DISTRIBUTORI DI CAFFÈ

DISTRIBUTORI DI CAFFÈ

Per più di trent’anni ho lavorato in un’azienda dove non c’era il distributore del caffè.

Lo so: sembra incredibile, eppure è vero.

I miei colleghi però si erano organizzati con una moka e preparavano il caffè a metà mattina e nel pomeriggio.

Appena il caffè era pronto mi chiamavano.

Bello.

Io contribuivo alle spese e alle chiacchiere 🙂

Ma in realtà non avevo mai realmente constatato situazioni del tipo rappresentato dalla famosa sit-com Camera Cafè per intenderci.

E tu invece?

Immagino che chiunque possa raccontare aneddoti tra i più svariati, o sbaglio?

Credo che sia anche possibile raggruppare i personaggi in categorie, come ad esempio gli approfittatori … ovvero coloro che non hanno mai moneta o vogliamo chiamarli con un appellativo un po’ più in gergo?

Forse andrebbe creata una forma di caffè sospeso anche per i distributori.

A proposito di inventare … lo sai chi è l’autore del primo congegno per distribuire automaticamente?

Erone!

Il suo distributore però era per acqua santa, e a ben pensarci … mi viene un sorrisone 😉 io ad esempio ne avrei molto bisogno …

Scherzi a parte, l’idea nacque dal fatto che Erone aveva notato uno spreco di acqua fuori dal tempio.

Grazie al suo meccanismo una moneta colpiva una leva che erogava una data quantità di acqua per ogni persona.

Che dire? Adoro le menti geniali.

Tu che tipo di distributore vorresti?

Dunque che dici, il caffè di questa settimana lo prendiamo al distributore?

 

T come TAG

T come TAG

TAG, letteralmente etichetta, in informatica: sequenza di caratteri con cui si marcano gli elementi di un file per successive elaborazioni, ormai il tag è uno strumento con il quale sostanzialmente ci si “linka” a vicenda.

Ti capita spesso di utilizzare tag?

Io lo trovo divertente e ringrazio Fritz Gemini del blog Filosofeggiando in Allegrezza per avermi taggata seguendo l’idea del blog Il Mondo di Shioren

Le regole sono semplici:

  1. Abbinare la prima che vi viene in mente alla lettera dell’alfabeto, che sia il titolo di una canzone, un oggetto, una persona, il titolo di un film, qualsiasi cosa, basti che sia di getto, magari scrivendo anche due righe di spiegazione… ammesso che ci sia!

  2. Fare un elenco (se lo gradite, potete aggiungere anche delle immagini o il link se si tratta di canzoni).

  3. Taggare più blog possibili e che pensiate possano essere interessati (non c’è un limite numerico).

  4. Ovviamente taggare l’ideatore, usare l’immagine del tag e chi vi nomina affinché sia possibile leggere anche le vostre risposte.

Io ero partita con una serie di parole, ma poi mi sono resa conto che la relativa traduzione non avrebbe rispettato l’ordine alfabetico, dunque ho ripensato tutto quanto cercando di usare vocaboli corrispondenti ai cosiddetti anglicismi.

A come ABACAB
solo perché suona bene. Inizialmente aveva a che fare con la metrica, poi lo schema è cambiato, ma i Genesis hanno deciso di mantenere questo titolo semplicemente perché astratto.
Se pensi a qualcosa di astratto, cosa ti viene in mente?

B come BREAK
ovviamente perché la pausa è il momento principe per il caffè 🙂

C come COFFEE
CHETTELODICOAFARE!!

D come detective
adoro i misteri da risolvere!

E come ENIGMA
tanto per rimanere in tema …

F come FASHION
perché la moda equivale a bellezza, creatività, libertà, espressione, fantasia, estro, arte.
Se dico moda, qual è la prima cosa che ti viene in mente?

G come GIORGIO ARMANI!

H come HACKER
consideralo in senso buono: ammiro la capacità.

I come IDEA
in generale le idee sono sempre importanti, quando sono geniali diventano patrimonio dell’umanità.

J come JEANS

K come KILLER
dici che ho visto troppi film?

L come LIVE
raccontami un concerto memorabile!

M come MUSIC
io la considero fondamentale.

N come nickname
come è nato il tuo?

O come OUTFIT
qual è il tuo stile preferito?

P PUZZLE
il primo che ricordo era un paesaggio, ricostruito insieme a mia mamma, l’ultimo una serie di squali insieme a mio figlio.

