sviluppare un gusto per lo stile musicale suonato dalle loro madri, ma non era vero. Invece, è stata sorpresa di scoprire che i bambini potevano discriminare e ricordare le singole canzoni.

Sempre a cura della dottoressa Lamont ho anche trovato una World Café participatory discussion “coincidenze? Io non credo …”

Scherzi a parte, tu che musica vorresti cristallizzare nella memoria?

L’EFFETTO FARFALLA

L’EFFETTO FARFALLA

 

Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.”
Questa citazione viene dal film del 2004 The butterfly effect e si ispira ad una teoria ripresa e dibattuta in numerosi ambiti.
Ancora una volta, come accaduto per la Guerra dei Mondi l’ispirazione deriva da un romanzo fantascientifico, è infatti Ray Bradbury che nel suo Rumore di Tuono attribuisce alla morte proprio di una farfalla durante un viaggio nel tempo, una variazione degli eventi futuri:

Eckels si sentì crollare su una sedia. Rovistò pazzamente nel limo spesso sui suoi stivali. Sollevò un grumo di terriccio, tremando.
“No, non può essere. Non una cosa piccola come questa. No.”
Semisepolta nel fango, scintillante verde e oro e nera, c’era una farfalla, bellissima e morta.

Ulteriore coincidenza, anche in questo caso il racconto è stato trasmesso radiofonicamente dalla BBC nel 2011: qui se vuoi trovi il podcast (butterfly dal minuto 35 circa ma ti consiglierei di ascoltarlo tutto se hai tempo).
Il simbolo della farfalla fu ripreso da Edward Lorenz, matematico e meteorologo docente al Massachusetts Institute of Technology in un suo scritto del 1963 per la New York Academy of Science e successivamente in una sua conferenza del 1979 passata alla storia.
In generale, l’effetto farfalla appartiene alla fisica quantistica e più precisamente alla base della teoria del caos.
Il caos è l’aspetto a me più congeniale, ma in realtà non volevo parlare di questo … non stavolta, almeno.
Antonietta Gatti forse ai più è nota come “la moglie di” nonostante il suo curriculum di tutto rispetto. Le sue competenze si sommano nel tempo, ed elencherei, quasi un po’ a riassumere, questo riconoscimento: è stata insignita del titolo di Fellow dell’International Union of Societies for Biomaterials Science and Engineering per il suo contributo al progresso della scienza. Le varie società nazionali di biomateriali e bioingegneria contano decine di migliaia di membri a livello mondiale e l’unione delle varie società ha eletto la dottoressa Gatti a far parte dell’élite di scienziati che si compone di 32 membri, e ha fatto parte di una commissione parlamentare di inchiesta come consulente responsabile. Lo so, tanto da leggere, ma io ho trovato molto interessante la sua relazione, forse perché vivo in una zona altamente inquinata: qui il tasso di mortalità per tumori è terribile.
Lei si occupa di nanopatologia ovvero di patologie indotte da esposizioni a particolato micro e nano dimensionato, ovvero polveri con dimensioni inferiori a 100nm (0.1 micron) ma la sua ricerca è diventata difficoltosa per la ridotta disponibilità di un microscopio adatto.
Il suo battito di ali per ora non ha cambiato il mondo, ma ha saputo raggiungere il cuore delle persone che con le loro donazioni hanno permesso l’acquisto di un nuovo microscopio elettronico.
Non fermiamoci al fatto che singolarmente non possiamo fare la differenza, non smettiamo di volare con leggerezza sulle difficoltà, ognuno di noi può essere la farfalla del cambiamento, crediamoci, e non lasciamoci schiacciare nel fango.

SMART WORKING

SMART WORKING

Letteralmente sarebbe lavoro agile e viene regolamento nella legge 81/2017 come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
Ai lavoratori viene garantita la parità di trattamento rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie. È, quindi, prevista la loro tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate dall’INAIL nella circolare n. 48/2017. Ed è prevista una uguale retribuzione.
Un po’ in breve, questa è la teoria.
Ma la pratica? Corrisponde?
Mi farebbe piacere conoscere qualche opinione diretta.
E come argomento di discussione porrei la questione dal punto di vista di chi, oltre al lavoro, si prende cura anche di figli e lavori domestici, dato che ho come la visione di un numero maggiore di birilli da tenere in equilibrio. Il che si riconduce al tema organizzazione.
Più in generale, senza escludere altre esperienze e considerando qualsiasi tipo di lavoro, come ti regoli tu per la tabella di marcia quotidiana?
La giornata inizia con un buon caffè?

 

 

 

Pin It on Pinterest