Q come QR code

R come R.E.M.
fase della quale vorrei poter conservare memoria.

S come SOUNDTRACK
qual è la tua colonna sonora preferita?

T come TAG
ovviamente

U come UTOPIA

V come VIDEOCLIP
no, in realtà ormai basta dire solo video: da quando sono diventati fondamentali negli anni 80, i viedo si sono evoluti, passando dal famoso “tubo” a TikTok fino a diventare reels.
Tu li crei? Li segui? Li condividi?

W come WEEKEND!
mi sai spiegare come i fine settimana possano sempre volare via in un soffio?

X come X-FILES
serie cult! Noi aspettavamo la domenica sera come appuntamento imperdibile.
Qui puoi trovare le recensione degli episodi a cura di Sam Simon.

Y come You
perchè per me tu sei impostante.

Z come ZEN
perché se sei arrivata/o fino a qui sicuramente lo sei, vero?

Dato che leggendo i blog del mitico gruppo Reader ho visto che io come al solito arrivo per ultima, penserei a una espansione oltre confine e, senza alcun impegno ovviamente, taggo Layla: Nin Chronicles, Karo: Krolowa Karo, e Kimberly: Hacketthill Farm.

E taggo TE.

T come TAG
T come THANK YOU!

SONO NATA IL GIORNO DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

SONO NATA IL GIORNO DELLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

 

Sono nata il giorno della strage di Piazza Fontana e sfido persino chi non è superstizioso a non vederci segni nefasti.

Sono nata in casa, sul tavolo della cucina, come una pagnotta fresca di prima mattina.

Al richiamo di mia madre che lo scuoteva dicendo “è ora,” mio padre pensò bene di girarsi dall’altra parte per continuare a dormire.

Come dargli torto? Stavo arrivando all’alba importuna come una sveglia.

Sono nata a Cilavegna e sono una delle ultime persone a poterlo dire: a partire da gennaio 1970 non fu più possibile avvalersi di un’ostetrica, e divenne obbligatorio partorire in ospedale. Non essendoci ospedali a Cilavegna, da quella data in avanti i nuovi nati videro la luce altrove.

Sono nata in Lomellina, terra di nebbia e zanzare, ma mio padre ha origini venete e la mia bisnonna da parte di madre era tedesca. In pratica sono un miscuglio.

Sono nata in una famiglia semplice, ho avuto cose semplici e un’infanzia felice.

La nonna materna, che mi accudì dal momento in cui mia madre riprese il suo lavoro di impiegata, aveva le ginocchia gonfie di tutti i suoi giorni da mondina, e, non potendo muoversi agilmente, mi intratteneva raccontando.

Il risultato fu che prima di iniziare a camminare parlavo perfettamente senza i classici storpiamenti infantili, e conoscevo filastrocche, preghiere e numeri.

Le parole furono i miei primi giochi, le mie prime amiche, il mio primo nutrimento.

Nonostante ciò, il debutto alla scuola materna fu piuttosto traumatico: la mia timidezza era inesorabile.

Non avevo ancora capito il piacere della chiacchiera e della socialità, concetto che ho ampiamente recuperato dopo il medioevo della adolescenza.

Ma procediamo per gradi: per le suore che conducevano l’asilo, il mio difetto di interazione non era un aspetto degno di nota, anzi. Piuttosto, il problema era creato dalla mia incapacità di addormentarmi dopo pranzo.

Ferma nella mia brandina, intrecciavo in silenzio le frange dei ruvidi plaid a quadrettoni sotto i quali avrei dovuto invece prendere sonno.

Non mi sembrava di creare disturbo, ma quello fu uno dei miei primi errori di valutazione: ho ancora nitido il ricordo del rimprovero di Suor Antonia, che tra le sorelle era quella più brava e quieta.

Successivamente piuttosto che le frange presi ad intrecciare i miei tentativi di intenerimento al grande cuore di mio nonno. Lui faceva i turni di notte e la mattina, esausto, invece di andare a riposare accoglieva le mie richieste, avallando di fatto l’intento di saltare la scuola materna.

Un tumore se lo è portato via quando avevo solo cinque anni lasciandomi in cambio un vuoto enorme e un desiderio irrealizzato.

Mi diceva sempre “appena sarò in pensione ti insegnerò il tedesco.”

Durante la guerra fu usato come interprete dopo che un ufficiale tedesco, colpendolo, lo sentì replicare nella sua lingua.

Pensavo che avrei imparato facilmente, che avrei ascoltato felice come con le storie della nonna, e invece non ha potuto dirmi più nulla.

Quando giunse il tempo delle elementari il giovedì non si andava a scuola, ma ormai a me non importava granché.

Qualcuno ci chiamava ancora remigini: in fila per due, mano nella mano, con il soprabitino sopra al grembiule nero dal quale spuntava il grosso fiocco blu annodato sotto al colletto bianco.

Si iniziava il primo di ottobre quando ancora i banchi erano scrittoi, e le cartelle contenevano un quaderno a quadretti e uno a righe, di quelli piccolo formato, con il foglio di carta assorbente per l’inchiostro delle penne stilografiche: testimoni di una scrittura che non esiste più.

… CONTINUA

Foto by Massimo

RETURN TO TIFFANY

RETURN TO TIFFANY

Return to Tiffany è la collezione iconica della Maison Tiffany.

Le origini risalgono al 1966, quando Tiffany iniziò a vendere per la prima volta dei portachiavi con l’ormai famosa frase “Please Return to Tiffany & Co. New York.”

Ai portachiavi veniva assegnato un numero di registrazione unico, che assicurava a Tiffany & Co la possibilità di risalire al proprietario qualora le chiavi fossero state smarrite.

Ecco perché restituire a Tiffany: perché il prestigioso negozio della Fifth Avenue avrebbe potuto ricongiungere i dati attraverso un preciso e riservato numero di serie.

Nei cinquanta anni che sono trascorsi, la collezione Return to Tiffany ha lasciato il segno come simbolo della tradizione artigianale, pilastro fondamentale di Tiffany.

Una pubblicità di Tiffany mostrava il regalo perfetto per San Valentino: un cartellino Return to Tiffany a forma di cuore in oro giallo 14 carati, al prezzo di 11 dollari …

Nel corso del tempo, ci sono state varie evoluzioni: nel 1980, Tiffany ha debuttato con il primo gioiello che incorporava la targhetta Return to Tiffany, un ciondolo a forma di cuore in oro giallo su una collana.

La collezione si è ampliata fino a diventare un assortimento di anelli, bracciali e orecchini, ognuno con la propria personalità, tutti incisi con l’emblema che ricorda l’impareggiabile stile Tiffany

Ti è mai capitato di perdere qualcosa?

Mi piacerebbe che mi raccontassi che lo hai ritrovato o che ti è stato restituito da qualche anima buona.

Secondo l’articolo 928 del Codice Civile la consegna dell’oggetto ritrovato deve essere resa noto per mezzo di pubblicazione per due domeniche successive e deve restare affissa per tre giorni ogni volta.

Sembrano concetti arcaici, ora che qualsiasi tipo di informazione viene diffusa online.

In Giappone hanno un nome particolare per gli oggetti persi o dimenticati: WASUREMONO 忘れ物.

Non lo trovi carino?

Per loro poi la restituzione è una questione importantissima, sono estremamente precisi e accurati.

Gli oggetti più comunemente dimenticati sono:

. cellulare

. borsa 

. abbonamento

. portafoglio

. ombrello

. chiavi

. sigaretta elettronica

 

Le chiavi dunque arrivano molto dopo un oggetto che nel 1966 non esisteva: il cellulare, eppure Tiffany continua a rappresentare un po’ “il cuore di New York.” O no?

NON CHIAMATELE PATATINE

NON CHIAMATELE PATATINE

Non chiamatele patatine perché non contengono patate, e questa non è nemmeno una novità: il termine patatine è entrato a far parte del nostro linguaggio per sottintendere fettina di patata, generalmente fritta: un pacchetto di patatine come indicato alla voce 2 del Garzanti.

L’Accademia dei Georgofili ne attribuisce l’invenzione a George Speck, conosciuto anche come George Crum in base alla leggenda secondo la quale un giorno il facoltoso finanziere Cornelius Vanderbilt manda indietro ben tre volte un piatto di patatine fritte insoddisfatto della cottura. Allora Crum taglia le patate in fette sottilissime e le frigge fino a renderle talmente croccanti da non poterle mangiare con la forchetta e le condisce con molto sale.

In seguito George Crum apre un ristorante tutto suo e inizia a commercializzare le patatine fritte che, nel 1920 saranno poi confezionate in buste.

Da bambini le abbiamo conosciute nei classici sacchetti Pai e poi in gergo abbiamo continuato a chiamare patatine altri tipi di snack in busta sebbene fossero composti da mais, formaggio o altri ingredienti.

Allo stesso modo, quando eravamo bambini, dire farina corrispondeva ad indicare il prodotto della macinazione del grano

Ormai invece si parla maggiormente di pseudo cereali e siamo arrivati alle “nuove” farine proteiche, se così possiamo definirle.

Si trovano vari siti che in alternativa alle farine ad alto contenuto proteico come ad esempio la farina di legumi, commercializzano farine ottenute con larve essiccate.

Non si tratta di leggende metropolitane, e nemmeno di generalizzazione, è bene specificarlo, ma di ingredienti che vengono dichiarati specificatamente nelle etichettature.

Con una di queste farine, sono state prodotte delle “patatine” che però forse andrebbero chiamate in un altro modo, non chiamatele patatine.

Quale potrebbe essere un nome adatto secondo te?

Tu pensi che mangerai qualche tipo di alimento con queste farine?

La sensazione di fastidio che personalmente io avverto è solo una questione psicologica?

Secondo una indagine di Coldiretti di maggio 2021 a seguito dell’approvazione da parte dell’Europa alla commercializzazione di alimenti a base di insetti, il 54% degli Italiani considera gli insetti estranei alla propria cultura alimentare.

Tu sei favorevole?
Per te si tratta semplicemente di una proteina come un’altra?

 

QR code

QR code

Ti presento il KCDC QR code ovvero il QR code di Keep Calm & Drink Coffe!

Nella speranza che possa risultare in qualche modo utile, spero di riuscire a diffonderlo in maniera sensata, ovviamente come sempre si accettano consigli laughing

QR code è l’abbreviazione di Quick Response che significa risposta rapida ed è fondamentalmente un codice a barre sugli steroidi. Mentre il codice a barre conserva le informazioni orizzontalmente, il codice QR lo fa sia orizzontalmente che verticalmente.

Come?

Nel caso dei codici a barre le informazioni possono essere codificate solo in direzione trasversale cioè in una dimensione, mentre nel caso dei codici 2D le informazioni possono essere codificate sia in direzione trasversale che longitudinale cioè in due dimensioni.

Ma è più difficile per gli scanner riconoscere la posizione di un codice 2D rispetto a quella di un codice a barre.

Sulla base di questa idea, è stato creato un modello di rilevamento della posizione, situato ai tre angoli di ciascun codice.

Per evitare falsi riconoscimenti, il pattern di rilevamento della posizione deve avere una forma unica.

I membri del team di sviluppo hanno iniziato un’indagine esauriente del rapporto tra le aree bianche e nere nelle immagini e nei caratteri stampati su volantini, riviste, cartoni ondulati e altri documenti dopo averli ridotti a modelli con aree bianche e nere.

Identificando così il rapporto che appariva meno sugli stampati:1:1:3:1:1.

In questo modo, sono state determinate le larghezze delle aree bianche e nere nel modello di rilevamento della posizione e gli scanner sono diventati in grado di rilevare il codice indipendentemente dall’angolo di scansione trovando questo rapporto unico.

Ma chi ha composto questo team di sviluppo?

Per scoprirlo dobbiamo fare un passo indietro: negli anni 80 il sistema di codici a barre era utilizzato in un’ampia gamma di settori, tra cui l’industria manifatturiera, della distribuzione e della vendita al dettaglio.

Negli anni 90 a causa del passaggio dalla produzione in serie di un tipo di prodotto a una produzione più flessibile, era necessario un controllo della produzione più dettagliato nei siti di produzione e, in associazione a ciò, era necessario lo sviluppo di un codice a barre con una maggiore capacità.

Nel 1992, a Masahiro Hara 原正浩, che era impegnato nello sviluppo di lettori di codici a barre e dispositivi di riconoscimento ottico dei caratteri OCR presso Denso, è stato chiesto di sviluppare lettori di codici a barre in grado di leggere i codici a barre più rapidamente.

Inoltre i prodotti venivano sempre più ridimensionati, era dunque necessario creare un codice che potesse essere stampato in un’area più piccola.

Dopo un anno e mezzo dall’inizio del progetto di sviluppo, a seguito di molti tentativi ed errori, è stato sviluppato con successo il sistema QR Code, in grado di memorizzare circa 7.000 cifre con la capacità aggiuntiva di codificare i caratteri Kanji.

Questo codice può memorizzare una grande quantità di informazioni e allo stesso tempo può essere letto a una velocità oltre 10 volte la velocità di altri codici.

Il mio però mantiene il tempo del caffè, provare per credere laughing

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